Dopo The Handmaid’s Tale, L’altra Grace, un nuovo racconto tratto da un romanzo di Margaret Atwood, con Sarah Gadon protagonista in grande spolvero, in una narrazione dura, difficile, ma pregna, come sempre, di significati.
L’altra Grace, sinossi
In L’altra Grace (in originale Alias Grace), Grace Marks (Sarah Gadon) è una donna incarcerata da lungo tempo nelle prigioni canadesi nella seconda metà dell’800, per un terribile delitto del quale è stata ritenuta complice e ispiratrice. Ma non tutti credono alla sua colpevolezza, per cui un giovane medico, antesignano della psichiatria, (Edward Holcroft) viene chiamato dagli Stati Uniti per parlare con Grace e fornire la prova della sua innocenza. Ma non sempre, tutto è ciò che sembra.
L’altra Grace, le nostre impressioni
L’altra Grace è un racconto, scritto da Margaret Atwood (The Handmaid’s Tale), che ha l’apparenza di un period drama, che ci porta a immergerci nell’America di metà 800, in una storia che sembra il racconto di un delitto feroce, ma in realtà nasconde e svela molti temi, tanto cari alla scrittrice, che comprendono la condizione femminile e le sue vessazioni, ma che arrivano anche a quella disperazione che è tipica dei popoli che fuggono dalla loro casa per arrivare ad un futuro migliore che quasi mai si concretizza.
Lo show vuole essere anche una raffinata indagine psicologica e la descrizione dei traumi e delle malattie che possono portare una persona a essere una persona molto particolare, eliminando la colpa e cercando la comprensione di difficoltà che trascendono da se stessi.
Ma primariamente la donna: il senso profondo di questo, come di altri lavori della Atwood, è che ogni essere umano che nasca donna, nasce potenzialmente e spesso vive realmente come una vittima. Vittima degli uomini, vittima della società, vittima del pregiudizio. Man mano che andiamo avanti con la narrazione e man mano che si scopre quello che è successo o quello che presumiamo possa essere successo, diventa sempre più chiaro quanto tutto questo sia irrilevante. Quello che veramente conta è l’ineluttabilità di certe conclusioni per una vicenda, se il presupposto è quello di vivere nella condizione di vittima. Rafforza questo concetto il fatto che la narrazione del passato sia fatta sempre ed esclusivamente dal punto di vista di Grace e tramite la sua memoria, incredibilmente precisa quanto drammaticamente labile nei momenti fondamentali.
Verità? Finzione? Ribadiamo, niente di questo è importante, perché noi non vogliamo sapere veramente se Grace è colpevole o innocente, perché in entrambe i casi è vittima, tanto quanto lo sono tutte le altre donne presenti nel racconto.
Ma Grace, come altri uomini e donne nel racconto, è anche un profugo, una persona che cerca una vita migliore, prima fuggendo dall’Irlanda al Canada e poi verso gli Stati Uniti, ma il futuro migliore non arriverà mai, se non in un finale forse troppo assolvente per lo spettatore, ribadendo anche in questo filone che quando uno nasce vittima, la miseria gli viene incollata addosso dalla società.
L’ultimo spunto molto interessante che viene analizzato in questa serie è quello psicologico: una donna ritenuta da (quasi) tutti malvagia forse è semplicemente malata o, come in alcuni momenti sembra, leggermente bipolare o schizoide. Anche questo passaggio serve a ribadire, usando una società meno evoluta della nostra come sterilizzazione del concetto, che spesso la realtà è molto più complessa rispetto a situazioni semplicistiche e rassicuranti che servono a far sentire il popolo maggiormente a suo agio.
L'altra Grace
Valutazione Globale - 8
8
Doloroso dramma femminile
L’altra Grace, un giudizio in sintesi
L’altra Grace è uno show con un ritmo compassato, che usa una narrazione fatta di ricordi raccontati durante sedute che potremmo definire psichiatriche e che quindi smorza l’azione per concentrarsi maggiormente sul messaggio e sui contenuti che vengono raccontati, quindi non è assolutamente uno spettacolo “di intrattenimento” ma una lunga riflessione. Il formato corto della serie, solamente sei episodi, comunque, fa si che la concentrazione possa rimanere elevata quanto necessario.
Gli attori sono veramente bravi, specialmente una Sarah Gadon, capace di passare attraverso diverse personalità e sfaccettature, dalla debolezza al gelo, così come la regia e il montaggio della serie sono estremamente curati e capaci di dettare un ritmo spezzettato ma avvolgente. Un’esperienza da fare.
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