Con Vittoria e Abdul, Stephen Frears porta al cinema di nuovo una storia, dopo Florence, con una donna il cui carisma accentra ogni sguardo su di se; da parte sua Frears continua a concentrarsi, più che sulla storia che circonda i protagonisti, proprio sugli stretti rapporti personali e su cosa le persone sono l’una per l’altra.
Vittoria e Abdul: la sinossi
Siamo verso la fine dell’epoca Vittoriana e, tra i vari regali e omaggi che arrivano da tutto l’impero a Sua Maestà la Regina Vittoria, viene anche inviata una moneta indiana commemorativa, e per “accompagnarla” vengono mandati due rappresentanti della popolazione locale. Uno dei due, Abdul, sviluppa tra lo sconcerto dell’intera corte, un rapporto speciale con la Regina, che durerà molto a lungo, nonostante tutti i tentativi di farlo fallire.
Vittoria e Abdul: le nostre impressioni
Il film di Frears è sicuramente un film godibile ed elegante, ma molto didascalico e a volte scivola, soprattutto visto il tema che tratta, in diverse forzature. Il messaggio di fondo della pellicola, è sicuramente importante, soprattutto nel momento come quello in cui viviamo ma, diciamolo onestamente, è decisamente “mainstream”. Con questa tematica il regista spera di ottenere, infatti, un facile gradimento dal suo pubblico e, soprattutto, di coprire la vera mancanza del film: quella di un anima.
La motivazione importante che spinge Frears a raccontare questa storia è il rigetto da parte della società occidentale del diverso, specialmente se viene da un Paese considerato “inferiore” e soprattutto se di religione musulmana. La metafora attraverso la quale il regista racconta questo concetto è semplicemente il mandare indietro le lancette del tempo, e presentare una società occidentale che reputa le province del proprio impero inferiori e resta scioccata da certe abitudini islamiche. Insomma, un cartellone stradale di medie dimensioni per dire allo spettatore “attento, sto parlando esattamente di questo.” C’è mancanza di finezza e di costruzione per l’eccessiva linearità e semplificazione di un concetto che si ripete senza sosta per tutto il film, senza molte variazioni.
Pur essendo il tema decisamente serio, il regista nel film cerca comunque di imbastire una narrazione lieve, con momenti di ilarità e inquadrando il tutto in modo molto “ravvicinato” conferendo alla pellicola un taglio intimo. Frears rimuove il più possibile il fuoco da ciò che sta attorno e concentra tutta la luce sulla storia di profonda amicizia che lega la Regina e Abdul; un amicizia che si sviluppa su diversi piani: dalla curiosità al rispetto, all’accettazione, al sostegno mutuo, dopo essere passati attraverso momenti di delusione, sconforto e senso di tradimento.
Il taglio più intimista, e una Judi Dench in ottima forma che riesce a dare profondità al suo personaggio, conferendole un’umanità spiccata, sono il tratto che salva il film da un quasi sicuro anonimato. Quello che riesce meno bene è la parte “emozionale”: il film ci prova, ma non riesce a suscitare più che una blanda empatia coi personaggi che, purtroppo, rimangono un po’ freddi e distaccati.
Vittoria e Abdul
Valutazione globale - 6
6
La Dench salva il salvabile
Vittoria e Abdul: un giudizio in sintesi
Vittoria e Abdul è un film che ha più difetti che pregi, però un’ottima Dench riesce a strappare la sufficienza e fa si che il biglietto non sia proprio sprecato. Il film non rimarrà certo nella storia, come non lo è rimasta l’amicizia tra la Regina e l’umile servitore indiano. La cura di costumi e la minuziosa ricostruzione di cerimoniali e di un ambiente intimo ma regale, che mischia elementi quasi claustrofobici a pochi spazi aperti e panorami affascinati, non riescono a coprire l’esagerata monodimensionalità e semplicità di un concetto che, se rimane troppo isolato, come qui accade, non può certo sorreggere un intero film.
Per ogni notizia e aggiornamento sul mondo dello spettacolo, cinema, tv e libri, vi consigliamo di seguire la nostra pagina Facebook