Il ventaglio tematico di Netflix si arricchisce con I Am Mother di un valido esempio di prodotto di genere thriller sci-fi. Diretto da Grant Sputore, I Am Mother vede nel cast Rose Byrne, Hilary Swank e la giovane Clara Rugaard.
I Am Mother: la trama
In seguito all’esistinzione del genere umano un droide, Mother (Rose Byrne), si trova in un bunker dove custodisce feti umani per ripopolare la Terra. Qui “concepisce” in un utero meccanico Daughter (Clara Rugaard), unica umana nella struttura. Daughter, così viene chiamata la ragazza, viene istruita per diventare un essere umano migliore ed evitare la distruzione del suo pianeta, come è stato fatto dai suoi simili in precedenza. Da questo mondo dove Daughter pensa sia presente un virus letale, però, giunge una Donna (Hilary Swank), sopravvissuta al mondo fuori ma ferita da un proiettile. L’ospite del bunker sembra però terrorizzata da Mother, ed è così che in Daughter inizia ad insinuarsi il dubbio circa la natura amorevole della maccchina che l’ha cresciuta.
I Am Mother: le nostre impressioni
In netta opposizione all’andamento generale del coacervo di film Netflix recenti, che vede prodotti dal potenziale non ben sfruttato o non gestiti a dovere, I Am Mother si pone sono vari punti di vista come un film dagli interessanti spunti. In primis, l’impostazione femminile della narrazione, al di là di ogni retorica, è una novità in un film di questo genere, dove in linea di massima i ruoli di creatore, creatura/figlio e antagonista sono in mano ad attori maschili. In maniera delicata e non generalizzante circa la copertura dei ruoli genitoriali, il fatto che il cast di I Am Mother sia tutto al femminile e che il ruolo di creatrice/madre sia data ad un’entità femminile, sebbene meccanica, è una scelta centrata e ben fatta. Inoltre, l’interpretazione di Rose Byrne, dalla voce così dolce e materna, crea un contrasto straniante e allo stesso tempo intrigante tra umanità della voce e durezza del metallo che compone Mother.
L’espediente della creazione è qui rovesciato: difatti, in maniera alquanto insolita, è la macchina che si trasforma, appunto, in deus ex machina dando origine al “nuovo” genere umano partendo da Daughter. Si apre così davanti agli occhi del pubblico uno scenario dai toni etici circa la creazione di feti in laboratorio, visti gli echi realistici che risuonano nella società odierna. Inoltre, la dinamica madre-figlia che si disvela mano a mano che procede I Am Mother è tanto assuda quanto credibile e profonda, tanto da far dubitare , a tratti, chi sia davvero più umano fra le due. Questo rapporto ai limiti della funzionalità si incrina nel momento in cui entra nel quadro la terza e ultima figura femminile, la Donna, che insinua il seme del dubbio in Daughter, mettendo in crisi il sistema di valori della ragazza.
L’ambientazione di I Am Mother si può dividere in due scenari principali. Da una parte troviamo l’ambiente chiuso e a tratti claustrofobico del bunker, unica casa /rifugio e in seguito “prigione” per Daughter. Dall’altra parte una terra desolata, prima arida e scura, stremata, poi verde e rigogliosa, poi senza confini, marittima. Tuttavia, il filo conduttore che unisce due ambienti così diversi è l’utilizzo che ne fa Daughter, sfruttando il paesaggio bifronte come scenario del suo percorso di crescita e maturazione etica, fino a diventare lei stessa la vera Madre, colei che rigenererà il mondo. Un mondo nuovo, fatto di esseri umani eticamente corretti e giusti, per evitare nuovamente di giungere al punto di rottura.
I Am Mother
Valutazione globale - 7
7
Un viaggio etico e morale in un mondo post apocalittico
I Am Mother: un giudizio in sintesi
I Am Mother è un prodotto dagli interessanti sputi etici e morali, incentrato su una dinamica a 3 tutta al feminile, dove il ruolo di deus ex machina è appunto affidato ad una macchina/madre, che ha lo scopo di freare una stirpe di esseri umani consapevoli e e retti, per evitare nuovamente l’estinzione di massa. I toni della narrazione, puntellata da alcuni picchi tensivi, sono minimalisti e a tratti lenti ma volti a convogliare alla forza emotiva di un personaggio come quello di Daughter, impegnata in viaggio personale di crescita e miglioramento di sé, seppur andando contro all’unica figura genitoriale che abbia mai conosciuto.
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