- scheda e trailer
- recensione
DATA USCITA: 23 febbraio 2017
GENERE: Drammatico
REGIA: Denzel Washington
ATTORI: Denzel Washington, Viola Davis, Mykelti Williamson, Saniyya Sidney, Russell Hornsby, Jovan Adepo, Stephen Henderson
NAZIONALITÁ: Stati Uniti
DURATA: 139′
DISTRIBUITO DA: Universal Picture Italia
Sinossi: È la storia di una ex promessa del baseball che lavora come netturbino a Pittsburgh e della complicata relazione che ha con la moglie, il figlio e gli amici.
Barriere, tratto dallo spettacolo teatrale vincitore del premio Pulitzer nel 1988, Fences di August Wilson, è la terza prova di regia dell’attore premio Oscar Denzel Washington dopo Antwone Fisher (2002) e Il potere della parola (2007). August Wilson scomparso nel 2005, riuscì a completare l’adattamento cinematografico prima della sua morte, il drammaturgo Tony Kushner ha poi adattato i dialoghi.
Barriere. La Trama
Il netturbino cinquantenne Troy Maxson (Denzel Washington) è un padre di famiglia robusto e supponente, cerca di crescere e proteggere la sua famiglia nei sobborghi degradati di Pitsburgh durante gli anni dell’integrazione razziale. Scappato da un padre violento e alcolizzato all’età di 14 anni, Troy vive un’adolescenza di miseria e rapine che presto lo condurranno in carcere. Quando ne esce, è un giovane pronto a rimettersi in riga: sposa Rose, rinuncia ai suoi sogni di giocatore professionista di baseball nella Negro League, e si prende cura dei figli e del fratello Gabriel, colpito da una granata durante la II Guerra Mondiale e rimasto disabile. Una vita di rinunce e vittima delle sue convinzioni errate, Troy non coglie gli innumerevoli suggerimenti di Rose, del suo migliore amico Bono e dei suoi figli Lyon e Cory che i tempi per gli afro-americani sono cambiati. Così ostacola i sogni del figlio Lyons (Russell Hornsby) di diventare musicista Blues e del secondogenito Cory (Jovan Adepo) di ottenere una borsa di studio per il College come giocatore di football. Nonostante le continue esortazioni dell’amico Bono (Stephen Henderson), la sua relazione extra-coniugale porterà anche all’allontanamento di Rose, la magistrale Viola Davis che nel suo ruolo di casalinga dimessa ma tenace eclissa lo stesso Washington. Il film procede dunque con una repentina discesa verso gli abissi del protagonista che, cercando in tutti i modi di controllare la sua vita e quella dei suoi cari dentro barriere anacronistiche, di fatto ne limita la felicità.
Troy Maxson, tra Edipo Re e Macbeth.
Troy è un perfetto esempio di eroe tragico: la cui ascesa e declino è dovuta ai suoi stessi errori di valutazione. Come un moderno Macbeth, l’accanimento del protagonista contro le ragioni dell’ovvio e i consigli dei suoi cari lo spingono a una fine di solitudine e miseria.
Molti sono i richiami alla Tragedia di Sofocle come nell’episodio della cecità temporanea causata dalle percosse subite dal padre e nello scontro tra Troy e suo figlio. Ma la cecità di Troy si riflette sopratutto in un’ottusa visione della vita che termina all’improvviso, senza possibilità di redenzione. Come nelle tragedie greche inoltre, l’esistenza dell’eroe è rivalutata solo dopo la sua scomparsa. Così, solamente nel giorno del suo funerale, i figli, la moglie tradita e l’amico di vecchia data ne ricordano il valore e i meriti.
Le barriere e gli spazi.
“Quando tuo padre camminava per la casa, era così grande che la riempiva tutta. Questo è stato il mio primo errore. Non fargli lasciare spazio per me…” – dice sul finale Rose al figlio Cory, ricordando Troy il giorno del suo funerale. Anche Rose vuole delle barriere per il suo giardino, per anni insiste che suo marito ne costruisca una solida che trattenga dentro i loro affetti: “Jesus be a fence all around me…”, canta Rose mentre stende il bucato. Per anni Troy ci lavorava, ma senza mai terminarla. Lei, che gli aveva permesso di prendere tutti gli spazi, solo ora ne rivaluta la determinazione. E così avevano fatto tutti gli altri. Finché non c’era più spazio per nessuno, e tutti si erano allontanati. Avevano scavalcato le barriere di Troy, e lo avevano lasciato da solo. Come dice la stessa Rose:
Alcune persone costruiscono recinti per tenere la gente fuori, e le altre persone a costruire recinti per tenere la gente dentro.
Barriere: il mio giudizio.
Senza scomodare Edipo o Macbeth, il film è tragicamente coinvolgente. Ho apprezzato l’introduzione graduale dei personaggi e con loro il susseguirsi di eventi che, anziché sommarsi, si attorcigliano, esasperando così il pathos del film. Le performances di Denzel Washington e di Viola Davis sono davvero toccanti, da Oscar. Lei soprattutto, nel ruolo dimesso di casalinga eternamente-in-grembiule, che tuttavia lotta con fermezza per tenere unita la famiglia. Gli occhi umidi di lacrime che non scendono mai, e la bocca stretta in una curva di amarezza per non lasciarsi andare. Lui, appesantito e ingrigito ma ancora possente, è l’esempio perfetto dell’anti-eroe in declino creato da Wilson. Nonostante ciò, la narrazione è a tratti lenta e soffre un po’ della sceneggiatura pensata per il teatro. I personaggi – ne contiamo in tutto 7 -, e i loro dialoghi, sono costretti nella cornice monotona che raramente esce del giardino e della squallida casa di periferia. Barriere è tuttavia un bel film, ben interpretato e commovente.
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Barriere
valutazione globale
l'eroe tragico di Denzel Washington