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Resina: la recensione dell’opera prima di Renzo Carbonera

In Resina, opera prima di Renzo Carbonera, con Maria Roveran e Thierry Toscan, sono protagonisti la montagna e i cambiamenti climatici che soffre, la sua natura possente abitata dall’uomo che cerca di dominarla e scende a patti con la durezza delle condizioni di vita, la sua bellezza trasformata in musica, e molto altro ancora. Il film è stato presentato in anteprima al Trento Film Festival ed è uscito nelle sale il 31 maggio, distribuito da Parthenos.

Resina: la sinossi

resinaResina mette al centro della narrazione una giovane violoncellista che torna a casa dopo la morte di suo fratello. Ad attendere Maria ci sono una madre chiusa nel suo mutismo e una cognata orgogliosa che dovrà imparare a conoscere. Sara è risucchiata dal dolore della perdita e indurita dalle vicissitudini del quotidiano che incombono come macigni sulla sua giovane vita. Se non pagherà le rate del mutuo, perderà la terra tanto amata dal marito, che è scomparso in un incidente proprio mentre la stava coltivando. La priorità è quella di crescere un figlio piccolo da sola, senza potersi fidare di nessuno, ora che tutto precipita. Dal canto suo, Maria, una concertista di successo sradicata da tempo dal suo paese, non sa ancora cosa vuole fare davvero, ma intanto è lì, per rendere omaggio alla memoria del fratello e forse per trovare un po’ di pace. In un luogo che sembra ai confini del mondo, Luserna, dove si parla una lingua a sé, antichissima, il cimbro.

Resina: le nostre impressioni

resinaLa macchina da presa di Carbonera ci introduce circospetta nella vita di Maria, come solo un documentarista sa fare. La osserviamo dibattersi tra mille dubbi: rimanere o andarsene? Dare una mano alla comunità di cui un tempo era parte o scappare lontano? I giorni passano e si scioglie il gelo dei rapporti familiari. Ora accompagna il nipotino a scuola e compra gli ingredienti per preparare una torta con Sara, che comincia a guardarla con occhi nuovi. Ma c’è ancora il vecchio mondo che si ripresenta: così ascoltiamo le telefonate nervose di Maria e l’insofferenza verso il passato. Tagliare è difficile e fa comodo andare a fare qualche concerto in città per aiutare a saldare i conti in sospeso.

resinaAffiora dal racconto per immagini un interrogativo: cosa fa ancora lì una musicista affermata come Maria? La mano del regista indulge su paesaggi che tolgono il fiato tra distese di boschi a perdita d’occhio da cui si leva una nebbia che cammina come nuvole che si inseguono. Ed è qui che il silenzio incontra la musica, in questo punto preciso, quando Quirino, maestro del coro di Luserna interpretato da Thierry Toscan (apprezzato scultore anche nella vita reale), insegue Maria per un consiglio, ma lei non ne vuole sapere. Salvo poi rendersi conto che quell’uomo cerca solo un modo per reinsaldare lo spirito della comunità e che non può farcela da solo. Ha bisogno di lei, della sua arte salvifica. Sarà la musica a fare da collante, a ricostruire l’unità perduta, come la resina delle sculture in legno di Quirino. E’ a lui che sua affidata la battuta più importante del film, che rivolge a Maria, intenta ad ammirare una delle sue sculture lignee e a inalarne l’odore intenso. “Sono tutti attaccati al loro piccolo mondo. La resina è fondamentale sai… è lei che fa stare assieme tutto”.

Resina

valutazione globale - 6

6

Un film sulla montagna tra musica e comunità che la abitano

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Resina: un giudizio in sintesi

resinaL’immagine di Maria, di spalle in cima alla montagna, che guarda giù a valle, rievoca il celebre quadro di Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia (1818). Il rapporto tra la natura e l’umano, le asperità della montagna, le voci del coro polifonico, sono elementi caratterizzanti del debutto nel lungometraggio di un regista sicuramente influenzato dalla sua storia di documentarista.

Non dispiace l’approccio di suggestione e l’uso puntuale delle riprese, qui lo spettatore trova il senso stilistico dell’operazione. Anche il femmminile viene indagato in una chiave interessante e moderna: un direttore donna che dirige un coro di uomini. Mentre rimane un po’ povero l’impianto dialogico, volutamente tenuto in secondo piano. Una scelta apprezzabile a tratti, ma faticosa in alcuni momenti di snodo, che rischia di cadere nell’ingenuità nella parte finale del film. Ad emergere nella narrazione, il personaggio di Quirino, abituato ad alzare il gomito al bar e innamorato senza speranza delle sinfonie che non sa dirigere.

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