Smetto quando voglio – ad honorem completa la trilogia creata da Sydney Sibilia con la reunion del ricchissimo cast composto da Edoardo Leo, Valeria Solarino, Pietro Sermonti, Libero De Rienzo, Marco Bonini, Stefano Fresi e soprattutto Neri Marcorè e Luigi Lo Cascio.
Smetto quando voglio – ad honorem: sinossi
La banda torna in pista e questa volta la maggiorparte dell’azione si svolge in carcere, a differenza degli altri film, con i protagonisti divisi, per evitare che possano fare quello che gli riesce meglio, ossia inventarsi soluzioni anticonvenzionali. Ma la squadra capitanata da Pietro (Edoardo Leo) dovrà questa volta evitare una catastrofe, unendo tutti gli indizi disseminati negli altri capitoli. Vecchi nemici e nuovi alleati sapranno entrare ed uscire da questo racconto corale per arrivare al punto finale di questo franchise cinematografico.
Smetto quando voglio – ad honorem: le nostre impressioni
Se il filone narrativo di Smetto quando voglio aveva nel suo DNA la critica sociale, mascherata dalla satira, sulla situazione dei giovani in Italia, nel suo percorso narrativo, prima nel precedente film e, soprattutto, in questo, tale caratteristica va via via spegnendosi, per dare spazio a qualcosa che invece è più popolare e commerciale: una sorta di Ocean Eleven alla romana, ma con gente dotta (e ogni tanto didascalica).
Lo spazio dedicato alla precarietà di alcune professioni intellettuali, spesso esaltate nei momenti di comodo e abbandonate nei restanti 364 giorni dell’anno, è risicato e serve solo da “pretesto narrativo” o elemento scatenante della nuova avventura. Viene anzi realizzato in modo molto macchiettistico e relegato a flashback, proprio per lasciare spazio alla comicità salace di ognuno dei protagonisti, ai quali, come in un varietà d’avanspettacolo, o per essere più moderni a Zelig, viene dedicato uno spazio più o meno grande per poter mostrare alle varie parti del pubblico ognuno dei preferiti.
Tutta questa “fretta” di dare un po’ di spazio a ciascuno deriva anche da una prima parte che, per motivi narrativi, vede perdere la coralità caratteristica del film, che stringe invece la storia intorno al protagonista Pietro, intorno al quale ruota quasi tutto nella prima mezzora di film.
Detto questo, comunque, lo show funziona, perché quando i vari personaggi tornano ad essere insieme il ritmo si eleva e la chimica (tanto per usare un termine caro ai fan del franchise) è notevole, gli scambi di battute, i dialoghi frizzanti e una perfetta costruzione di ciò che vediamo sullo schermo, intrattengono e lo fanno con adrenalina e divertimento, passando da una storia sul modello “il colpo perfetto” ad un avventura più “fumettistica” con tanto di villain con una back-story che lo ha reso tale.
Il citazionismo di Sibilia è sempre notevole e affonda le sue radici nella cultura Pop, da Lost ai graphic novel, dai blockbuster americani alla comicità “regionale”. Però non aspettatevi un film troppo profondo.
Smetto quando voglio - ad honorem
valutazione globale - 6.5
6.5
divertente ma con poco spessore
Smetto quando voglio – ad honorem: un giudizio in sintesi
Smetto quando voglio ad honorem conclude un percorso che ha attraversato diversi generi e tematiche e lo fa con il suo capitolo forse più scanzonato e ottimista, a volte anche autoassolutivo. Sembra quasi una riduzione al “in fondo non serve prendersi troppo sul serio” e alimenta invece la parte di (ottimo) intrattenimento popolare, che non deluderà sicuramente chi va in sala per passare del tempo spensierato, mentre lascerà un po’ perplessi quelli che si aspettavano qualcosa di più.
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