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Festival di Cannes 2018: il bilancio finale dell’edizione numero 71

Ancora poche ore e sul Festival di Cannes, edizione numero 71, calerà definitivamente il sipario. Poco prima dell’ora di cena conosceremo il film vincitore della Palma d’Oro, compreso chi si è aggiudicato tutti gli altri premi.

Ma, venendo alle cose concrete, che bilancio possiamo fare di questa edizione 2018 di Cannes?

La querelle tra Cannes e Netflix ha contraddistinto i giorni precedenti l’inizio del Festival, per non parlare del divieto di farsi i selfie sulla Montée de Marche (il loro tappeto rosso). Qualcuno è riuscito ad aggirarlo? Questo non c’è dato saperlo. Quello che sappiamo è che queste due polemiche (se polemiche lo sono mai state) hanno lasciato spazio ad un problema ben più grande per chi i Festival li frequenta, ovvero quello di un programma che, sulla carta, non prometteva niente di eccezionale.

La sorpresa del programma di Cannes:

Festival di Cannes  Kirill SerebrennikovDiciamoci la verità, anche i critici cinefili più incalliti hanno fatto fatica a digerire nomi come Kirill SerebrennikovA.B Shawky inseriti in Competizione. Da il Festival del cinema più prestigioso al mondo ci si aspetta sempre il nome ad effetto, quello conosciuto, quello “con lui si va sul sicuro”. Va dato atto a Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes, di aver effettivamente osato dopo le critiche del “lui porta a Cannes sempre i soliti nomi”. Così è stato e, effettivamente, dopo oltre dieci giorni di film, la Selezione Ufficiale di quest’annata si è dimostrata una piacevole sorpresa.

Il poker d’assi dell’Asia

La parte da leone al Festival di Cannes l’ha fatta il cinema orientale che ha calato un poker d’assi partito con il convincente Ash is Purest White di Jia Zhangke, per poi continuare con l’ottimo Shoplifters di Kore-Eda Hirokazu, proseguendo con il dirompente Burning Lee Chang-Dong e terminando con Netemo Sametemo (Asako I & II) di Ryusuke Hamaguchi. Probabile che tra quattro appena citati si possa nascondere anche la Palma d’Oro di questa edizione. Sarebbe quasi uno scandalo se nessuno di loro si portasse a casa almeno un premio.

E l’Italia?

Festival di Cannes DogmanL’Italia, dal canto suo, non ha sfigurato più di tanto con il Dogman di Matteo Garrone che non ha tradito le aspettative. Molti lo considerano il miglior film girato dal regista di Gomorra, ed effettivamente è difficile dargli torto. Di Alice Rohrwacher abbiamo apprezzato il suo essere tremendamente coraggiosa con Lazzaro Felice, a costo anche di non riuscire completamente nel suo intento e sfornare un film poco più che mediocre. Al pubblico del Festival di Cannes il film è piaciuto tanto da concedergli 10 minuti di applausi. Sarà così anche per quanto riguarda la giuria capitanata da Cate Blanchett?

Attese e ritorni

Se Farhadi, che ha avuto l’onore di aprire le danze con Everybody Knows, torna alle solite tematiche del suo cinema convincendo a metà, Spike Lee si è contraddistinto per un un film, BlackKklansman, molto ben confezionato, dove risiede e dove si percepisce tutta la rabbia del regista di Atlanta contro una situazione, quella dei diritti civili in American, che ancora lo (e ci) preoccupa notevolmente.

Festival di Cannes Le livre d'imageJean-Luc Godard, classe 1930, con Le Livre d’Image è, come gli succede ormai da qualche anno, un fiume in piena. C’è tutto e di più nel suo (non) film: cinema, letteratura, musica, arte e via dicendo, mischiati insieme per raccontare la crisi che sta vivendo l’Occidente, guardando a Est dove sta per nascere un qualcosa di non meglio precisato.

Il cinema francese ha detto la sua anche con En Guerre di Stéphane Brizé che ritrova un grande Vincent Lindon dopo La legge del mercato, presentato sulla Croisette qualche anno fa. Si parla di lavoro, quello che viene a mancare tutto ad un tratto, ad un età per la quale è difficile comprendere come si possa andare avanti senza.

Da salutare, anche con una punta di affetto, il ritorno a Cannes del regista iraniano Jafar Panahi con Three Faces, di cui vi abbiamo già detto la nostra a riguardo.

Trionfa il bianco e nero

A molti è piaciuto anche il nuovo lavoro di Pawel Pawlikowski, Cold War, il lungo racconto di una storia d’amore nel corso di alcuni decenni. Film girato dal regista polacco premio Oscar tutto in bianco e nero, così come in bianco è nero è il film russo Kirill Serebrennikov Leto, accolto tiepidamente dalla critica.

Le ultime cartucce della Competizione Cannes le ha sparate con l’atteso ritorno di un ex Palma d’Oro come il turco Nuri Bilge Ceylan con The Wild Peer Tree, il più che modesto Un couteau dans le coeur di Yann Gonzalez e il dramma del regista kazako Sergey Dvortsevoy Ayka.

La marcia delle donne sul tappeto rosso del Festival di Cannes

Festival di CannesE’ stato indubbiamente un’edizione dove il gentil sesso si è fatto sentire, non tanto in un concorso che ha proposto due film decisamente mediocri (quelli della Labaki e della Husson), quanto per la marcia delle 80 donne sul tappeto rosso per chiedere a gran voce la parità dei diritti anche nel mondo del cinema. Niente da aggiungere a riguardo.

Il ciclone Lars Von Trier

Non vi abbiamo parlato ancora del ciclone Lars Von Trier, di ritorno sulla Croisette fuori competizione dopo le infelici dichiarazioni del 2011 in conferenza stampa che lo avevano radiato dal Festival. Il nuovo lavoro, The House that Jack Built, è una lunga seduta psicologica che il regista danese fa tra sé e sé, tra la sua parte più impulsiva, quella senza freni e inibizioni di nessun tipo, e quella più contenuta, che cerca di dare una spiegazione ai suoi pensieri. Il film è stato accusato di efferata violenza, con l’esodo di un centinaio di persone dalla proiezione ufficiale del pubblico. Sì, scene violente ce ne sono, ma niente di così particolarmente sconvolgente. Per dire, uno splatter-movie è molto più truculento. Se qualcosa può dar fastidio in questa grande opera di Von Trier è forse più la violenza psicologia propinata che quella fisica.

Festival di Cannes Lars Von TrierComunque vada sarà un’edizione che ricorderemo per averci sorpreso positivamente, anche dal punto di vista logistico. Non si sono viste le code degli anni precedenti, segno sicuramente di una netta minor presenza della stampa ma anche di una buona riorganizzazione delle proiezioni dopo l’eliminazione dello slot dedicato alla sola stampa.

Che vinca il migliore e…à bientôt Cannes.

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About Daniele Marseglia

Ricordo come se fosse oggi la prima volta che misi piede in una sala cinematografica. Era il 1993, film: Jurrasic Park. Da quel momento non ne sono più uscito. Il cinema è la mia droga.

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