Il cliente, film vincitore a Cannes 2016 dei premi Migliore Sceneggiatura e Miglior Attore, è il settimo del regista iraniano Ashgar Farhadi, classe 1972, in passato già vincitore dell’Orso d’argento a Berlino e del Tribeca Film Festival, entrambi nel 2009, con About Elly, e dell’Oscar per il miglior film straniero nel 2012 con Una separazione.
Il Cliente: la trama
Ambientato in una Teheran precaria e sconnessa, vede al centro della vicenda una coppia di attori (Emad e Rana, impersonati ottimamente da Shabab Hosseini e Taraneh Alidoosti) che all’improvviso devono lasciare la propria casa divenuta inagibile a causa di un’opera di disfacimento. Si trasferiscono in affitto in un appartamento di proprietà di un amico, il quale prende parte con loro nella rappresentazione della pièce di Henry Miller “Morte di un commesso viaggiatore”, le cui scene accompagnano il film per tutta la sua durata. Quest’appartamento trasuda della presenza, o più precisamente della presenza-assenza dell’inquilina precedente che ha lasciato i suoi aver chiusi in una stanza di cui si è tenuta la chiave, senza più venire a ritirarli, e la cui reputazione la individua come donna di frequentazioni ambigue, probabilmente dedita al meretricio. Il titolo infatti si rifà ad uno dei suoi vecchi clienti che una sera, complice di un malinteso, riesce ad introdursi nella casa e a sorprendere Rana da sola in bagno.
Il Cliente “tra Haneke e Antonioni”?
Tra i tanti commenti elogiativi di testate giornalistiche che campeggiano sulla locandina del film, ne salta agli occhi uno che recita “tra Haneke e Antonioni”.
Mentre tirare in ballo Antonioni appare forzato, dal momento che i personaggi del regista ferrarese appaiono eterei tanto quanto quelli di Farhadi dotati di materialità, l’accostamento del film con la produzione del regista austriaco Michael Haneke suona invece calzante. Come nell’Haneke di Niente da nascondere (2005), con il quale esistono anche analogie di trama, Farhadi fa di categorie etico-morali l’impalcatura del suo racconto per immagini e giunge a delimitarle procedendo per sottrazione. La coppia di protagonisti viene sottoposta ad un’implacabile processo di spossessamento che prende la forma della perdita del proprio spazio vitale, la casa, lesionata da improvvisi e strani lavori di demolizione che forzano i due, assieme all’intero palazzo, a precipitarsi immediatamente fuori dall’abitato. Il successivo tentativo di trovare un luogo in cui abitare finisce ancora peggio.
Lo sgretolamento dell’intimità della casa e della personalità
L’intimità del proprio ambiente viene questa volta addirittura violata dall’interno, quando un estraneo approfitta di una leggerezza di Rana per introdursi nella casa e farle del male, consapevolmente o meno, cioè sorprendendola di spalle nel proprio bagno. Anche questo è uno dei nodi importanti del film nella misura in cui viene ridotto di colpo al grado zero quel senso di sicurezza e di completo affido di sé stessi che la propria casa dovrebbe dare. Ciò che accade in seguito non è che la conseguenza di queste premesse e, come Haneke, Farhadi parte con sguardo sociologico dalla distruzione dell’identità positiva dei personaggi e della coppia stessa uomo-donna per mostrare, denudato, il bene e il male che giacciono sepolti da condizioni di vita favorevoli e da automatismi sociali.
Provocati dal destino i due dimostrano visioni del senso di giustizia incompatibili, e il loro legame di coppia vacilla in modo forse irreparabile. Mentre lei si rende passiva rispetto agli eventi e accetta, sia prima, quando potrebbe scegliere di sporgere denuncia e non lo fa, sia dopo, quando nega al marito la possibilità di ottenere una compensazione del male ricevuto, per il sentimento di pietà umana verso un povero vecchio o per semplice ipocrita accondiscendenza, lui forza il senso di giustizia verso eccessi inquietanti quando arriva a maltrattare “il cliente”.
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Il Cliente
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