Era il 2009 quando il film Uomini che odiano le donne, primo capitolo della saga letteraria Millennium, creata da Stieg Larson, ha preso vita nei cinema italiani. All’epoca la produzione era svedese e vedeva Noomi Rapace vestire i panni dell’hacker Lizbeth Salander. A quasi 10 anni da quel film, cui sono seguiti i due film della saga e il remake statunitense targato Fincher del 2012, torna in sala l’hacker svedese più famosa al mondo con il nuovo capitolo della saga, Quello che non uccide, diretto da Fede Alvarez, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e in uscita il prossimo 31 Ottobre. Ad indossare le vesti di Lizbeth Salander è la trasformista Claire Foy.
Quello che non uccide: la trama

Quello che non uccide: le nostre impressioni
Il film di Alvarez porta grande innovazione nel panorama della saga svedese. Se i film svedesi e il remake di Fincher avevano mantenuto le venature fredde e noir, con il nuovo capitolo della saga avviene una rivoluzione. Il film abbandona l’introspezione e le tinte fredde svedesi per percorrere le vie dell’action nella sua connotazione più hollywoodiana. Dopo Wonder Woman e le super eroine, arrivano le quote rosa anche nell’action, tra pistole e inseguimenti mozzafiato.
Il risultato, però, non convince del tutto. Ciò che secondo il nostro parere aveva conquistato di Millennium, era l’essere un noir, dove, a differenza dei vari (e apprezzabilissimi) Mission Impossible e simili, a far da padroni erano il mistero, l’introspezione e una grande analisi e concentrazione sulla psicologia dei personaggi.

Cause di tale risultato sono sicuramente il regista e il reparto fotografia. Alvarez, finora regista soltanto di film horror, dirige il film in modo piatto, senza dare un’anima e una personalità al film, senza saper interpretare le sfumature delle opere letterarie svedesi, perfettamente colte da Fincher, sicuramente un cineasta di maggior esperienza e caratura. La fotografia, inoltre, svuota il film delle classiche atmosfere nordiche e cupe, quasi claustrofobiche, e rende tutto nitido e chiaro, come un qualsiasi blockbuster.
Prevedibile nota positiva è Claire Foy. L’attrice sveste i panni della Regina Elisabetta II per chiudersi in quelli di Lizbeth. La Foy interpreta in modo credibile e convincente il ruolo dell’hacker, mentre ad essere un po’ fuori contesto è Gudnason, fisicamente e mentalmente troppo docile per raccontare un personaggio complesso come il giornalista Blomkvist. Eccessiva e a tratti manierista è risultata, invece, la prova di Sylvia Hoeks, la glaciale Camila, sorella di Lizbeth.
Quello che non uccide: giudizio in sintesi

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