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Everything Everywher All at Once

Everything Everywhere All at Once: la recensione del film vincitore di 7 premi Oscar

La recensione di Everything Everywhere All at Once, il film dei Daniels che ha vinto 7 premi Oscar tra cui miglior film e miglior regia.

Everything Everywhere All at Once, la trama

Everything Everywher All at Once

Evelyn (Michelle Yeoh) è una mite signora di origini cinesi che gestisce, insieme al marito Waymond (Ke Huy Quan), una lavanderia a gettoni in piena provincia americana. La coppia sta vivendo un momento di tensione a causa della morsa del fisco e degli attriti tra Evelyn e la turbolenta figlia Joy (Jennifer Hsu), che sembrano irrisolvibili. Un evento cruciale per la sopravvivenza della famiglia diventa l’appuntamento con Ms. Deirdre (Jamie Lee Curtis), trucissima funzionaria dell’agenzia delle entrate con cui Evelyn e Waymond devono regolare la loro claudicante dichiarazione dei redditi. È proprio negli uffici del fisco che Evelyn viene incredibilmente contattata da una versione di suo marito proveniente da un universo parallelo che la mette in guardia su un pericolo mortale che sta mettendo a soqquadro tutto il multiverso. Per affrontare questa misteriosa minaccia, Evelyn dovrà imparare ad attingere da altri universi le abilità delle Evelyn alternative, in un viaggio siderale tra dimensioni interiori ed esteriori come forse mai si era visto al cinema.

Le nostre impressioni

Si scatena nel pieno del grigiore quotidiano una delle avventure più folli, ispirate e colorate viste negli ultimi anni. I due registi Daniel Kwan e Daniel Scheinert (duo anche noto con il nome catchy “Daniels”) tornano insieme dopo il coraggioso e riuscito Swiss Army Man (in mezzo ci fu la strampalata black comedy The Death of Dick Long del solo Scheinert), commedia delicatamente estrema che raccontava l’amicizia impossibile di un naufrago depresso (Paul Dano) e di un cadavere miracoloso (Daniel Radcliffe). Come nel precedente film, in Everything Everywhere All at Once diventa inaspettatamente centrale il tema della ricostruzione di persone e rapporti umani frantumati, sebbene qui sia sormontato da una sovrastruttura para-fantascientifica gargantuesca. Dove prima vedevamo un morto che si riprendeva la propria umanità con risvolti sovrumani, qui vediamo una protagonista che deve ripensarsi e ricostruirsi come donna e come madre con una robusta cura a base di arti marziali.

Everything Everywher All at Once

Un’impalcatura narrativa vertiginosa che muove l’azione da un universo a un altro senza soluzione di continuità non poteva che essere sorretta da un corpo attoriale superbo come quello di Michelle Yeoh (coadiuvata da un ottimo cast di comprimari) che ricorda al mondo quanto sia un’epifania di grazia, ardore e fragilità. Assolutamente azzeccato anche il dolce e stralunato Ke Huy Quan (baby star degli Ottanta, comparso in ruoli cult nei Goonies e in Indiana Jones e il tempio maledetto) che riesce perfettamente a calarsi nel suo schizofrenico e divertente personaggio. La coppia funziona perfettamente nel magma anarchico di eventi folli che si susseguono a causa di una forza caotica e distruttrice che potrebbe sintetizzarsi nell’innocua figura di un bagel…

In Everything Everywhere All at Once i Daniels mirano anche a riportare graficamente anche la sopraffazione dal sovraccarico di stimoli e sollecitazione cui ci sottopone la quotidianità, uno stress che allontana ciascuno da un rapporto sano con sé stesso e con i propri affetti, che siano padri, mariti o figlie. Si potrebbe addirittura prendere il film come la trasposizione dell’ormai celebre monito di Antonio Capuano al sorrentiniano Fabietto sulla necessità di “non disunirsi”. Il discorso generale viene esposto con levità e umorismo demenziale, trasmettendo con immediatezza e originalità concetti potenzialmente triti. Per tornare a vivere in modo sensato occorre, quindi, afferrare, mordere, graffiare e piegare la realtà, in una maniera che non è mai stata così letterale, in modo da “tornare sul pezzo” ed essere presenti a sé stessi e agli altri.

Everything Everywhere All at Once

Valutazione glovale - 8.5

8.5

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Giudizio in sintesi

Everything Everywher All at Once

Era da tempo che non si vedeva un’opera così ricca e piena di livelli di lettura sulla società che ambisse con così tanta forza a lasciare un segno nel’immaginario collettivo. Non poteva che essere marchiata da A24, casa di produzione/distribuzione indipendente che sta rivoluzionando la confezione e lo stile del cinema indipendente contemporaneo. Michelle Yeoh è perfetta nell’incarnare una donna che si scompone e si ricompone sotto i nostri occhi, palleggiando i registri comici e drammatici con leggiadria commovente. Sembra solo Michelle Yeoh possa aiutarci a suon di kung fu a trovare il modo di essere in equilibrio nel tutto, ovunque e in questo momento.

About Giulio Mantia

Sono un immoderato consumatore di film improvvisatosi recensore amatoriale. Cerco di scrivere di cinema nei limiti delle mie conoscenze ed evitando di farla fuori dal vaso. Accetto volentieri critiche, osservazioni e confutazioni. Il mio film preferito è senza dubbio Dal Tramonto all'Alba di Rodriguez/Tarantino, un'allegra miscela di delirio e badassment che riesce sempre a rallegrarmi.

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