Home / Recensioni / Curon: recensione della serie mistery Netflix
Il campanile di Curon

Curon: recensione della serie mistery Netflix

La recensione della prima stagione di Curon, la serie italiana Netflix disponibile nel catalogo a partire da mercoledì 10 giugno 2020.

Curon: trama

Anna è appena tornata a Curon, sua città natale, insieme ai suoi gemelli adolescenti, Mauro e Daria. Quando Anna scompare misteriosamente, i ragazzi dovranno intraprendere un viaggio che li porterà a svelare i segreti che si celano dietro l’apparente tranquillità della cittadina e a trovarsi faccia a faccia con un lato della loro famiglia che non avevano mai visto prima. Scopriranno che si può scappare dal proprio passato ma non da se stessi.

Curon: le nostre impressioni

C’è una leggenda in quel di Curon, piccolo comune del Trentino che dista pochi chilometri dal confine austriaco. La leggenda vuole che dal campanile che emerge dal lago di Resia, che ricopre la vecchia cittadina di Curon, provenga, in alcune giornate d’inverno, quelle più fredde e buie, il suono delle campane. C’è un particolare: le campane sono state rimosse dal campanile nel 1950.

Una scena di Curon

E’ da questa premessa che gli autori Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano hanno preso spunto per scrivere i sette episodi che compongono la prima stagione di Curon, quarta produzione seriale italiana made in Netflix. Una serie che fin dalla sua scarna sinossi, rilasciata sul web ormai diversi mesi fa, faceva venire l’acquolina in bocca. Gli ingredienti c’erano tutti per fare di Curon una serie intrigante, che per i temi che affronta – il soprannaturale e l’horror su tutti – rappresenta un unicum nel panorama italiano. E invece tocca constatare l’ennesimo tentativo andato vuoto per le serie tricolori Netflix, al netto di qualche passaggio un po’ più convincente.

All’interno della trama della serie non ci si può addentrare più di tanto, ed è anche giusto così: quando al centro di tutto ci sono misteri e ripetuti colpi di scena, sarebbe un peccato rovinare la sorpresa a chi ancora deve vedere la serie. Possiamo solo dire che Curon mette sul fuoco tanti, troppi temi – l’eterna lotta del bene contro il male, il doppio, il coming-of-age, i rapporti familiari – che, oltre ad essere non poi così originali (ma d’altronde cosa c’è di originale al giorno d’oggi?), la serie tratta con un po’ troppa superficialità. E’ la scrittura, nel suo complesso, a sfuggire più volte al controllo degli autori. Quando sembra di essere arrivati a un punto di svolta, la serie ripiomba di colpo nella sua mediocrità. E questo lo si intuisce fin dal primo dei sette episodi, quello che presenta al pubblico i protagonisti. Un episodio che non fa ben sperare per il prosieguo della serie, che però, di tanto in tanto, azzecca dei momenti buoni.

La serie, come capita spesso con le produzioni Netflix, viene quasi fin da subito “divorata” dalla presenza massiccia dei personaggi più giovani, accantonando quanto più possibile gli adulti, che hanno il compito di portare avanti da soli la trama mistery, trovandosi spesso però in situazioni al limite del paradossale. A una serie supernatural non si chiede certo un’adesione alla realtà, ma una verosomiglianza e una coerenza con i temi trattati sì, quelle sono particolarmente apprezzate. Così come sarebbe stata apprezzata di più una recitazione da parte del cast un po’ meno enfatica e meno impostata di quella vista nell’arco della prima stagione. Un cast che va da Valeria Bilello (Anna) a Luca Lionello (il padre di Anna) fino ad Anna Ferezetti (nel ruolo della professoressa della scuola del paese).

Valeria Bilello in Curon

Ma c’è qualcosa che funziona in Curon? Sì, qualcosa sì, tipo quando la serie prova a raccontare i traumi del passato di Anna, che si repercuotono sul suo presente e su quello dei suoi due figli avuti quando era ancora giovanissima. Si può sfuggire dal proprio passato, cambiare città e provare a ricominciare da capo. Ma non si può in ogni caso sfuggire da se stessi. Questo sembra voler dire la serie, inciampando, rialzandosi e sbandando nuovamente. Il tutto ambientando la storia nei paesaggi rigidi ma al contempo affascinanti della Val Venosta. Scenari che rivestano un’importanza particolare e che forgiano anche il carattere spigoloso e chiuso dei suoi abitanti, guardinghi nei confronti di chi torna a sconquassare gli equilibri già precari di Curon.

Curon - Prima stagione

Valutazione globale - 5

5

Altalenante

User Rating: 1.38 ( 5 votes)

Curon: giudizio in sintesi

La prima stagione di Curon, che batte bandiera italiana, si presenta al pubblico con un carico di aspettative che per la maggior parte vengono disattese. La leggenda del campanile “immerso” nel lago della cittadina del trentino fa da spunto per il racconto di una storia che mischia molte tematiche con un po’ troppo di superficialità. Anche la recitazione cede spesso all’overacting risultando finta e poco credibile. Le poche volte che Curon convince lo fa quando si lascia completamente andare al cuore della serie, che non possiamo e non vogliamo svelare, ma che regala momenti intrisi di horror. Le atmosfere dei paesaggi montani del trenitno ricordano molto da vicino serie come Dark e Les Revenants, con cui la serie condivide anche alcune tematiche.

Seguici su Facebook!

About Daniele Marseglia

Ricordo come se fosse oggi la prima volta che misi piede in una sala cinematografica. Era il 1993, film: Jurrasic Park. Da quel momento non ne sono più uscito. Il cinema è la mia droga.

2 comments

  1. Trentino tua sorella!
    Curon si trova in Alto Adige (o Südtirol), nome con il quale si identifica la provincia di Bolzano. La quale fa parte della regione chiamata appunto Trentino Alto Adige.
    Prego correggere.

  2. La trama può piacere oppure no ma il contesto in cui è collocato il film è completamente sballato… non si sono nemmeno degnati di informarsi del luogo dove hanno collocato la narrazione. Curon Venosta è di lingua tedesca: nella serie tv i locali hanno accento veneto, i figli (cresciuti a Rogoredo, Milano) hanno accento romano, la madre (cresciuta in una vallata di lingua tedesca e poi trasferitasi a Milano, non ha nulla di altoatesino), per non parlare del padre, un uomo di quell’età, cresciuto a Curon, dovrebbe fare fatica a parlare italiano.. Non pretendo che il film venga recitato in lingua tedesca con sottotitoli, ma almeno un minimo accenno alla minoranza linguistica doveva esserci…E’ come se gli attori della serie tv di Montalbano avessero l’accento bergamasco: risulterebbe ridicolo come infatti risulta ridicola e fuori contesto questa serie tv.
    Non parliamo dell’albergo: non ha il minimo oggetto/arredamento/colore che richiami al Süd Tirol. Probabilmente non è nemmeno in zona ed è stato girato altrove. Curon Venosta farà la fine di “A un passo dal cielo”, dove il lago di Braies fu preso d’assalto da romani che si illudevano di trovare Terence Hill a cavallo e si lamentavano perché gli altoatesini non capivano una parola di quello che dicevano… Peccato che nemmeno le produzioni cinematografiche italiane si degnino di far conoscere degli aspetti culturali e sociali importanti, che, pur essendo minoranze, fanno parte della nostra Italia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *