Sono passati ormai trent’anni dall’uscita del capolavoro di Wim Wenders Il cielo sopra Berlino (1987, titolo originale Der Himmel über Berlin) e la première alla “Berlinale Classics” della sua versione restaurata non è stato soltanto un grande omaggio per celebrare questa ricorrenza, ma anche un modo per promuovere il suo rilascio cinematografico il prossimo aprile: ad occuparsi della distribuzione della pellicola in Germania sarà in particolare Studiocanal attraverso la sua etichetta, l’Arthaus Classics.
La Wim Wenders Foundation aveva già restaurato 16 dei film del regista tedesco, tra cui si contano Alice nelle città (1973) e L’amico americano (1977). Certo è che la vera sfida per Wenders è stata il restauro de Il cielo sopra Berlino. Vediamo insieme perché.
Il restauro de Il cielo sopra Berlino e le relative difficoltà
“Il cielo sopra Berlino è stato molto più complesso da restaurare perché, all’epoca, tre quarti del film erano stati girati in bianco e nero, solo un quarto a colori”, ci spiega Wenders. “In ogni bobina c’erano quindi molte parti in bianco e nero, e questo non ha facilitato il processo di restauro”. Far combaciare i due formati e i rispettivi negativi è stata insomma un’impresa bella e buona.
Wim Wenders ricorda che il suo cameraman, Henri Alekan, conosciuto soprattutto per la fotografia in bianco e nero de La Bella e la Bestia di Cocteau, “soffriva terribilmente perché il suo splendido b/n era stato stampato su negativi colorati, fattore che aveva comportato una perdita della qualità. Si chiedeva ‘Perché non vengono bene?’, rispondendosi da solo ‘Henri, non ti verranno mai bene perché sono negativi colorati e questa è la condizione dell’intera pellicola’. Ecco perché avevamo perso un po’ di contrasto e nitidezza”.
Tuttavia, Wenders e il suo team non hanno mollato l’osso: quello che volevano realizzare era un restauro che potesse rendere davvero onore al film, per cui avrebbero dovuto recuperare dei negativi che fossero il più possibile simili agli originali. La raccolta del materiale dagli archivi e il conseguente assemblaggio hanno richiesto chiaramente un po’ di tempo, ma alla fine si è rivelata una magnifica esperienza per Wenders, soprattutto dal punto di vista emotivo: “Questo lavoro mi ha fatto pensare molto a Henri: recuperare la sua prima generazione di diapositive ha reso migliore ogni scatto. Ancora prima che tutti gli scatti fossero assemblati, mi sono commosso. Avrei voluto così tanto che Henry li vedesse”.
Il legame di Wenders con Berlino
Eppure, molto probabilmente la vera, grande collaboratrice di Wenders è stata la stessa città di Berlino. “Ho sempre avuto un forte legame con Berlino”, ha detto. “È come se avessi sempre sentito che la città si prestasse alla realizzazione del film, almeno questo era quello che percepivo durante le riprese. Berlino aveva partecipato a inventare la storia – l’idea degli angeli, beh quella mi è stata suggerita dalla città stessa”.
Wenders spiega inoltre: “Non dimentichiamoci poi che Berlino sarebbe completamente cambiata nel giro di due anni. Mi sono sentito come se il film fosse riuscito a trattenere in sé una parte della città che ben presto sarebbe scomparsa; come se dopo il biennio 1989-1990 non ci sarebbe stato alcun futuro. Così, ho realizzato di aver custodito ne Il cielo sopra Berlino quella strana e leggendaria isola che aveva reso la città unica per trent’anni. Molto più rispetto a qualsiasi mio altro film, Il cielo sopra Berlino è stato un autentico regalo da parte della città”.
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Fonte: Variety