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The Greatest Showman

The Greatest Showman: la recensione del musical con Hugh Jackman

Distribuito dalla 20th Century Fox arriva nelle sale italiane, quasi in contemporanea con gli Stati Uniti, il musical The Greatest Showman con Hugh Jackman, Michelle Williams, Zac Efron, Rebecca Ferguson e la rivelazione Zendaya.

The Greatest Showman: la sinossi

The Greatest ShowmanNew York, inizi dell’Ottocento. P.T. Barnum è un ragazzino di umili origini, figlio di un sarto e innamorato di Charity, figlia di un nobile. Quando il padre muore, P.T. comincia a realizzare il sogno di dare vita ad un qualcosa di mai visto prima: un circo a tre piste e con ben quattro palcoscenici dove i protagonisti dello show sono gli animali e tutte quelle persone con una particolarità, fisica o talentuosa, messe ai margini dalla società. Ma la strada verso il successo è fatta anche di imprevisti…

The Greatest Showman: le nostre impressioni

Diretto dall’esordiente Michael Gracey, The Greatest Showman si presenta subito agli occhi del pubblico come un musical suntuoso, che cerca di dosare sapientemente i momenti di spettacolo, fatti di musica e coreografie, a quelli più intimi dove l’infanzia, prima, e la vita di coppia, dopo, di P.T. Barnum sono messi sotto la lente d’ingrandimento del regista.

The Greatest ShowmanLo spettro di Moulin Rouge! è lì che si aggira per tutta l’ora e quaranta di film e Gracey non fa niente per scacciarlo, attingendo a pieni mani dal capolavoro di Baz Luhrmann. Certe situazioni, inevitabilmente, rimandano a quel film. Basti pensare alla scena dove Hugh Jackman e Michelle Williams cantano e danzano sui tetti (con tanto di lenzuola stese che seguono i loro movimenti, sigh!). Anche il periodo storico e alcune tematiche sono affini a quelle di Moulin Rouge!, ma Gracey non è di certo Luhrman e, nonostante sia all’esordio, di strada da farne per almeno avvicinarsi al regista australiano ne ha ancora molta. Perché non puoi, proprio non puoi fare un musical dove le parti musicali non portano avanti la trama del film e/o non fanno evolvere il personaggio verso lo step successivo. Non puoi introdurre la tematica dell’emarginazione sociale e del successivo riscatto sulle scene di un gruppo di freak per poi non dargli una benché minima personalità, lasciandoli esibire nel circo di Barnum come se fossimo noi il pubblico dello spettacolo e non quello del film.

The Greatest Showman è un film fatto su misura per il suo protagonista, Hugh Jackman (qui anche nelle vesti di produttore), che si diverte come un bambino a cantare e ballare, lui che proviene proprio da una formazione d’attore di musical. The Greatest ShowmanIl suo P.T. Barnum è un personaggio che non ha freno all’immaginazione; che crede in quello che fa; forse talvolta è un po’ ambiguo ma incarna alla perfezione colui che porta avanti il sogno americano contro tutto e tutti. Il problema, anche qui, è l’approssimazione con cui è costruito il personaggio a cui vengono messe in bocca frasi alquanto stucchevoli e ad effetto come “ognuno di noi è speciale e nessuno è uguale ad un altro” o “nessuno ha mai fatto la differenza restando come gli altri”. Totalmente sbagliata anche la scelta di Michelle Williams nel ruolo della moglie di Barnum. Sembra proprio che il musical non sia fatto per lei.

The Greatest Showman, tra i tanti, ha principalmente il difetto di essere un film frettoloso e approssimativo. Le cose accadono troppo velocemente, senza soluzione di continuità tra una scena e l’altra e quel che rimane di buono è soltanto qualche numero musicale dove sono messe in risalto le vocalità della donna barbuta del circo di Barnum. Un po’ poco per un film così ambizioso.

The Greatest Showman

Valutazione globale - 5

5

Approssimativo

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The Greatest Showman: giudizio sintetico

Se in un musical, oltre ad una flebile trama si aggiungono anche degli scarsi numeri musicali vuol dire che qualcosa non è andato come previsto. Nel film si vogliono fare le cose in grande, mostrando come si mettono in scena degli spettacoli ambiziosi e strabilianti sbagliando però completamente l’approccio con coreografie mai del tutto convincenti e che non esplodono mai in un qualcosa di veramente grandioso.

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About Daniele Marseglia

Ricordo come se fosse oggi la prima volta che misi piede in una sala cinematografica. Era il 1993, film: Jurrasic Park. Da quel momento non ne sono più uscito. Il cinema è la mia droga.

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