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Hostiles: impressioni e commenti sul film di apertura della Festa del Cinema

Ad aprire le danze della Festa del cinema di Roma è il film di Scott Cooper, il western Hostiles.

La kermesse capitolina, che negli anni ha presentato  film nei mesi successivi protagonisti della stagione dei premi, come Room, Still Alice, I ragazzi stanno bene, Dallas Buyers Club e Moonlight, premio Oscar come miglior film lo scorso febbraio. Al film di Barry Jenkins l’anno scorso era toccato l’anno scorso l’arduo compito di aprire la manifestazione. Chissà se la stessa sorte e fortuna non tocchi al film di Scott Cooper…

Hostiles: la sinossi

Protagonista del film è il Capitano Joseph J. Blocker, un uomo freddo, quasi un esecutore senza hostilesanima che nel 1892, durante le guerre contro i nativi americani, accetta di intraprendere un viaggio verso il Montana per accompagnare un capo Cheyenne in fin di vita. Durante il viaggio si unisce Rosalie Quaid, una donna distrutta dalla perdita del marito e dei tre figli, uccisi da un attacco di una tribù nativa, ma comunque forte e materna grazie alla sua fede. Il viaggio porterà ad una crescita ed un’evoluzione psicologica dei vari personaggi, in particolare del protagonista, e ad una visione meno ostile verso il diverso.

Hostiles: le nostre impressioni

Cooper dirige con passione un film di genere, con tutti i crismi del caso, dalla fotografia alle inquadrature, tra cui spiccano le sequenze iniziali, segno di una passione per il western, ma ad esso mescola un film moderno ed esistenziale. Racconta il cambiamento degli uomini che passano da essere pieni di diffidenza e pregiudizi nei confronti del diverso a rivalutare i punti di contatto con quest’ultimo. Questo rende il film adattabile a qualsiasi epoca storica ed in particolare a quella attuale, visto il clima creatosi nell’America di Trump nei confronti degli stranieri, come ha sottolineato il regista durante la conferenza stampa.

hostilesAd impreziosire la solida struttura del film interviene il cast, primi su tutti i due protagonisti. Christian Bale, protagonista anche di Out of the furnace, sempre di Cooper, che lo ha fortemente voluto per questo progetto, calza perfettamente i panni del Capitano Blocker, facendo trasparire perfettamente i vari stati d’animo che attraversano il personaggio. Rosamund Pike, invece, dopo la sua magnifica e angosciante performance in Gone Girl, cambia totalmente veste, indossando i panni di Rosalie, una donna distrutta dagli eventi, ma comunque ricca di un animo gentile, pronta ad ascoltare, a capire il prossimo. La Pike dimostra sul grande schermo tutta la sua versatilità e il suo talento: suo personaggio è il cuore pulsante del film stesso, una donna che, pur di fronte ad una tragedia, ha la forza di evolversi, di vivere. Da applausi i momenti in cui i due personaggi maggiormente interagiscono (in particolare la scena della sepoltura della famiglia di Rosalie), segno di un’ottima alchimia instauratasi tra i due.

Hostiles

valutazione globale - 7.5

7.5

un western carico di attualità

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Hostiles: curiosità dal festival

Nonostante la difficoltà del genere, alcuni momenti lenti e reiterati e forse un po’ di buonismo finale, Cooper ha fatto centro, raccontando con sapienza una pagina di storia che potrebbe diventare una lezione fondamentale per la società di oggi. Il regista stesso, abbastanza scosso e contrariato dall’attuale situazione, infatti, in conferenza stampa non ha negato una sua volontà di spingere lo spettatore ad una riflessione su quanto sta avvenendo in America, ma anche nel resto del Mondo, Italia in primis.

hostiles“Il film oggi è ancora più attuale rispetto a quando scrivevo la sceneggiatura. Ora c’è maggiore divisione razziale e culturale nel mio paese”, ha detto Cooper. “Questo film mi piacerebbe facesse partire un processo di riconciliazione e inclusione. In fondo il senso della pellicola è far comprendere al soldato e al capo indiano di essere due persone in grado di provare emozioni e compiere un viaggio fisico e interiore come fossero una persona sola”.

Il regista in conferenza stampa ha anche spiegato la scelta del genere western: “I western non vanno mai fuori moda. Piacciono per l’appagante manicheismo di gran parte di quei film, il maestoso panorama e l’idea del nemico da sconfiggere che in un western è quasi sempre un nativo americano. Questo film è un western solo per quanto riguarda l’ambientazione ma spero che sia un resoconto umanista che superi i confini di un genere cinematografico per illuminare la nostra esperienza umana. Ho voluto rendere omaggio a John Ford citando Sentieri Selvaggi (1956) ma anche a Cormac McCarthy e al fotografo Edward S. Curtis”.

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