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Kodachrome

Kodachrome: la recensione del film Netflix con Ed Harris e Jason Sudeikis

Kodachrome è una delle nuove proposte cinematografiche targate Netflix di questa settimana, per la regia di Mark Raso con Ed Harris, Jason Sudeikis ed Elizabeth Olsen. Il film è basato su un articolo pubblicato sul New York Times scritto da Arthur Gregg Sulzberger, For Kodachrome Fans, Road Ends at Photo Lab in Kansas, racconto di un pellegrinaggio di fotografi affezionati all’uso della pellicola Kodachrome verso l’ultimo stabilimento che ancora la sviluppava. A metà fra un road movie e un racconto malinconico e familiare, Kodachrome è un prodotto che non presenta grandi novità ma che si configura come un film piacevole, toccante e ben sostenuto dal cast.

Kodachrome: la trama

KodachromeMatt (Jason Sudeikis) è un produttore musicale divorziato la cui carriera sembra stia per subire una brutta battuta d’arresto, se non definitiva. A complicare ulteriormente la situazione arriva Zoe (Elisabeth Olsen), l’infermiera ed assistente personale del padre, il famosissimo fotografo Ben Ryder (Ed Harris), con cui Matt non parla da 10 anni. Quest’ultimo è in fin di vita, e vuole come ultimo desiderio riappacificarsi con lui facendo un viaggio insieme, per raggiungere la cittadina di Parsons, Kansas, dove si trova l’ultimo laboratorio in grado di stampare sulla leggendaria pellicola Kodachrome, ormai fuori produzione. Nonostante le resistenze di Matt, i 3 intraprendono un lungo viaggio in macchina attraverso gli Stati Uniti, affrontando, ognuno a modo suo, il proprio passato.

Kodachrome: le nostre impressioni

KodachromeSe si guarda Kodachrome poiché spinti dalla speranza di vedere un dramma familiare diverso dal solito, le aspettative non potrebbero che essere deluse. Tuttavia, c’è qualcosa in questo racconto così intimo, così tanto da far provare imbarazzo in alcuni momenti per l’osservatore esterno, da arrivare dritto nell’anima, poiché reale, sincero, toccante. Gli elementi per il road movie/dramma familiare ci sono tutti: un figlio che prova un profondo risentimento per il padre assente, un genitore in fin di vita che vuole riavvicinarsi (ma che, c’è da sottolinearlo, non cerca il perdono, non lo pretende), una giovane intermediaria che diventa poi significativo nella vita di chi rimane. Diversamente dalle ultime produzioni cinematografiche Netflix, che mancavano davvero di uno sviluppo che si perdevano in riflessioni banali o ricche di cliché, Kodachrome è un film con un carattere peculiare, tutto suo, che spinge il pubblico ad una riflessione: in un mondo così digitale, così immediato, è davvero necessario abbandonare tutto ciò che è vecchio nel passato? Dall’altro lato, è giusto vivere con la mente nel passato? E’ possibile, in questo modo, trovare un equilibrio, fare pace col passato?

Questo scontro tra modernità e tradizione, tra passato e presente, simbolicamente rappresentato dalla fotografia stampata, tendenza sempre più dimenticata in questi giorni, è parallelo a quello tra un padre ed un figlio, Ben e Matt che, uomini della loro epoca, si scontrano contro i ricordi di un passato doloroso e, a loro volta, contro ciò che la società di oggi si aspetta da loro. Uomini in lotta, così come lo è Zoe, più che altro con se stessa, per la sua incapacità di perdonarsi, di essere indulgente con la sua persona, e anch’essa contro quella società che pretende la perfezione ma contro cui si oppone usando come armatura abiti larghi e trasandati.

KodachromeCuore di Kodachrome sono gli attori e i dialoghi ad essi affidati: lasciati i panni più recenti del temibile “uomo dal cappello nero” di Westworld, Ed Harris si fa veicolo di alcuni dei dialoghi/monologhi più toccanti del film, andando dritto al punto con i suoi modi da burbero dagli occhi di ghiaccio intervallati da momenti di pura e profonda umanità. Degno di nota è anche Jason Sudeikis, il comico per eccellenza, che ha deciso di scrollarsi quest’etichetta di dosso interpretando un personaggio che cela dietro alla rabbia per il padre una storia di dolore di cui è stata scalfita solo la superficie. Elizabeth Olsen, tuttavia, rimane un po’ penalizzata in Kodachrome, plausibilmente a causa del copione, mostrando un personaggio di base interessante, con una storia alle spalle, ma che viene poco sviluppato.

Girato con pellicola Kodak da 35 mm, come viene orgogliosamente dichiarato nei titoli di coda, Kodachrome è un film che gioca molto sul simbolo più che sulla fotografia nel suo complesso: in questo senso, la macchina fotografica in quanto oggetto materiale, viene vista, ripresa, mostrata da tutte le angolazioni possibili, in quanto incarnazione della figura paterna, del passato, e della caducità del tempo, che Ben ha sempre voluto sfidare lasciando dietro di sé una traccia del tempo, che non potrà essere cancellata. Questa cura del dettaglio viene sottolineata anche grazie a un buon citazionismo musicale fatto nella colonna sonora e nei dialoghi (basti pensare alla menzione fatta dei Nirvana, dei The Smiths, i Radiohead), tra cui spicca la bellissima Just Breathe di Eddie Vedder.

In questo alone di malinconia, che mai sfocia nel ridicolo o nel patetico, Kodachrome è un film ben svolto e interessante, senza eccedere in niente. Alcuni elementi sono però fallaci: per esempio, sarebbe stato interessante sapere qualcosa di più circa la madre di Matt, morta quando lui aveva 13 anni (elemento che, al contempo, può far supporre che il dolore del figlio sia troppo grande per essere esternato), o vedere un processo di accettazione e smussamento del burbero Ben di certo più graduale.

Kodachrome

Valutazione globale - 8

8

Toccante e profondo nella sua semplicità

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Kodachrome: un giudizio in sintesi

KodachromePur non essendo un film che apporta sostanziali novità al genere road movie/dramma familiare in cui è incastrabile, Kodachrome è un film che senza cadere nella pateticità e nell’eccessiva malinconia fa riflettere sul valore del passato, a cui però non si deve rimanere eccessivamente legati poiché potrebbe precluderci la possibilità di andare avanti e dare un vero sviluppo alla propria vita, anche quando questa sembra andare a rotoli. Essere indulgenti con se stessi, ogni tanto, può essere positivo e necessario, ed è proprio questo che Kodachrome vuole suggerire, come piccolo messaggio di speranza per il pubblico. Un cast che si è cimentato, nel complesso, in un’ottima interpretazione, una colonna sonora che funziona ed una profonda umanità rendono Kodachrome un prodotto ben riuscito che, nella sua “banalità”, spicca tra le ultime produzioni cinematografiche Netflix.

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About Ilaria Coppini

25, ormai laureata in Letterature e Filologie Euroamericane, titolo conseguito solo per guardare film e serie TV in lingua originale (sulle battute ci sto ancora lavorando). Almeno un'ora al giorno per vedere un episodio la trovo sempre, e Netflix è ormai il mio migliore amico. Datemi del cibo e una connessione veloce e scatenerete la binge-watcher che è in me.

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