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L’Atelier: la recensione del film di Laurent Cantet presentato a Cannes

Parabola generazionale dell’incomunicabilità e del disagio giovanile, L’Atelier di Laurent Cantet, in sala dal 7 giugno, è un film che parla della Francia contemporanea che soffre della sindrome post traumatica da attentati terroristici. Uno stress che si traduce in rigurgiti razzisti e nel dilagare della destra xenofoba, soprattutto nelle città che non sono Parigi.

L’Atelier: la sinossi

L'atelierAntoine sta frequentando un corso di scrittura creativa organizzato dall’ufficio di collocamento della cittadina dove risiede nel sud della Francia, in un’area colpita da tempo dalla crisi economica. Il workshop è tenuto da una scrittrice di successo, Olivia Dejazet (Marina Fois, candidata per L’Atelier al premio César), che si è ritirata sulla costa per terminare il suo ultimo romanzo. Al corso sono iscritti molti ragazzi disoccupati, quasi tutti immigrati di seconda e terza generazione, originari di Paesi musulmani. Antoine rimarca da subito il fatto di sentirsi diverso intervenendo spesso a sproposito durante le lezioni e sollevando le reazioni piccate dei compagni, che lo tacciano di razzismo. Isolato ma talentuoso, si trova spesso ad essere aiutato nella comunicazione dall’insegnante. Olivia decide che ha bisogno di Antoine per il personaggio del suo nuovo libro e gli chiede di incontrarlo in privato. Lui, attratto dal suo fascino, già la spia da tempo, appostandosi di notte tra le siepi del suo giardino. La mediazione costerà cara a Olivia, contro cui si rivolgeranno gli attacchi gratuiti del ragazzo. A quel punto lo inviterà ad andarsene dal gruppo di lavoro. Da qui in poi, il gioco del gatto e il topo lascia spazio a un crescendo di suspense.

L’Atelier: le nostre impressioni

L'atelierA dieci anni dalla Palma d’Oro per La classe, il regista Laurent Cantet torna a raccontare i conflitti politici e generazionali della Francia attuale con un film che sconfina nel thriller psicologico, scritto con Robin Campillo (120 battiti al minuto) e presentato con successo al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard nel 2017

La storia è ambientata a La Ciotat, provincia post industriale tra Marsiglia e Tolone, in mezzo al Golfo di Amur, nel cuore del Parc des Calanques. Un luogo dominato da spettacolari insenature che scolpiscono la costa, da dove Antoine (Matthieu Lucci), il giovane protagonista, si tuffa da diversi metri d’altezza, ripreso dal suo smartphone, che ha sistemato su un treppiede alle sue spalle. In quel gesto è simbolicamente rinchiuso il senso di drammatica solitudine che domina il film, con al centro la particolare relazione tra lui e la sua insegnante di scrittura creativa, Olivia. In quella stessa location, a strapiombo sul mare, si svolgeranno i momenti clou del film.

L'atelierAd emergere da subito è il taglio drammatico, caratterizzato da dialoghi serrati e un modo di raccontare rallentato che porta gli spettatori a calarsi nella vita di Antoine. Lo vediamo passeggiare tra gli scogli per andare a fare il bagno, alle feste in casa con gli amici tra alcol e musica, mentre fa il verso ai militari in guerra durante le uscita notturne, quando spara ad alcune bottiglie con una pistola che gli presta il cugino. Ma soprattutto assistiamo alle discussioni incessanti con i compagni di corso, a cui legge i suoi racconti raccapriccianti allo scopo di farli sobbalzare sulla sedia. O per colpire la bella insegnante, che ne coglie immediatamente il talento.

Nel contrapporsi, Antoine trova ragione di vita: lui si sente diverso, superiore, e ha necessità di affermarlo per non confondersi con gli altri. Olivia, invece, si illude di poterlo arginare durante le esplosioni verbali contro il gruppo. Un’impresa che presto risulterà impossibile. Antoine la accusa di essere una scrittrice di maniera, senza anima, irritato in realtà dalle buone intenzioni di un’intellettuale radical-chic che si autopromuove tenendo lezioni ai disoccupati. Ma la violenza del giovane non risiede solo nelle parole, Olivia lo scoprirà dal suo profilo Facebook. Quale oscuro progetto gli attraversa la mente? La donna non resiste dal cadere nell’attraente trappola psicologica tesa da Antoine e lo studia, dando così inizio a un gioco al massacro, senza comprendere che potrebbe avere pericolose derive.

L'Atelier

Valutazione globale - 6

6

Film drammatico che sconfina nel thriller psicologico

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L’Atelier: un giudizio in sintesi

L'atelierL’Atelier è un laboratorio di scrittura intorno al quale si scatenano tutta una serie di conflitti insanabili. A frequentarlo sono ragazzi disoccupati che dovranno aiutare una famosa autrice a scrivere un thriller: per loro è una grande chance per emergere dall’anonimato in cui annegano (“Sai quanto mi farà curriculm”, osserva uno dei partecipanti), mentre per lei si tratta di un’occasione per dare una mano a chi ne ha più bisogno. Una posizione delicata in verità, che solleva la curiosità morbosa di Antoine, l’allievo migliore. Anche per lui ogni giorno sarebbe uguale al successivo, se non ci fosse quell’appuntamento da rispettare. La faccenda però non gli quadra, è diffidente e non vuole mescolarsi con gente che non gli somiglia affatto. Lui si sente un vero francese, mentre loro sono stranieri immigrati da una o due generazioni e provengono dagli stessi Paesi dei terroristi islamici che hanno preso d’assalto Parigi. E, nella sua mente, l’hanno fatto per il gusto di uccidere, fine a se stesso, non per le rivendicazioni che hanno scritto, non per Daesh. L’Atelier è un affresco generazionale che parla dell’idea di violenza che ha il suo giovane protagonista simpatizzante dell’estrema destra. “Connaturata all’uomo – dice – e quindi è giusto descriverla nei libri e usarla, se necessario”.

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