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Io sono Tempesta – la recensione del nuovo film di Daniele Lucchetti

E’ uscito nelle sale Io sono Tempesta, l’ultimo film di Daniele Lucchetti con Marco Giallini e Elio Germano. Una commedia all’italiana sulla società di oggi: sui soldi facili, sulla corruzione morale e civile.

Io sono Tempesta: sinossi

Io sono TempestaL’imprenditore Romano Numa Tempesta all’indomani di una grande operazione finanziaria in Kazakhstan, si vede costretto a scontare un anno di pena nei servizi sociali. Nel centro di accoglienza cui presterà servizio, Giallini alias Tempesta si scontrerà con una pletora di individui all’apparenza disperati, ma che risulteranno più onorevoli di lui. La “riccanza”, le belle auto, lo champagne e le ragazze concupiscenti conquisteranno tutti. Tutti tranne un ragazzino: la speranza di questa nostra società moralmente corruttibile.

Io sono Tempesta: le nostre impressioni

Io sono TempestaGià dalla sigla iniziale si intuisce il tono del film. I titoli sono accompagnati dalla voce di Enzo Janancci che canta Ho vosto un Re. La scena si apre con il Re/Numa Tempesta nel letto del suo hotel a 5 stelle, mentre sogna il padre che gli ripete “Sei un coglione! Sei un coglione!”. Con una carrellata lungo corridoi lussuosi e oggetti da collezione e per tutto il film, Numa Tempesta passa da coglione a gran canaglia. Giallini infatti insegnerà i trucchi sporchi dell’alta finanza a una cricca di disperati senza risorse, un vero Brencaleone Da Norcia seguito da un’Armata variopinta di senza dimora fissa che sogna soldi facili e riscatto sociale. Neppure Angela (Eleonora Danco), la direttrice del centro, animata da seri valori umanitari, riesce a salvare l’imperterrito corruttore. Così come la “moralità” italiana, Angela è raggirata e poi beffeggiata dal magnate romano, per finire con un pugno di mosche in mano a cantare in un coro di suore, amareggiata.

Il personaggio carismatico e sarcastico di Tempesta sembra essere cucito addosso a Giallini che, grazie ai film di Paolo Genovese come Perfetti Sconosciuti e The Place, ha da anni conquistato il pubblico italiano. In un’intervista l’attore romano confessa che si è dovuto liberare di molti difetti per rendere il personaggio più contenuto, asciugato e in una performance meno da one man show.

Io sono TempestaTuttavia quest’ultima prova di regia di Lucchetti finisce per essere soltanto una commedia senza infamia e senza lodi, ad eccezione di alcune belle inquadrature nel sedicente Kazakistan (in realtà Campo Imperatore, L’Aquila). Il film in fin dei conti si basa soprattutto sui dialoghi e le battute taglienti, ma non va oltre. Infine possiamo riconoscere un incomprensibile e gratuito omaggio a Kubrik quando Nicola (Francesco Gheghi), figlio di Bruno (Elio Germano), corre sulla macchinina elettrica lungo i vuoti corridoi dell’hotel di Tempesta, ma purtroppo questo non basta per trasformare la pellicola in un bel film.

Una menzione a parte merita il singolare ruolo delle escort che accompagnano Tempesta e lo coccolano come le olgettine berlusconiane. Radiosa, Klea e Mimosa sono tre studentesse di Psicologia che arrotondano lavorando con il corpo ma finiscono per psicoanalizzare tutti. Curiosamente assomigliano più a tre fatine oniriche alla Fellini che a delle volgari prostitute da cine-panettone. Sarebbero un ottimo spunto per uno spin-off esilarante.

Io sono Tempesta

valutazione globale - 4.5

4.5

Una commedia divertente ma fastidiosa

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Io sono Tempesta: un giudizio in sintesi

Io sono TempestaCome nelle sue prime commedie, da Il Portaborse (1991) a La Scuola (1995), Lucchetti attira le masse con una commedia tutta da ridere, per poi schiaffeggiarle di moralismo. Il riso-amaro della più tradizionale commedia all’italiana, con un protagonista a metà tra Alberto Sordi e Vittorio Gassman de Il Sorpasso. Una favola sulla scia di Un Miracolo a Roma (Zavattini), con i beniamini del cinema romano.

Lucchetti nel tentativo di irridere il malcostume, paradossalmente trasforma i corruttori in simpatiche canaglie da ammirare. Da “coglioni!” a “figli di puttana” sembra essere l’escalation del nuovo eroe contemporaneo. Battute veloci e quello scanzonato senso dell’umorismo romanaccio che Giallini e Germano interpretano alla perfezione. Divertente ma fastidioso.

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