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Christopher Bird e Lynne Wake registi dei due documentari sui Queen

Queen: intervista ai registi dei documentari Rock the World e Ballet for Life

Dopo il primo weekend di programmazione di Bohemian Rhapsody, il film diretto da Bryan Singer che racconta la nascita della rockband dei Queen, è scoppiata una vera e propria Queen-mania con una nuova riscoperta della band inglese e del suo leader Freddie Mercury. Nell’ultimo periodo non è uscito solo il film con protagonista Rami Malek ma anche due documentari sulla band che sono stati presentati nell’edizione di quest’anno del Festival dei Popoli: Queen: Rock the World e Queen + Béjart: Ballet for Life. Proprio durante la loro presenza in Italia abbiamo avuto la possibilità di porre qualche domanda a Christopher Bird e Lynne Wake, registi dei film.

Queen: Rock the World di Christopher Bird

Il documentario racconta il dietro le quinte del rivoluzionario tour dei Queen negli Stati Uniti del 1977. Il reporter della BBC, Bob Harris, ottenne all’epoca un accesso esclusivo che gli permise di catturare momenti intimi della band in una fase molto significativa della loro carriera.

QueenNella tua carriera hai girato diversi film sui Queen. Perché hai deciso di dedicarti anche a questo progetto?
Sono stato abbastanza fortunato da lavorare a diversi documentari sui Queen negli ultimi otto anni. Il Produttore Simon Lupton, che ha lavorato con la band per diversi anni, mi disse che erano fortemente interessati ad un documentario dove venissero inseriti gli spezzoni originali del tour per festeggiare il Quarantesimo anniversario dell’album News of the World. Era un grosso progetto a cui lavorare perché c’era da usare del materiale girato da qualcun altro ed andava usato pressoché interamente, ed io ci sono saltato dentro subito.

Perché in più di quarant’anni questo materiale (interviste, registrazioni dei concerti, backstage) non è mai stato pubblicato?
In realtà il materiale era stato usato, in piccoli estratti, negli anni ed inserito in alcuni documentari fra i quali alcuni a cui ho partecipato. Ma effettivamente nessuno aveva mai provato a trasformarli in un film completo per due ragioni. Primo, la realizzazione del film originale fu interrotta al tempo perché nessuna delle canzoni che erano presenti aveva raggiunto la prima posizione nelle hit americane. Secondo, molto fra il materiale che era stato girato è andato perduto per sempre, ad esempio ci sono molte interviste con l’audio compromesso, ed è stata una sfida che ha intimorito molte persone che si erano avvicinate al progetto. Comunque, il girato è affascinante anche perché è il primo vero dietro le quinte della band, girato al tempo in cui la band stava scalando il successo. Per questo, nonostante sia stato difficile realizzare un film da un materiale incompleto, è stato molto stimolante e spero di essere riusciti nell’intento.

Freddie Mercury e Brian MayQual è il tuo rapporto con la musica? Sei un fan dei Queen?
Sono un fan dei Queen! Sono estremamente fortunato ad aver lavorato in un totale di cinque film sulla band ed è fantastico. Ora sto lavorando ad un sesto documentario, la storia dei Queen abbraccia cinque decadi quindi c’è molto su cui è possibile lavorare.

Qual è, secondo la tua opinione, il testamento dei Queen?
Sono passati 27 anni da quando il loro cantante, ed autore di molte delle loro canzoni, è morto eppure ancora adesso la band continua ad esibirsi in stadi pieni in giro per il mondo. Il pubblico include un gran numero di nuovi fan che hanno scoperto la loro musica dopo la morte di Freddie Mercury. La loro musica è universale e senza tempo, e vivrà per sempre.

Hai visto il film di Byan Singer “Bohemian Rhapsody”? Se si, cosa ne pensi?
Dopo aver lavorato nei documentari sui Queen, mi ci è voluto un po’ per non pormi domande come “ Perché i capelli di Roger sono in questo modo?” o “ Perché hanno usato questa canzone in questo anno della storia?”, domande stupide che non hanno alcuna importanza. Una volta che mi sono rilassato, l’ho trovato davvero movimentato, e il climax del Live Aid è superbo. Lo rivedrò sicuramente e lo raccomando vivamente.

 

Queen + Béjart: Ballet for Life di Lynne Wake

Il film racconta la straordinaria collaborazione tra i Queen ed il visionario coreografo Maurice Béjart che portò alla creazione di uno spettacolo di danza sulle musiche dei Queen e di Mozart. Attraverso filmati dietro le quinte ed interviste, il documentario rende omaggio ad una generazione di artisti morti di AIDS nei primi anni Novanta, tra cui Freddie Mercury ed il ballerino Jorge Donn.

Ballet for LifePerché hai deciso di fare questo film?
Il manager dei Queen, Jim Beach, voleva un documentario per celebrare il Ventesimo anniversario del lavoro di Maurice Béjart “Ballet for Life” ed io ho avuto la fortuna di essere contattata per farlo. C’era stato un film del balletto del 1997 realizzato da David Mallet, ma era un film sulla performance; così ho pensato che il mio dovesse trattare tutto ciò che circonda il making of e le repliche nel Ventunesimo secolo. Ho avuto degli interessi personali nel realizzare il documentario: sono stata una danzatrice di balletto in Inghilterra negli anni ’80 e ho vissuto in prima persona quello che l’AIDS ha causato nel mondo della danza, abbiamo perso tanti amici per quella che era, all’epoca, una malattia incurabile. Il Balletto continua a vivere nonostante gli attori originali abbiano smesso di danzare, la cosa mi ha convinto che filmare una nuova generazione di ballerini che apprendono quest’opera rinforzi il messaggio rigenerativo di Ballet For Life di Béjart.

Freddie Mercury e Maurice Béjart sono due geni, e due degli artisti più importanti del ventesimo secolo. E’ stato difficile rappresentare questo aspetto nel documentario?
Nonostante sia Freddie che Maurice fossero già morti nel momento in cui il documentario è stato fatto, le loro personalità sono sempre state una presenza costante durante tutto il processo produttivo. Dalla voce imparagonabile di Freddie, e dalle tante canzoni che ha scritto che Maurice ha usato per la sua opera che sprizza energia, di una grande teatralità e una profonda emozionalità. Sentire e vedere il loro lavoro in “Ballet for Life” fa perfettamente percepire di essere di fronte a due geni. Per dirlo con termini più decisi, Freddie era già morto durante la creazione di “Ballet for Life”, quindi sarebbe stato anacronistico mostrare troppi dettagli della sua figura nel balletto. Ma noi abbiamo bisogno di vedere Béjart al lavoro sul balletto nel 1997, e siamo stati molto fortunati nel trovare la sua intervista, con le prove e il suo modo di lavorare. La sua intervista è inusuale e chiara, è per questo che l’abbiamo utilizzata come struttura portante del documentario.

Ballet for Life è in scena dal 1997. Qual è, secondo la tua opinione, il segreto del suo successo?
Io credo che sia un’inusuale combinazione di gioia e disperazione, emozioni che difficilmente si trovano assieme in uno spettacolo teatrale, ma probabilmente è il motivo per cui tante persone riescono ad indentificarsi in questo spettacolo. Inoltre, oltre ad essere una combinazione particolare di Balletto e Rock, ha una forte costruzione, anche nel linguaggio utilizzato, che lo ha reso così leggibile da generazioni diverse.

Ballet for LifeNel tuo film si parla dell’AIDS. Cosa era negli anni ’80 e ’90 l’AIDS, e cosa è oggi? E’ diversa la percezione che si ha di questa malattia?
Sì, io penso che ora la società sia più aperta nel parlare di AIDS. Anche la ricerca medica si è mossa per cercare la cura, almeno in occidente, mentre credo che sia ancora un grossisimo killer nel Terzo Mondo. So che la Mercury Pheonix Trust, l’associazione benefica creata dopo la morte di Freddie che si occupa proprio di aiutare le vittime di AIDS, si sta concentrando su quest’ultima area geografica.

Hai visto Bohemian Rhapsody di Bryan Singer? Se si, cosa ne pensi del film?
Io l’ho amato! Ho desiderato cantare e ballare la maggior parte del tempo. Ero già pronta al fatto che il protagonista non mi sarebbe piaciuto, alla fine chi può rimpiazzare Freddie? La performance di Rami Malek è, in ogni caso, veramente trascinante.

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About Mirko Ballone

Classe 1986, mi interesso a tutto quanto ruoti intorno alla comunicazione ed al raccontar storie. Mi appassiono giovanissimo alla fotografia e da lì alla settima arte il passo è breve. Rimango folgorato da Hitchcock, Kubrick, la Nuovelle Vague e dai grandi del cinema italiano; da allora non riesco più a fare a meno di sognare davanti ad un grande schermo. I viaggi, il cinema, le serie tv, i buoni libri e la buona tavola occupano la maggior parte della mia giornata, nei ritagli di tempo cerco di vivere.

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