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Sotto la pelle del lupo

Sotto la pelle del lupo: la recensione del film Netflix con Mario Casas

Sotto la pelle del lupo, opera prima di Samu Fuentes, è un film prodotto da Netflix uscito il 6 luglio.

Sotto la pelle del lupo: sinossi

Sotto la pelle del lupoIn un luogo ed in un tempo imprecisati, arroccato su un minuscolo villaggio montano totalmente abbandonato, vive Martinon (Mario Casas), un rude ed abbrutito cacciatore che ha sporadici contatti con la civiltà. Duro e scorbutico quanto gli inverni che lo colgono con le loro tormente di neve, lo scontroso Martinon vende le pelli degli animali che uccide e provvede in totale autonomia ai suoi bisogni. Un giorno, al villaggio, incontra una mugnaia e decide di portarla con sé; ma quando ella morirà lasciandolo solo, il cacciatore tornerà in paese per riscuotere dal padre della giovane il pagamento dovuto. Sarà la sorella della mugnaia a finire in casa del cacciatore, in una vera e propria reclusione forzata nella quale la legge di natura sembra l’unica a regnare incontrastata.

Sotto la pelle del lupo: le nostre impressioni

Samu Fuentes, all’esordio da regista, opta per un film asciutto e tendente alla sottrazione in ogni ambito. Lo spettatore viene bombardato con un silenzio assordante per quasi tutta la durata del film: non una parola viene pronunciata nei quindici minuti iniziali, quando il protagonista Martinon non fa altro che eseguire tutte le operazioni necessarie alla sua sopravvivenza. Caccia; scuoia cervi; cucina le carni; conduce al pascolo gli animali; coltiva la terra; accende fuochi; si ripara dal gelo. La sua vita è scandita da bisogni primari. Ripetitiva e silenziosa. Non c’è spazio per nient’altro.

Sotto la pelle del lupoMartinon è un solitario che obbedisce alla legge più vecchia del mondo, ossia quella della natura nella quale è immerso. In questo senso è un personaggio quasi archetipico, trait d’union tra la Natura e la Cultura, esponente di un’umanità che pian piano – strumentalmente ancor più che in virtù di autentici sentimenti – inizia ad intessere relazioni sociali per ripararsi dai colpi del fato. In effetti, il cacciatore non fa che obbedire agli istinti quasi primordiali, gli stessi che lo portano quasi a violentare una mugnaia che, forse altrettanto strumentalmente, lo segue in nome di un disegno ordito dal padre. Fuentes ci presenta un’umanità “raffreddata” e ridotta ai minimi termini, ben poco incline al romanticismo e dove nessuno cede a facili sentimentalismi. La sopravvivenza, il tornaconto ed il calcolo sono i centri propulsori di ogni azione.

Sotto la pelle del lupoTutto il film corre sul binario dell’utilitarismo nudo e crudo, a nulla servono le figure femminili introdotte nella storia in maniera a volte forzata. Fuentes non cessa mai di reiterare il messaggio-cardine, specie attraverso il ruolo del protagonista che viene meccanicamente interpretato da un Mario Casas incolpevole ed impalpabile: sotto la barba folta, e costretto ad esibire un personaggio tanto muscolare e ruvido, l’attore spagnolo lavora davvero sul personaggio quasi soltanto attraverso gli sguardi, che per quanto intensi non possono mai esprimere altro che rigida ed animalesca fermezza. Colpa, forse, di una sceneggiatura che ingabbia Martinon in situazioni fin troppo identiche le une alle altre, cercando di veicolare un messaggio che, a nostro avviso, è già chiaro ben prima di quanto il regista creda. Non tocca una sorte migliore alle due protagoniste femminili della vicenda, poco più che silenti comparse: la prima, vittima sacrificale sull’altare di una natura umana ferina e spietata; la seconda, invece, appena più sfaccettata e simbolo di (personalissima) rivalsa, in grado di affrontare le angherie di Martinon e bruscamente fatta fuori dalla storia non appena il suo scopo è raggiunto. Sotto la pelle del lupo, in definitiva, manca del tutto l’obiettivo di tracciare un ritratto ancorché minimo dei protagonisti, cosa che con ogni probabilità avrebbe reso più fluido lo scorrere degli eventi narrati.

In una narrazione che fa moltissima fatica a svilupparsi, la fotografia convince assai più della trama, sebbene catturi più gli occhi che la mente dello spettatore. Nonostante qualche inquadratura fin troppo ingenua e didascalica, Fuentes esibisce scorci e vedute assai suggestive, che a tratti giustificano da soli la visione della pellicola. Nonostante in alcuni momenti l’utilizzo del chroma key sembri poco curato, non c’è dubbio che alcuni utilizzi del dolly (specie quello finale, inverosimile sì ma assolutamente azzeccato) lascino senza fiato, trasmettendo non solo la brutalità di luoghi inospitali, ma soprattutto la profonda solitudine dell’archetipico Martinon, andato incontro ad un destino inaspettato.

Sotto la pelle del lupo

Valutazione globale - 5.5

5.5

Silenzio e brutalità tra natura e cultura.

User Rating: 4.55 ( 2 votes)

Sotto la pelle del lupo: un giudizio in sintesi

Sotto la pelle del lupoAl suo esordio in regia, Samu Fuentes confeziona un’opera ambiziosa ma insufficiente sotto più punti di vista. Il cacciatore Martinon, solitario, schiavo dei suoi soli istinti e necessità fisiologiche, rappresenta un’umanità governata dal gelido e inflessibile utilitarismo: nessun sentimento alberga nell’uomo quando egli deve limitarsi a sopravvivere. Efficace nel veicolare tanta spietatezza, Sotto la pelle del lupo manca clamorosamente nell’approfondimento psicologico dei personaggi, ingessati in una trama che avrebbe potuto comunicare le medesime tematiche anche insistendo meno in certe scene, reiterate oltre ogni limite. L’opera di Fuentes, senz’altro poco adatta al pubblico femminista, si trascina stancamente fino alla fine senza mai coinvolgere davvero lo spettatore. Che trova più gradevole una fotografia suggestiva, anche se non esente da qualche imperfezione.

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About Vito Piazza

Tutto inizia con Jurassic Park, e il sogno di un bambino di voler "fare i film", senza sapere nemmeno cosa significasse. Col tempo la passione diventa patologica, colpa prevalentemente di Kubrick, Lynch, Haneke, Von Trier e decine di altri. E con la consapevolezza incrollabile che, come diceva il maestro: "Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato".

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