La recensione di The Good Cop, serie poliziesca disponibile su Netflix con Tony Danza, Josh Groban, Monica Barbaro, Isiah Whitlock Jr.
The Good Cop: la sinossi
The Good Cop segue le vicende del Tenente TJ Caruso della squadra omicidi della Polizia di New York che vive in casa col padre, ex poliziotto corrotto in libertà vigilata. Con una squadra eterogenea e di personaggi molto particolari si troverà ad indagare sul caso di turno.
The Good Cop: le nostre impressioni
Era un po’ di tempo che non vedevamo una serie procedurale quasi pura. La trama orizzontale in The Good Cop è infatti quasi inesistente, anche se questa prima stagione potrebbe essere solo un prologo per una seconda stagione con più spazio per l’approfondimento sia sul caso della madre del protagonista sia sulla possibile evoluzione del suo rapporto con la sua collega Cora.
Il tono del film è improntato ad un’estrema leggerezza, con un buonismo quasi da libro Cuore che ricorda molto le serie che tutti abbiamo visto in tv nel corso degli anni, come La signora in giallo. Pur essendo un poliziesco, le scene di violenza, sia verbale che fisica, sono ridotte al minimo indispensabile per mettere in moto il lavoro della squadra omicidi capitanata dal Tenente Caruso, così come sono praticamente inesistenti scene di sesso.
Nell’ottica di come è costruita la serie possiamo accettare i personaggi caricaturali, stereotipati e senza sfaccettature che si possono descrivere con due parole: il tenente dalla morale di ferro, il padre simpatico, il collega anziano senza più stimoli, la bella collega dal forte carattere ed il collaboratore nerd disadattato socialmente. Possiamo anche estendere la sospensione dell’incredulità accettando che tutti quasi tutti i dieci casi presentati siano direttamente od indirettamente collegati ai protagonisti.
The Good Cop: i personaggi ed i casi
Le storie sono semplici e, allo spettatore smaliziato che ha già esperienza di procedurali degli anni Settanta ed Ottanta, estremamente prevedibili. Probabilmente l’intento non era quello di creare casi interessanti, anche perché spesso poco dopo la metà dell’episodio scopriamo chiaramente l’assassino, ma di indagare in modo comico e grottesco su come questi casi si riflettano sui protagonisti. Sotto questo aspetto la serie si fa quasi irritante con i personaggi che di punto in bianco, senza apparente motivo, modificano il proprio granitico carattere per essere funzionali alla storia e spesso per non creare possibili fonti di disturbo a quell’aurea di patinato buonismo per poi tornare esattamente come prima alla fine dell’episodio.
I tempi sono cambiati e lo spettatore è differente da quello di trent’anni fa e non è possibile avere una serie, seppur procedurale, che coinvolge in modo diretto i protagonisti senza che questi non rimangano colpiti dagli accadimenti e non evolvano minimamente nel corso delle dieci puntate.
Sempre rimanendo sui protagonisti troviamo una poco coerente costruzione dei loro personaggi fin dall’inizio. L’idea interessante di accostare due personaggi con una morale completamente differente, ma che sono padre e figlio, fanno lo stesso mestiere e sono segnati da un terribile evento viene vanificato dal poco approfondimento e dalla mancanza di forti fonti di contrasto. Tony Caruso, il padre, ci viene descritto a tratti come un mezzo boss malavitoso con amici in vista (vedi episodio del ristorante) con un senso della morale non molto spiccato ma a tratti diventa un buon samaritano, che fa sempre la scelta giusta pur non essendosi mai redento. TJ, il figlio, ha quella faccia da “pesce lesso” per quasi la totalità degli episodi, è imbranato ed ossessionato dalle regole ma è comunque un ufficiale della squadra omicidi, perfetto nel suo lavoro, con le abilità di Mel Gibson in Arma Letale a sparare e bacchetta solo bonariamente un padre che ha vissuto (pare) di criminalità e menzogne per gran parte della sua vita. Coerenza questa sconosciuta anche in un episodio (quello del bowling) in cui il buon TJ impazzisce senza motivo e diventa arrogante e lassista, così come in un altro episodio il tanto perspicace Tenente non si accorge di avere un criminale che sta ricercando in casa solo perché questo si finge donna ed indossa una parrucca.
Il rapporto padre-figlio poteva e probabilmente doveva essere uno dei focus di maggiore importanza dello show, ma non viene mai propriamente analizzato. Così come doveva essere una parte importante l’elaborazione e l’accettazione del lutto, a seguito di un evento mai chiarito del tutto, e dell’impatto che questo ha in due caratteri completamente differenti. Ma anche qui più di qualche scena senza pathos non troviamo. Tony Caruso lo vediamo anche frequentare altre donne dopo la scomparsa della moglie ma sono personaggi perlopiù inutili, senza scopo, appena funzionali alla narrazione ma soprattutto che arrivano e spariscono nel nulla, senza alcuna spiegazione.
Veramente troppo poco pungente e con casi prevedibiliThe Good Cop
Valutazione globale - 5
5
The Good Cop: un giudizio in sintesi
The Good Cop è un tentativo di riportare alla ribalta un genere di serie procedurale dai toni estremamente rassicuranti. Purtroppo lo spettatore moderno, pur nella leggerezza, ha bisogno di una costruzione dei personaggi solida, di conflitti da risolvere e da storie credibili ed originali. In tutto questo The Good Cop, pur rimanendo un prodotto di puro intrattenimento non inguardabile, non riesce.
In ottica Netflix, nonostante la sigla che risulta essere una sorta di prologo per l’episodio successivo, non saranno in molti gli utenti a dedicarsi ad un binge watching estremo.
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