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Amy Poehler, Maya Rudolph, Rachel Dratch, Emily Spivey, Paula Pell e Ana Gasteyer in Wine Country

Wine Country: la recensione del film Netflix con Maya Rudolph

Wine country è il titolo della commedia disponibile su Netflix dal 10 maggio. Diretta da Amy Poehler, che compare nella doppia aveste di attrice e di debuttante regista, l’opera annovera un cast tutto al femminile in cui figurano Maya Rudolph, Rachel Dratch, Emily Spivey, Tina Fey, Paula Pell e Ana Gasteyer.

Wine Country: la sinossi

Emily Spivey, Paula Pell e Maya Rudolph in Wine Country

Per festeggiare il cinquantesimo compleanno di un’amica, un gruppo di donne di mezz’età decide di trascorrere qualche giorno in una casa della California del nord. Tra vino consumato a fiumi, improbabili gite e piccole dosi di MDMA, le amiche di vecchia data scopriranno acredini, risentimenti e malumori reciproci.

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Emily Spivey, Amy Poehler e Maya Rudolph in Wine Country

L’attrice Amy Poehler debutta alla regia con un’opera tutta al femminile, che si concentra su tematiche affrontate innumerevoli volte ed in svariate salse. Wine country, per l’occasione, conduce un’ironica riflessione sull’amicizia e sulle consapevolezze. Il gruppo di amiche si troverà infatti a fare i conti non solo con la tirannia dello scorrere inesorabile del tempo, ma soprattutto ad affrontare malumori interni al gruppo, a lungo ignorati e proprio per questo potenzialmente corrosivi. Ciascuna delle protagoniste, in definitiva, sarà messa di fronte sia ai propri personali turbamenti, sia alle proprie responsabilità nei confronti della comunità rosa, qui inteso come un ente concreto e reale, un organismo vivente su (precari) meccanismi e delicate regole, così come su necessarie e benevole reticenze.

Il meccanismo narrativo di Wine country è banale e scontato: la regista sceglie i topoi del viaggio e della “formazione”, dove – altrettanto prevedibilmente – il primo è del tutto funzionale alla seconda. L’allontanamento delle donne (dagli impieghi, dalle famiglie e dai figli, da ogni tipo di quotidianità) non è solo fisico e geografico, ma prima di tutto terapeutico. La consapevolezza – pare suggerirci la Poehler – è qualcosa di sfuggente, almeno finché non la si metta a fuoco alla debita distanza. È nella lontananza che le ruggini sopite riescono a venir fuori, aiutate da una buona dose di alcol.

Amy Poehler e Maya Rudolph in Wine Country

All’interno di Wine country le insufficienze sono parecchie. Anzitutto, come detto, una storia già raccontata e qui offerta in una veste narrativa assolutamente poco originale. Lo sviluppo dei personaggi, in secondo luogo, è a dir poco sconfortante. Ci pare francamente eccessivo il numero di protagoniste presenti sulla scena, a meno di non avere le capacità di un Altman o di un Paul Thomas Anderson prima maniera. La Poehler dimostra di non essere perfettamente in grado di gestire un coro tanto raffazzonato, ed il numero dei personaggi finisce per condurre la narrazione in un misto di improvvisazione ed estemporaneità. A più riprese si avverte chiaramente l’impossibilità e l’incapacità di offrire un minimo approfondimento emotivo iniziale, così come un significativo sviluppo in corso d’opera, e la regia cade vittima di un faticosissimo lavoro di collage tutt’altro che organico e convincente. La lacuna, lampante, è ancor più vistosa in considerazione della natura del film, essendo Wine country un’opera che vive quasi esclusivamente di dialoghi, esibizioni emotive e confessioni a denti stretti. La classica crisi di mezz’età descritta dalla Poehler ricorre al registro dell’umorismo e dell’ironia, talvolta irriverenti e talvolta prevedibili, quando non grossolanamente volgari. Ma nel complesso, nemmeno questi meccanismi riescono a risollevare le sorti di un film che ha poco da offrire in quanto a sincero divertimento.

Maya Rudolph, Rachel Dratch e Amy Poehler in Wine country

Il tono complessivo di Wine country, sottilmente disperato più che spassoso, è ben restituito dalla discreta interpretazione di tutto il cast. Le attrici risultano abbastanza in parte, ed alcune interpretazioni (in particolare quella di Maya Rudolph, leggermente al di sopra delle colleghe) risultano quasi ingabbiate nelle striminzite maglie di una trama sbrigativa e pretestuosa. La sensazione che Wine country lascia nello spettatore, purtroppo, è quella di aver assistito ad un succedersi di eventi superficiali e prevedibili, che non possono non lasciare il retrogusto di un immenso ed inutile caos.

Grossolana, infine, la fotografia: troppo patinata e perfetta, quasi fastidiosa, perfino per un film sostanzialmente senza alcuna pretesa.

Wine country

valutazione globale - 4.5

4.5

Commedia al femminile prevedibile, involontariamente comica e superficiale

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Wine Country: giudizio in sintesi

Amy Poehler, Maya Rudolph, Rachel Dratch, Emily Spivey, Tina Fey, Paula Pell e Ana Gasteyer in Wine country

Wine country non è altro che l’ennesima commedia tutta in rosa incentrata sui temi dell’amicizia e della presa di coscienza (del tempo che trascorre inesorabile, delle tensioni insite in ogni rapporto, dell’opprimente quotidianità) del sé. Sfruttando il meccanismo del viaggio di formazione/scoperta, il prodotto firmato da Amy Poehler si rivela scontato e superficiale. A nulla servono i tentativi di far divertire lo spettatore ricorrendo alla facile ironia ed alle situazioni grottesche. Il numero eccessivo di personaggi di fronte alla macchina da presa finisce per soffocare la narrazione, che inizia e si conclude all’insegna del caos: nessun approfondimento psicologico, nessuno sviluppo emotivo significativo delle protagoniste. A parte la buona prova del cast, quasi nulla si salva. Compresa una fotografia francamente nauseante nella sua perfezione.

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About Vito Piazza

Tutto inizia con Jurassic Park, e il sogno di un bambino di voler "fare i film", senza sapere nemmeno cosa significasse. Col tempo la passione diventa patologica, colpa prevalentemente di Kubrick, Lynch, Haneke, Von Trier e decine di altri. E con la consapevolezza incrollabile che, come diceva il maestro: "Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato".

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