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I segreti di Wind River: la recensione del film di Taylor Sheridan con Jeremy Renner

I segreti di Wind River, secondo lungometraggio di Taylor Sheridan, esce nelle sale italiane. La pellicola si è aggiudicata il prestigioso riconoscimento alla miglior regia Un Certain Regard al Festival di Cannes nel 2017.

I segreti di Wind River: sinossi

i segreti di wind riverCory Lambert (Jeremy Renner), cacciatore che si muove solitario nel gelido inverno del Wyoming, è un uomo tormentato: separato, ha perso la figlia in circostanze mai chiarite. Un giorno, durante una battuta di caccia, rinviene il cadavere di una giovane ragazza, la migliore amica della figlia.

All’interno della riserva indiana di Wind River, luogo del ritrovamento, arriva la giovane agente dell’FBI Jane Banner (Elizabeth Olsen), che, colpita dall’abilità di Cory nel seguire le tracce del caso, gli chiederà aiuto. Tra impercettibili indizi, fitte nevicate e tormenti venuti dal passato, Cory e Jane si metteranno alla ricerca dell’assassino.

I segreti di Wind River: le nostre impressioni

I segreti di Wind River sancisce l’approdo di Taylor Sheridan alla regia. Già sceneggiatore per Sicario di Denis Villeneuve e per Heel or High Water, secondo film della sua ideale trilogia della frontiera, il regista statunitense propone una pellicola suggestiva ed affascinante. Trama ed intreccio non delineano nulla di innovativo: un misterioso omicidio ed un protagonista che, tentando di venire a capo del mistero, è forse anche alla ricerca della propria catarsi.

i segreti di wind riverDove il film sorprende è invece “in profondità”, nella densità dello sviluppo, riconducibile ad una triplice matrice. C’è il nucleo primario, l’omicidio, che evoca il tema della perdita e dell’elaborazione del lutto: una ragazza che corre a piedi nudi nella neve per dieci chilometri e muore assiderata non desta solo lo sgomento della propria famiglia, ma suscita profonde e struggenti riflessioni in Cory, che, avendo perso la figlia in circostanze analoghe, sarà costretto a confrontarsi nuovamente con le proprie sciagure personali.

Allargando il campo, c’è una evidente sottotrama che attraversa larga parte della cinematografia statunitense e che, del resto, è cara al regista: il mito della  frontiera, con annesso il senso di colpa proprio di alcuni bianchi per le vessazioni subite dai nativi americani rinchiusi nelle riserve. Infine, assecondando i frequenti grandangoli del regista, riscontriamo un’essenza onnicomprensiva, pesante, opprimente: è la violenza strutturale della quale parla l’antropologo Paul Farmer (sebbene in contesti diversi), quella forma di sofferenza/violenza che, lungi dall’essere monocausale, risulta come prodotto di molteplici fattori economico-politici di ampia scala. Questa è l’essenza della frontiera e della riserva secondo Sheridan: un luogo nel quale la neve che cade copiosamente non sotterra soltanto i segreti degli attuali omicidi, ma un dolore atavico e a volte rimosso; dove un’indagine è resa difficoltosa dalla mancanza di mezzi adeguati e di un numero sufficiente di uomini; dove le tracce sulla neve rischiano di sparire con la prossima nevicata; dove uomini e donne restano e resteranno ultimi e dimenticati, privi di risorse, schiacciati da uno stato di estrema difficoltà ed ignorati persino dalle statistiche, incapaci di registrare (cioè far vedere) il numero delle giovani donne scomparse ogni anno.

i segreti di wind riverLe tre matrici interagiscono con moto armonico, potenziate dalla fotografia di Ben Richardson che colpisce soprattutto per il suggestivo cromatismo: il bianco candido delle nevicate contrapposto al rosso vermiglio della violenza. Complice un’ambientazione tanto affascinante quanto imponente, che alterna vallate mozzafiato a pendii ripidissimi, Sheridan mostra estrema disinvoltura in movimenti di macchina anche arditi, passando dall’intensità della macchina a spalla alle panoramiche e vedute aeree di sicuro impatto visivo.

Se proprio dovessimo trovare qualche pecca, ci sembra di ravvisarla in marginali dettagli di soggetto e sceneggiatura. A fronte di Cory, personaggio ben descritto e con uno spessore non indifferente, la giovane agente Jane Banner risulta una comprimaria troppo debole. Anche il tema dei giovani discendenti dei nativi americani, relegati in un camper nel mezzo del nulla e dediti all’uso di droghe, avrebbe potuto fornire terreno fertile per un ulteriore approfondimento della tematica segregazionista. Sheridan sembra essere più a suo agio con le scene dinamiche (sempre serrate) piuttosto che con la suspense dell’attesa, con la lenta e sapiente elargizione degli indizi, per un caso che, come afferma uno dei personaggi, «si risolve da solo».

Sheridan crea un’atmosfera cupa, inquietante, inesorabile, circondando la pellicola di una sorta di “muro sonoro” opera del grandissimo Nick Cave. Il messaggio finale è laconico, non lascia spazio ad alcun ottimismo: siamo soli e da soli affrontiamo la vita ed il dolore.

I segreti di Wind River

valutazione globale - 6.5

6.5

Glaciale d'aspetto, incandescente nei temi.

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I segreti di Wind River: un giudizio in sintesi

Con I segreti di Wind River, il regista Taylor Sheridan confeziona un’opera che trae spunto da fatti realmente accaduti.

i segreti di wind riverNonostante qualche trascurabile incertezza nella sceneggiatura, la pellicola risulta nel complesso incalzante e ben diretta, anche dal punto di vista tecnico. La sua forza maggiore, più che nello scioglimento della trama, sta nella profondità e perfetta compenetrazione tematica, che prende spunto da un omicidio per poi sviluppare altre e più interessanti riflessioni sull’elaborazione del lutto, sulla necessità di non soccombere in un mondo tanto impervio e sul dolore.

E, non ultimo, sul destino dei discendenti dei nativi americani, costretti in riserve che sono sinonimo di marginalità e scomparsa.

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About Vito Piazza

Tutto inizia con Jurassic Park, e il sogno di un bambino di voler "fare i film", senza sapere nemmeno cosa significasse. Col tempo la passione diventa patologica, colpa prevalentemente di Kubrick, Lynch, Haneke, Von Trier e decine di altri. E con la consapevolezza incrollabile che, come diceva il maestro: "Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato".

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