Silence. La trama
Macao, Portogallo XVII secolo. Il prete gesuita Alessandro Valignano riceve notizia che il confratello Padre Cristóvão Ferreira (Liam Neeson), partito missionario per il Giappone 10 anni prima, arrendendosi alle torture, abbia abiurato e abbia abbracciato le fede locale. Appresa la notizia i discepoli di Ferreira: Sebastião Rodrigues (Andrew Garfield) e Francisco Garupera (Adam Driver) increduli e preoccupati, insistono per recarsi in Giappone e andare in fondo alla faccenda dell’apostasia di Ferreira. Durante il loro viaggio i due gesuiti vengono al corrente delle incredibili sofferenze dei cristiani in Giappone e sempre di più cresce in loro la speranza di prestare aiuto ai Kirishtian nipponici.
In Giappone, accolti dalla sparuta comunità dei contadini convertiti (Kirishtian), i due manifestano da subito idee discordanti sul significato della fede e del proselitismo. Quando poi si separano per sfuggire alle persecuzioni – padre Rodrigues (Andrew Garfield) – già abbandonato dal suo padre spirituale (Lian Neeson), resta solo con la sua fede e i suoi dubbi e dovrà mettere in discussione la sua visione del mondo.
Quando viene imprigionato a Nagasaki e sottoposto ad assistere alle atroci torture di innocenti, il carnefice Inquisitore Giapponese Inoue Masashige (Issei Ogata) cerca di convincerlo che non esista una verità assoluta valida per tutti. Rodrigues s’interroga sulla legittimità di imporre il Verbo a dei miserabili in cerca di salvezza, esponendoli a pericolo di vita. Vite che valgono poco per l’inquisitore Inoue Masashige, e per le stesse vittime che di tutto il messaggio del vangelo, comprendono solamente il concetto di premio ultraterreno (l’ascesa al Paraìso) per porre fine alle proprie miserie terrene.
Silence. Scorsese e il silenzio di Dio.
Scorsese coltivava il progetto di adattare il romanzo dello scrittore cattolico giapponese Shusako Endo già dal lontano 1988. Dopo aver analizzato il rapporto tra uomo e fede ne L’Ultima Tentazione di Cristo e in Kundun, Silence approfondisce un argomento che da sempre ossessiona l’ex-seminarista Scorsese: il silenzio di Dio.
Ci sono voluti ben 25 anni per produrre Silence. Originariamente i due padres erano gli attori Daniel Day-Lewis e Benicio del Toro, e il film doveva durare 3 ore. Va aggiunta la controversia che riguardò la Cecchi Gori Pictures, che citò in giudizio Scorsese per il mancato accordo di dirigere Silenzio entro il 1990, le successive dispute per i diritti e il reperimento dei fondi. Si calcola che il film sia costato oltre 50 milioni di dollari. Soldi spesi per ricostruire fedelmente interi villaggi nelle splendide location delle coste di Taiwan. Il montaggio delle scene ha ritardato ulteriormente i tempi di uscita del film, che è passato da 3 ore a 160’.
Due curiosità: dopo aver girato i precedenti due film ricorrendo alla cinepresa digitale, Martin Scorsese ha deciso che per ‘Silence’ avrebbe utilizzato esclusivamente la pellicola 35 millimetri. L’anteprima mondiale del film si è tenuta presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma il 29 novembre 2016, seguita da una proiezione speciale il giorno successivo nella Città del Vaticano…
Quando gli è stato chiesto il motivo per cui ha mantenuto interesse per il progetto per oltre 20 anni, Scorsese ha dichiarato: “Quando si invecchia, le idee vanno e vengono. Domande, risposte, la perdita della risposta e di nuovo più domande, è ciò che mi interessa davvero”. E’ questo che rappresenta Silence. Le domande non risposte.
Silence: dialoghi, riflessioni e silenzi.
I Padres si scontrano sulla dedizione al messaggio di Gesù in uno dei luoghi – il Giappone del ‘600 – dove la cosa più preziosa è ed è sempre stata la fedeltà al governo. Fede e arroganza da conquistadores occidentali si confondono presto. L’estasi mistica del ruolo evangelico ha il suo culmine nella scena in cui padre Rodriguez, specchiandosi nel fiume, confonde la sua immagine con quella del Gesù (NdR “Verónica con la Santa Faz” di El Greco). I dialoghi mistici e disperati tra i gesuiti, quelli più terreni con i contadini e lo scontro con la violenta autorità, creano un crescendo di disperata incomprensione che cessa solo nel silenzio del protagonista.
Molto bravo Issey Ogata che interpreta l’inquisitore Inoue Masashige, un personaggio che avrebbe potuto essere la brutta caricatura di un cattivo, con calore, complessità, e anche humor.
In una scena, Inoue e Rodrigues sono seduti l’uno di fronte all’altro, a parlare di fallimento dei missionari nel capire la cultura giapponese, e l’opposizione del governo ai cristiani. Inquisitore contro inquisito, Buddha e Cristo a confronto. Come se questi due uomini fossero l’uno l’ombra dell’altro – lati opposti della stessa medaglia. Non c’è soluzione a questo conflitto.
“Il Giappone è una palude dove nuove piante non attecchiscono” – incalza Masashige. Solo rinchiudersi nel Silenzio può mantenere salva l’anima.
Il solo personaggio che non riesce a “salvarsi” è Kichijiro (Yōsuke Kubozuka), il piccolo Giuda che più volte tradisce Rodriguez e poi ne chiede il perdono. Non trova conforto nel silenzio di Rodriguez né ha la coscienza per capire il Silenzio di Dio, come il genere umano che da secoli, pur non rifiutando completamente Dio, ne soffre per l’abbandono.
Io prego ma sono perduto, alla preghiera risponde il silenzio…
Silence… Andateci preparati!
Mi aspettavo di più dalla regia e dalla fotografia: la nebbia, le ambientazioni aspre della costa taiwanese potevano essere meglio sfruttate. Il silenzio e il fragore della natura potevano giocare un ruolo più evocativo nel film. Nè mi hanno coinvolta i dubbi e le domande su Dio di regista 80enne ex-seminarista cresciuto a Brooklyn… Solo uno sforzo di fantasia, una grande cultura storico-religiosa possono far apprezzare lo sforzo e le energie che dal concepimento hanno visto nascere Silence.
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Silence
Valutazione globale
Lento e stridulo, poteva essere un capolavoro