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Detroit: la recensione del nuovo film della regista Kathryn Bigelow

Acclamato già oltreoceano e visto già in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, esce oggi nelle sale italiane Detroit, nuovo film di Kathryn Bigelow, unica regista donna ad essere stata premiata con l’Oscar per la miglior regia, a ben cinque anni dal suo ultimo lavoro, Zero Dark Thirty, e a quasi dieci anni da quel The Hurt Locker che le ha portato l’ambita statuetta.

Visti i consensi ricevuti per gli ultimi due film, la Bigelow ha deciso di giocare al sicuro e non cambiare squadra. Torna, infatti, nelle vesti di sceneggiatore e co-produttore il giornalista Mark Boal. Abbandonati la guerra in Iraq e il Medio Oriente, ad essere protagonista è la città di Detroit agli albori degli anni ’70, precisamente nel 1967, quando ancora la discriminazione razziale era all’ordine del giorno, come gli scontri tra i civili e le forze armate.

Detroit: la sinossi

Detroit, 1967. Il film racconta i disordini cittadini tra le forze dell’ordine e il ghetto di colore, che Detroitraggiungono il loro apice nei giorni tra il 23 e il 27 luglio. Tutto inizia da un intervento della polizia all’interno di un bar, frequentato per lo più da gente di colore, senza licenza. Da lì un susseguirsi di atti di violenza, intimidazione, rivolte e abusi di potere, che porteranno alla terribile notte all’interno del Motel Algiers, in cui persero la vita tre afroamericani e altri rimasero feriti. Quell’evento, così ignobile e così truculento, porterà ad una presa di coscienza e a riflessioni importanti su quanto accaduto in quei giorni.

Detroit: le nostre impressioni

La Bigelow, con Detroit, conferma il suo talento a raccontare in modo crudo e diretto pagine di storia. La cineasta boicotta la Hollywood del pianto o dell’effetto commozione e con una ripresa diretta e mobile delle scene, con una cura maniacale dei dettagli, descriveDetroit in maniera documentaristica gli avvenimenti di quei terribili giorni.

Grande merito va sicuramente attribuito al sodalizio con Boal. La mano del giornalista in tale racconto si sente, soprattutto nel lavoro minuzioso di ricostruzione delle vicende, supportato anche da reperti audiovisivi di archivio, che si alternano all’opera della Bigelow.

Il film, articolato in tre parti (l’incipit, il climax con le scene del Motel Algiers e la fase giudiziaria), si apprezza, quasi fosse un controsenso, per la capacità di narrare tutto con un’impersonalità e un’oggettività totale. La scelta della regista, infatti, si rivela vincente, perchè è proprio questo che catapulta lo spettatore nella storia, che coinvolge l’animo del pubblico e lo destabilizza anche nel rappresentare anche gli attimi più bui e cruenti di quei giorni.

Detroit

Va lodato il lavoro tecnico ineccepibile di fotografia e montaggio. La Bigelow, infatti, gioca sull’usato garantito e si affida per la prima ad Ackroyd (The Hurt Locker) e per la seconda a William Goldenberg (Zero Dark Thrity).

Si conferma, inoltre, la capacità della Bigelow di saper dirigere con sapienza il cast, composto per lo più da attori mis-sconosciuti. Gli interpreti indossano perfettamente i panni dei personaggi, ma non recitando, ma vivendoli con le proprie emozioni. Will Poulter regala nei panni del poliziotto Krauss una prova encomiabile, di grande livello.

Detroit

valutazione globale - 7.5

7.5

Crudo e diretto

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Detroit: un giudizio sintetico

Detroit, quindi, è un film crudo e vero, diretto in maniera magistrale da una delle migliori registe della nostra epoca, che dovrebbe esser d’esempio a tanti polpettoni storico-realistici per l’autenticità del racconto e, quindi, dell’esperienza storica messa a disposizione degli spettatori.

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