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Ricomincio da noi: recensione del nuovo film di Richard Loncraine

Richard Loncraine ci aveva deliziato tanti anni fa con il bellissimo Riccardo III e poi aveva avuto un discreto successo con Wimbledon. Il regista britannico torna in sala con questo Ricomincio da noi,  film al quale era stato concesso l’onore (e onere) di aprire la scorsa edizione del Torino Film Festival ma purtroppo i risultati sono decisamente deludenti

Ricomincio da noi: la sinossi

Finding Your FeetInghilterra, ai giorni nostri, una donna scopre che suo marito la tradisce con una sua cara amica e lo scopre nel giorno del suo pensionamento.

Si vede così costretta ad andarsene da casa, dal lusso in cui vive, per andare nell’unico posto in cui può essere accolta: dalla sorella povera, alternativa, ma che tra gioie e dolori le insegnerà nuovamente ad apprezzare la vita e a non farsi scappare la possibilità di essere felice e se stessa di nuovo.

E magari anche a riscoprire l’amore che aveva pensato di non provare mai più.

Ricomincio da noi: le nostre impressioni

Ricomincio da noi è un film brutto, ma forse più che brutto lo si può classificare nella sfera di quei film talmente scontati, banali e privi di fantasia e interesse che ci si aspetta di trovare in programmazione in un assolato pomeriggio estivo nelle TV commerciali. E tutto questo con un nome come Loncraine alla regia e un protagonista come Timothy Spall è un insulto alla miseria.

Finding Your FeetIl film, riassumendolo brevemente, è una favoletta di bassa lega, che va alla caccia della moda del momento, ovvero l’effetto “non è mai troppo tardi”, sul filone di tutte le commedie geriatriche che ultimamente sono decisamente sulla breccia. Cercando di trovare qualcosa di buono, con sforzo, possiamo dire che la pellicola presenta anche qualche battuta o situazione divertente, ma sono maggiormente concentrate all’inizio, poi il tutto diventa ripetitivo e, nonostante gli attori cerchino di fare il lavoro migliore possibile con il materiale che hanno, la trama è troppo banale, troppo scontata.

Un qualsiasi spettatore, mediamente smaliziato, dopo 5 minuti di film ha già capito tutto di cosa succederà, perché le svolte sono annunciate, palesi, come cartelli stradali e si intravede già l’andazzo generale che purtroppo non viene smentito nel prosieguo.

Finding Your Feet

E tutto si snoda nel modo più ingenuo e melenso: ricchi coi soldi che non sanno godersi la vita, chi i soldi non li ha invece la vita la sa apprezzare e quindi può insegnarlo agli altri, la bellezza delle cose semplici ti aiuta a ritrovare la felicità e riscoprire te stessa, ci saranno difficoltà e tragedie, ma tutto questo ti rafforzerà e alla fine sarai veramente felice. Le scene girate a Roma, ad una fantomatica Biennale romana, sono di una superficialità e scorrettezza intellettuale imbarazzanti.

Tutto di una banalità sconcertante, tutto prevedibile con ore di anticipo, non c’è nessuna situazione o svolta che spiazzi e ci sono infilati pure due o tre plagi a caso (uno a 4 matrimoni e un funerale e uno a Il laureato); un lavoro svogliato dello sceneggiatore e dei produttori che non hanno preteso nulla di più di uno stupido compitino, una regia che non si sforza di essere meglio di una soap pomeridiana, attori che loro, almeno, cercano di fare il possibile, ma non si può predicare nel deserto.

Ricomincio da noi

Valutazione globale

Banale e scontato

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Ricomincio da noi: un giudizio in sintesi

ricomincio da noiIl giudizio più sintetico possibile, potrebbe essere: risparmiatevi i soldi del biglietto, però dobbiamo dire che se una persona cerca uno svago puro, con qualche battuta frizzante, durante il quale è possibile spegnere il cervello per un ora e mezza, ecco, questo film potrebbe anche andare bene.

In tutti gli altri casi, eviterei: non aggiunge e non toglie nulla a quella che è stata e sarà la vostra personale esperienza di vita cinematografica, uscirete dalla sala con un sapore di amaro già visto e un profondo senso di inutilità per due ore che potevate spendere meglio, tipo a guardare la lavatrice in centrifuga.

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About Andrea Sartor

Cresciuto a pane (ok, anche qualche merendina tipo girella o tegolino... you know what I mean... ) e telefilm stupidi degli anni 80 e 90, il mondo gli cambia con Milch, Weiner, Gilligan, Moffat, Sorkin, Simon e Winter. Ha pianto davanti agli uffici dell'HBO. Sogno nel cassetto: pilotare un Viper biposto con Kara Starbuck Thrace e uscire con Number Six (una a caso, naturalmente). Nutre un profondo rispetto per i ragazzi e le ragazze che lavorano duramente per preparare gli impagabili sottotitoli. Grazie ragazzi, siete splendidi

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