Home / Recensioni / My name is Adil: la recensione del film diretto da Adil Azzab
coverlg 2

My name is Adil: la recensione del film diretto da Adil Azzab

My name is Adil è nato grazie all’intervento del regista premio oscar Gabriele Salvatores, che l’ha sponsorizzato lanciando una campagna di crowdfunding tramite un video, e dell’associazione milanese Imagine Factory, di cui Andrea Pellizzier e Magda Rezene fanno parte, che si occupa del rapporto tra filmaking e realtà sociale. Il film è stato realizzato con un budget ridotto e attori non professionisti.

My name is Adil: la sinossi

My name is Adil è il primo film del giovane regista marocchino Adil Azzab, operatore presso una comunità di minori come assistente educatore, girato con Rezene Magda e Andrea Pellizzier. Racconta la biografia dello stesso Adil, cresciuto in Marocco senza il padre emigrato in Italia, esposto al duro trattamento che gli riserva lo zio. Ad un certo punto grazie all’intercessione della madre, che prega un altro emigrante di mettere il marito a conoscenza di ciò che sta accadendo al piccolo per mano dello zio, Adil può prendere la via dell’Italia e ricongiungersi al padre. Ben presto si accorgerà che quel paese non è come lo aveva immaginato né è la risoluzione di tutti i suoi mali.

My name is Adil – le nostre impressioni

Adil Azzab realizza un buon film, specialmente nella prima parte ambientata in Marocco dove il My name is Adiltema delle origini ben si attaglia alle lunghe distese di campi piatti, rossastri e battuti dal sole nel quale l’alter ego adolescente del protagonista, assieme ai suoi simili, si muove. Fa breccia un senso ancestrale dell’esistenza, legato alla realtà rurale marocchina, ma in grado di toccare anche chi vive a queste latitudini e ha sentito da qualche persona anziana racconti per certi versi sovrapponibili a questi.

Si realizza un cinema spoglio ed essenziale, che fa della dissolvenza uno strumento importante per impostare un pregnante ritmo ipnotico, costruito assieme alla voce fuori campo e alla dialettica tra inserti documentaristici (le sagome degli amici di Adil mostrate a tutto campo mentre guardano la telecamera) e narrativi.

L’identità del protagonista è marchiata dalla ferita primigenia di essere nato in quell’ambiente duro e a tratti disumano, nel quale la sua realtà di bambino viene sacrificata alle pressanti necessità di una vita avara di mezzi, nello stesso tempo però in cui il legame familiare e geografico tra il ragazzo e quel contesto si rende fortissimo. “Solo il tuo paese ti può amare come una madre” dice una signora marocchina incontrata per caso all’Adil adulto durante il viaggio di ritorno nella sua regione. Ogni parola o ogni inquadratura diventa allora per lo
spettatore occidentale il pretesto per un interessante ed emozionante viaggio alle origini di qualcosa che, se appare lontano, non è, come detto, completamente privo di richiami nei quali riconoscersi. Anche perché si introduce poi l’incontro scontro tra quella realtà e la nostra, allorché Adil e i suoi coetanei, spinti a sognare un altrove dai contorni edulcorati e indefiniti, cominciano a desiderare una vita migliore in Italia e ad uno ad uno se ne vanno.

My name is Adil

Il nonno del ragazzo si lamenta del fatto che un’intera generazione di giovani di cui c’era bisogno abbia lasciato il Marocco. Anche questo è uno spunto non privo di suggestioni per il nostro occhio per quella che è stata la storia di emigrazione degli Italiani, meno di un secolo fa. Il dramma dei viaggi via mare è solo accennato e cristallizzato da una nota: si stima che uno su dieci fra chi è partito per l’Italia abbia trovato la morte.

La parte milanese del film è la più fragile, probabilmente per esigenze contingenti legate al budget e alle esigenze organizzative. Il quadro appare eccessivamente superficiale e manca un protagonista fondamentale della vicenda come il padre (per difficoltà peculiarmente psicologico-relazionali?). La vicenda scorre via troppo rapidamente, non consentendo di focalizzare appieno il significato della cesura radicale tra la vita precedente di Adil e quella italiana, fatta anche però di brutali elementi di continuità, che lo portano a dover essere già adulto nonostante l’età giovanissima. Bello e struggente il finale, altra nota positiva di questo film.

My name is Adil

Valutazione globale - 7.5

7.5

Un film importante

User Rating: 4.6 ( 1 votes)

My name is Adil – un giudizio sintetico

My name is Adil è un film di grande spessore, specialmente per i nuclei tematici in esso presenti, di stringente attualità. Pur presentando una seconda parte meno incisiva della prima, rimane molto suggestivo nell’estetica e pieno di spunti di riflessione interessanti.

Per ogni notizia e aggiornamento sul mondo dello spettacolo, cinema, tv e libri, vi consigliamo di seguire la nostra pagina Facebook

About Tommaso Perissi

Scopre la magia del cinema d'autore verso la fine degli anni 90 grazie ad una videoteca vicino alla stazione di santa maria novella che offre titoli ancora in vhs...poi frequenta saltuariamente vari cineforum in giro per la città

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *