La sinossi
Il reverendo Toller (Ethan Hawke) è il pastore di una piccola chiesa, la First Reformed del titolo, frequentata da uno sparuto gruppo di fedeli parrocchiani. Ex cappellano militare, Toller porta ancora le ferite del trauma che ha visto il proprio figlio perire in guerra. La sua fede, già messa a dura prova da questo drammatico evento, vacilla ancor di più quando una coppia di giovani sposi, la giovane Mary (Amanda Seyfred) e il marito Michael, attivisti nel campo dell’ambientalismo, si rivolgono a lui per ‘confessargli’ dei fondati sospetti che i due hanno riguardo la complicità della Chiesa in loschi affari con grandi corporation poco o per niente interessate alle sorti del pianeta Terra.
First Reformed: perché sì – di Daniele Marseglia
Ci vuole tempo e un po’ di pazienza per apprezzare l’ultima opera di v, presentata in Concorso nel secondo giorno di Mostra al Lido. Lo sceneggiatore di film come Taxi Driver e L’ultima tentazione di Cristo si prende tutto il tempo necessario per raccontare la parabola di uomo di fede, il reverendo Toller, scosso dal trauma della morte del figlio. La prima mezz’ora di film può mettere a dura prova lo spettatore che vuole tutto e subito. Ecco, qui si procede con molta calma, con lunghe scene di conversazione e di conflitti interiori del protagonista. Già nella parte iniziale l’impronta di Schrader si vede benissimo. Le sue opere, sovente, trattano temi come la redenzione e la solitudine e First Reformed non fa da meno, con un personaggio complesso e scosso da costanti dubbi sulla fede
Nell’epoca in cui il principale leader del mondo non firma i trattati sul clima, Schrader fa sentire la sua voce su un tema così importante e fondamentale per il nostro futuro come la sopravvivenza del pianeta in cui viviamo. Tutto questo lo fa però in maniera controllata, talvolta intima, come se stesse girando un film nordeuropeo. I tormenti del pastore Toller (uno straordinario Ethan Hawke) sono gli stessi che affliggono lo stesso Schrader, che con First Reformed vuole metterci in guardia da un mondo che stiamo mandando in una direzione completamente sbagliata. Può essere cinico, persino brutale e provocatorio, ma lo sguardo da ‘cane da guardia’ che hanno molte opere di Schrader, First Reformed compreso, è la caratteristica cardine di un cinema suntuoso e (quantomeno) necessario per i tempi in cui viviamo.
First Reformed: perché no – di Andrea Sartor
Io ho apprezzato il “messaggio” di First Reformed, su quello non ci sono dubbi, purtroppo però il cinema non può essere solamente “messaggio” e questo è un problema del film di Schrader, anche se non solamente suo, negli ultimi anni.
Il cinema è più che una storia da raccontare, per quelle ci sono i libri, ed è più di un semplice voler dire qualcosa allo spettatore, per quello ci sono le conferenze stampa. First Reformed invece si limita a quello che vuole dire e ad una semplice e molto lineare storia. Manca tutto il resto che rende il cinema differente da altre arti; mancano il sonoro, il montaggio, tutto il lavoro visivo che è parte integrante della settima arte, manca, cosa peggiore di tutte, un minimo di ritmo al film. E sia chiaro, con ritmo non intendo ritmo veloce, anche la lentezza ha un ritmo, che si risolve in armonia e in un modo di narrare che “lega” lo spettatore a quello che sta vedendo. L’assenza di ritmo è un susseguirsi di scene senza tempi o coi tempi completamente sbagliati e questo è quello in cui purtroppo Schrader si imbatte, una totale assenza di ritmo narrativo che slega lo spettatore dalla visione, rimanendo solo ad ammirare “il grande nome che ha fatto la storia del cinema” (anche se in ben altro ruolo che non quello di regista).
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