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Squatter (Get In)

Squatter (Get in): la recensione del thriller francese su Netflix

E’ uscito su Netflix, il nuovo film thriller francese Squatter (Get in), titolo originale Furie, diretto dal regista Oliver Abbou (Madame Hollywood), con gli attori Adama Niane (Mystère) e Stéphane Caillard (Chez nous) e disponibile sulla piattaforma streaming dal 1 maggio.

Squatter: la trama

Ispirato ad una storia vera, Squatter (Get in) ruota attorno ad una tranquilla famiglia – Paul Dallio (Adama Niane), sua moglie Chloe (Stéphane Caillard) e loro figlio – che durante l’estate decide di prestare la loro casa alla babysitter. Al ritorno, la famiglia Diallo trova un cancello chiuso, le serrature cambiate e i nuovi occupanti che sostengono di essere nella loro “casa”.

Squatter: le nostre impressioni

Una scena di Squatter (Get in)

Squatter (Get in) è uno di quei film che prende le mosse da una ben determinata visione narrativa per poi finire in una prospettiva opposta, portando lo spettatore a chiedersi “ma come siamo giunti fino a qui?”

Sì, perché il film diretto da Olivier Abbou sembra la storia di un uomo educato e privo di machismo, Paul Diallo (un Adam Niane esile e minuto), che si pietrifica di fronte alla violenza, il quale vive una tumultuosa lotta interna mentre l’aggressività non espressa si sviluppa in quasi ogni aspetto della sua vita, fino al culmine della sua totale incapacità di recuperare la sua casa. Un uomo che non riesce a sostenere il ritmo di una moglie molto più frenetica ed energica caratterialmente e che infine subisce l’influenza nefasta di Mickey (Paul Hamy), un nerboruto guardiano di un camping park. Se a tutto questo aggiungiamo che, nelle prime battute del film, il regista ci offre una chiave di lettura pseudo intellettuale, con citazioni tratte da John Locke sulla liceità della proprietà privata e cenni al destino balordo delle terze o quarte generazioni degli immigrati in Francia, il film ci può anche apparire un thriller intrigante se non addirittura analiticamente robusto. Ma è proprio quando siamo sicuri di aver capito che genere di pellicola abbiamo di fronte che Olivier Abbou ci stupisce e ci riporta coi piedi per terra.

Una scena di Squatter (Get In)

Tutta la seconda metà del film è un perenne inseguire un Paul Diallo alle prese con una continua crisi di nervi, tra party underground, droga, improbabili giochi dentro cabine telefoniche utilizzate come piscine, spogliarelliste, poligoni improvvisati con dei maiali come bersaglio e così via.

Su tutto ciò aleggia il sospetto che la pellicola non sia un vero e proprio thriller, bensì un horror di terza categoria. Ed è soprattutto il finale del film a lasciare lo spettatore interdetto: l’invasione domestica è il pretesto per far esplodere tutti i crucci interiori del protagonista e ci consegna una pellicola completamente stravolta.

Squatter (Get in)

Valutazione globale - 4.5

4.5

un thriller mancato

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Squatter: giudizio in sintesi

Con Squatter (Get in) Olivier Abbou porta sullo schermo una storia ispirata a fatti realmente accaduti e lo fa tratteggiando una trama combinando elementi psicologici, sociali e velatamente razziali. Nella prima metà della pellicola l’indugiare sull’analisi dei conflitti interiori del protagonista sembra consegnarci un thriller psicologico, per poi deviare verso un genere horror, disinnescando in questo modo la tensione e annullando la carica narrativa.

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