Dopo aver ottenuto il Prix de la mise en scène a Cannes, Cold War (Zimna wojna), il dramma romantico polacco del talentuoso Paweł Pawlikowski è finalmente nelle sale italiane. Cold War compare nella shortlist agli Academy Award per la categoria del miglior film in lingua straniera.
Cold War: la sinossi
Polonia, 1950. Zula (Joanna Kulig) è una cantante giovane e ricca di talento. Viene ammessa alla scuola di musica e danza folkloristica polacca, fondata dal direttore d’orchestra, compositore e insegnate Wiktor (Tomasz Kot). Passerà poco tempo prima che allieva e maestro s’innamorino. La loro relazione nascerà e crescerà sullo sfondo bianco e nero della Guerra Fredda, in un’Europa frammentata e in profonda crisi.
Cold War: le nostre impressioni
Un amore impossibile in piena Guerra Fredda. Un dramma in bianco e nero che dipinge la relazione tossica e carnale tra allieva e maestro — beninteso, a suon di canzoni. Nell’arco di quindici anni, i due amanti si lasceranno per poi ritrovarsi passando dalla Polonia stalinista, a Berlino-est, da una Parigi bohémienne (forse troppo idealizzata?) alla Yugoslavia comunista. La loro relazione sarà dolorosa, potente ma priva di fronzoli. Il loro amore intenso e al contempo fugace rifletterà i tempi morti e mortiferi di un’Europa disunita e senza colori.
Si potrebbe dire che gli elementi del melodramma siano tutti presenti. Ciononostante il grande pregio del sesto lungometraggio di Paweł Pawlikowski è proprio quello di non cadere mai nella trappola del genere. Infatti, questo dramma romantico su sfondo bellico non fa mai appello alle emozioni di pancia. Al contrario, grazie alla sua spiazzante semplicità e schiettezza fora la patina superficiale dei buoni sentimenti e della lacrima da blockbuster.
Cold War tocca corde ben più profonde, evocando nello spettatore un senso di malinconia e d’irrequietezza che sfocia in un’amara rassegnazione, prossima all’immobilismo. In Cold War ritroviamo infatti la capacità di tradurre sul grande schermo un sentimento che per lungo tempo è stato materia prettamente letteraria: lo spleen. Trasposta sullo sfondo degli anni della Guerra Fredda, questa restituzione anacronistica è resa ancora più convincente da un equilibrio narrativo magistrale e dall’estetismo perfetto della pellicola. In altri termini, dalla camera che ama studiare i volti, i corpi e i dettagli dei protagonisti — attribuendo vitalità e sensualità al gioco della seduzione —, così come dalla saggia e virtuosissima scelta dell’uso del bianco e nero.
Il ritratto malinconico di questa relazione amorosa è una raccolta di frammenti, di ellissi temporali e delle disunioni dei due antieroi. Quest’ultimi, al contempo vittime e carnefici, sono incapaci di opporsi al fato che li vuole divisi e costantemente infelici. La frattura così come la disgiunzione e l’incompletezza costituiscono il tema principale del film: l’abilità di Pawlikowski sta nel saperlo declinare armoniosamente tra la piccola e Grande Storia. La ricostruzione dell’Europa ai tempi della Guerra Fredda è infatti abbastanza convincente e dettagliata, specialmente per quanto riguarda la riproduzione del regime sovietico. D’altronde, come ha affermato il regista, la musica è l’indicatore dei costumi di un paese, e i canti patriottici polacchi messi in scena in Cold War descrivono fin troppo bene l’atmosfera totalitarista che soffocava il paese. Forse, l’opposizione tra oriente e occidente è leggermente calcata nella riproduzione di uno stile di vita eccessivamente libertino e debosciato della Parigi anni ’50.
Nonostante questa minuscola remarque, il risultato finale di Cold War è un risultato di altissima qualità. Una qualità deve certamente molto alla performance dei due attori protagonisti. Cold War è difatti un film che difficilmente lascia la parola a personaggi satellitari, focalizzandosi piuttosto sul microcosmo di coppia e sul furor che contraddistingue questa relazione fagocitante e morbosa. Parrebbe addirittura che il regista si sia ispirato alla tumultuosa relazione dei suoi genitori, e che per interpretare il ruolo di Zula abbia scelto un’attrice imperscrutabile e sensuale, proprio come la madre. Sta di fatto che dopo Ida (2013), Cold War è un altro ritratto femminile ben riuscito: ma il merito va soprattutto alla brillante interpretazione di Joanna Kulig, che debutta gloriosamente sul panorama internazionale.
Cold War
valutazione globale - 8
8
Un gioiello del cinema polacco, spiazzante per la sua semplicità
Un giudizio in sintesi
Cold War è un film minimalista la cui semplicità stupisce profondamente. Stupisce per l’efficacia ma soprattutto stupisce per l’intensità. Questo dramma romantico di Paweł Pawlikowski racconta una storia d’amore straziante, capace di attraversare gli anni e le frontiere attraverso una simbiosi artistica e sensuale completa. La perfezione formale della realizzazione coadiuvata dall’eccellente interpretazione degli attori protagonisti fanno di Cold War un vero e proprio gioiello della filmografia polacca.
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