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The predator

The Predator: la recensione del film di Shane Black

The Predator è il sequel di Predator 2 (1990), a sua volta sequel dell’originale Predator del 1987, nel quale Shane Black faceva parte del cast. Spostatosi dietro la macchina da presa, Black è regista e sceneggiatore.

The Predator: sinossi

The predatorMessico, 2018. Il maggiore Quinn McKenna (Boyd Holbrook), impegnato in una missione contro dei narcotrafficanti, viene interrotto dall’atterraggio di un’astronave pilotata da un micidiale alieno che fa a pezzi la sua squadra. Si tratta di un Predator e sembra essere una creatura nota dall’agente governativo (Sterling K. Brown) che interroga McKenna, tornato in patria dopo essere uscito miracolosamente indenne dall’incontro ravvicinato. Il militare però, per essere messo a tacere, viene internato con un gruppo di soldati bollati come mentalmente incapaci .

La minaccia diventerà ovviamente incontrollabile e la nuova squadra di McKenna vi si oppone strenuamente con l’aiuto della coraggiosa professoressa Bracket (Olivia Munn, coinvolta suo malgrado dai governativi per studiare gli extraterrestri) e addirittura del piccolo Rory McKenna, il figlio del maggiore in grado di interagire prodigiosamente con la tecnologia aliena.

The Predator: le nostre impressioni

The predatorShane Black firma regia e sceneggiatura di un lungometraggio a due anni dalla divertente commedia noir The Nice Guys, tornando questa volta nei luoghi della sua gioventù artistica (recitava nel primo Predator assieme ad Arnold Schwarzenegger) e inserendo gli elementi tipici della sua cifra come le festività (dopo il Natale di Iron Man 3 qui troviamo la notte di Halloween, dove a un bambino potrebbe far comodo la maschera del Predator…), la pervadente autoironia, le battute politicamente scorrette; insomma tutti aspetti sconosciuti ai precedenti film della saga.

I precedenti capitoli, in particolare il primo, privilegiavano inoltre il tema dell’uomo sopraffatto da un emissario di una civiltà tecnologicamente superiore, contro la quale era possibile vincere solo con la regressione allo stato primordiale, immergendosi letteralmente nel fango… Questa volta è invece assodata la superiorità dell’alieno sull’umanità, spostando l’attenzione sulla connotazione prometeica che potrebbe assumere una visita della razza Yautja in aiuto dell’umanità; il tema, sommerso da una coltre di momenti splatter, proiettili e humour demenziale, quindi è la trasmissione e la conservazione della conoscenza come unica speranza per la salvezza della specie (emblematico sotto questo aspetto il fondamentale personaggio del piccolo Rory McKenna dell’inappuntabile come sempre Jacob Tremblay).

The predatorIl risultato finale è un forsennato, spensierato e ritmatissimo cocktail di machismo ironicamente esasperato dove trovano spazio anche notevoli trovate (l’introduzione del baby prodigio Rory è una sequenza di inaspettata grazia) oltre che di spunti che interpretano in maniera brillante alcuni misteri della serie. Per quanto riguarda le interpretazioni Boyd Holbrook purtroppo, per quanto ci provi, non ha la presenza scenica di Schwarzenegger ma è servito dai comprimari ben diretti tra cui spicca Olivia Munn, con un personaggio oggettivamente poco credibile ma impreziosito da una convinta e convincente prova dell’attrice.

The Predator

valutazione globale - 6.5

6.5

un gustoso disimpegno cinematografico d’azione senza eccessive pretese

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The Predator: giudizio in sintesi

The Predator è uno spassosissimo disimpegno action, che invece di puntare sui toni seri propri dei precedenti capitoli, spinge a tavoletta il pedale dello humour demenziale per far proseguire il franchise verso nuovi orizzonti narrativi, contando su personaggi del tutto distanti dagli action hero protagonisti dei precedenti capitoli sebbene ugualmente adeguati.

Il maggiore difetto, anche se produttivo, è dato dal costo di quasi 90 milioni, che non si percepisce vedendo il film dato che è vestito da una livrea da pellicola low cost.

Inoltre una versione così radicale e rischiosa dell’universo Predator inevitabilmente spacca il pubblico tra i nostalgici intransigenti verso la ridiscussione critica dell’alieno con i dreadlock e chi è disposto a farsi irretire dalla leggerezza e dalla vena comica di un sacerdote della cultura pop come Shane Black.

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About Giulio Mantia

Sono un immoderato consumatore di film improvvisatosi recensore amatoriale. Cerco di scrivere di cinema nei limiti delle mie conoscenze ed evitando di farla fuori dal vaso. Accetto volentieri critiche, osservazioni e confutazioni. Il mio film preferito è senza dubbio Dal Tramonto all'Alba di Rodriguez/Tarantino, un'allegra miscela di delirio e badassment che riesce sempre a rallegrarmi.

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