La paranza dei bambini è il nuovo film di Claudio Giovannesi, tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano, qui nelle vesti di co-sceneggiatore assieme allo stesso Giovannei e Maurizio Braucci. Si tratta dell’unico film italiano nella sezione Competition alla Berlinale 69.
La paranza dei bambini: sinossi
Napoli, centro storico, giorni nostri. Il quartiere è vessato da dei loschi individui che vanno in giro per i negozi chiedendo il pizzo. Nicola, figlio della padrona di una lavanderia assiste alla scena e non riesce a rimanere indifferente. Con il suo gruppo di amici si metterà in azione per contrastare l’operato minaccioso di questi personaggi, ma dovrà fare i conti dei meccanismi della criminalità organizzata e con i boss del quartiere, rete violenta nella quale i protagonisti si ritroveranno inevitabilmente coinvolti.
La paranza dei bambini: le nostre impressioni
Il film di Giovannesi entra senza mezzi termini sia in una realtà napoletana brutale sia nella vita dei protagonisti adolescenti. Come lui stesso ha sottolineato in conferenza stampa, i poli su cui si articola il film sono due, quello del gioco, della dimensione spensierata in cui vivono gli adolescenti e dalla quale si possono tirare indietro, e quella della guerra, quella degli adulti violenti, la spirale criminale dalla quale nel mondo della camorra non c’è modo d’uscire. Se non con una pallottola. Da un espediente di soprusi e ingiustizia Nicola cerca di capovolgere la situazione, in modo incosciente ricorre alla via più semplice, quella della violenza, della criminalità, si rivolge ai “pesci” più grandi. Il film riesce a conservare per tutta la sua durata questi due piani tematici accomunati dall’incoscienza, segue da vicino, in modo serrato e claustrofobico i protagonisti di una terribile vicenda tratta da fatti realmente accaduti.
Con una regia che non lascia la possibilità di riprendere fiato o distanza dalle vicende narrate, seguiamo le giornate di ragazzi che invece di andare a scuola si concedono svaghi adolescenziali, anche quando “entrano nel giro”. La loro vita cambia radicalmente con un improvviso afflusso di denaro e il loro amore per il kitsch o per i vestiti griffati ci fa sorridere, ma amaramente. Diventando piccoli criminali cominciano a conoscere anche i vizi estremi del “mestiere” e pieni di energia dovuta alla loro tenera età si lanciano con una spavalderia inedita in un mondo oscuro, maneggiando armi come fosse il nuovo acquisto da sfoggiare con orgoglio e non vedendo l’ora di farsi una foto di gruppo. Sono dettagli assolutamente fondamentali per descrivere un gruppo di giovani criminali inesperti ma terribilmente entusiasti di vivere i vantaggi del potere e del denaro. Sono dettagli che rendono estremamente realistici i ritratti dei personaggi e la descrizione del contesto urbano e sociale in cui vivono.
Il grande pregio di questo film crudo e schietto sta proprio nel descrivere questa realtà in modo vivido e diretto, raccontando le storie di ragazzini con manie e sentimenti tipici dell’età che hanno. La loro vita emotiva, i risentimenti, i primi amori, l’orgoglio spavaldo e l’arroganza adolescenziale sono tutti elementi che rendono credibili i personaggi, protagonisti di un anti-coming-of-age, che li porta alla perdita di un’innocenza che non ritroveranno mai più e all’ingresso in un mondo oscuro. L’interpretazione – in napoletano stretto – dei giovani attori è davvero sorprendente ed è in perfetta armonia con le riprese serrate che seguono dei dialoghi elettrici, costantemente tesi.
Il sostenuto ritmo narrativo del film permette al pubblico di affrontare una tematica amara e difficile da accettare come quella della criminalità giovanile, che serpeggia per quel dedalo partenopeo di vicoletti sudici in cui si gira in motorino regolarmente senza casco, a qualsiasi età. Scene di violenza, vera o potenziale, tengono spesso con il fiato sospeso, altre fanno ridere e sorridere, come possiamo ridere davanti a dei gusti estetici un po’ discutibili. Ma sul fatto che a proposito di questo argomento non c’è nulla da ridere o da prendere alla leggera – come invece fanno i protagonisti – ce lo ricorda il finale, duro, spietato, che ribadisce il fatto che dalla camorra e dalle organizzazioni criminali simili, a differenza del gioco, non si può uscire.
Crudo, brutale, terribilmente verosimile. Da vedere.La paranza dei bambini
Valutazione globale - 7
7
La paranza dei bambini: giudizio in sintesi
In un film coraggioso, attento alla verosimiglianza di una realtà terribile così come a quella dei protagonisti adolescenti, Giovannesi racconta con puntualità e attenzione un mondo duro e brutale, attraverso gli occhi di incauti e sensibili protagonisti che perdono la loro innocenza. Inevitabile non pensare a Io non ho paura, ma tra questo modello cinematografico, che vedeva l’incontro-scontro tra infanzia e mondo delle mafie, corre un abisso. Sono i ragazzini a diventare una minaccia, la minaccia, prima per gioco, ma quel bel gioco, purtroppo, una volta iniziato, non può durare poco. La spirale discendente e oscura in cui i protagonisti si ritrovano coinvolti è la stessa di personaggi che abbiamo visto su piccolo e grande schermo. La loro tenera età li porta inevitabilmente ad essere incoscienti di quello che stanno facendo e soprattutto delle conseguenze cui porteranno. In La paranza dei bambini Giovannesi segue da vicino le vite stravolte di un gruppo di ragazzi, tra kitsch e corse in motorino, serate in discoteca e sparatorie più o meno riuscite, strozzinaggio e uscite amorose, raccontando con uno sguardo disilluso e mordace l’incontro tra due mondi che dovrebbero rimanere separati. Da vedere.
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film mediocre, basato più sulla vita di questi rgazzi che sulla criminalità.avrei spinto un po di più sulla violenza.