Border – Creature di confine è il film del regista iraniano-svedese Ali Abbasi, vincitore della sezione Un certain regard alla scorsa edizione del Festival di Cannes.
Border – Creature di confine: sinossi
Tina è una poliziotta che lavora alla dogana portuale ed è bravissima ad individuare passeggeri con bagagli sospetti, poiché è in grado di fiutare l’odore delle emozioni. Impegnata anche a condurre delle indagini nel corpo di polizia in seguito ad un ritrovamento misterioso, un giorno Tina incontra una persona molto simile a lei, ma che non riesce a decifrare attraverso il suo raffinatissimo fiuto.
Border – Creature di confine: le nostre impressioni
Con quasi un anno di attesa arriva finalmente nelle sale italiane Border – Creature di confine, il film che aveva conquistato la giuria di Un certain regard a Cannes. A un anno di distanza, giunge con lo scopo di interrogare e sorprendere lo spettatore con una storia fuori dal comune, che contrasta vistosamente con le grandi produzioni che siamo abituati a vedere al cinema.
Border spinge verso il dubbio, verso l’incertezza. Con una riflessione che non offre punti fermi, ma solo scivolosi e sfumati confini, viene raccontata la storia di una persona che dimostra avere abilità che agli uomini non sono date per percepire ed interpretare il mondo circostante. Così come gli animali che avvertono il pericolo fiutando l’aria e ascoltando i minimi rumori, Tina è in grado di usare il proprio olfatto, il primo dei cinque sensi che umani e animali sviluppano, per capire cosa o chi ha davanti. Ma questa straordinarietà non è che l’inizio di un’intreccio di peculiarità che definiscono l’individualità della protagonista, che nonostante il suo perturbante aspetto e le sue stranezze è abbastanza ben inserita nell’ambiente lavorativo in cui si trova.
Ciò che risulta terribilmente interessante in Border sono le diverse modalità con cui viene condotta la riflessione sulla costruzione identitaria e su quando sia pericolosa la generalizzante attribuzione di categorie identitarie a gruppi di persone. Tina si confronta con umani di diversa natura ed estrazione sociale: con i suoi colleghi con cui lavora in modo costruttivo, con i suoi cortesi vicini di casa, con il ragazzo sciatto e approfittatore con cui convive, con il padre malato che non sembra raccontargli tutto sul suo passato, con dei criminali terribili, ma non solo. La protagonista prova una forte empatia con gli animali del bosco in cui abita, che da lei si fanno avvicinare senza timore, e avverte un’affinità inspiegabile con Vore, un misterioso personaggio con cui condivide molto di più di quanto lei immagina. Ma chi è lei? Nonostante una sintetica etichetta identitaria sia individuata nel film, lo sviluppo di quest’ultimo amplia la riflessione verso questioni sempre più delicate, curiose e anche oscure. Per quanto sia per lei inaccettabile che gli uomini abbiano degli atteggiamenti violenti e oppressivi nei confronti di categorie minoritarie in cui essa stessa si riconosce, come è possibile che lei condivida certi valori e sentimenti che ai suoi occhi, nella società in cui si trova, definiscono l'”essere umani”? Cosa implica l’essere umani? E cosa può essere considerato inumano, se gli uomini stessi si dimostrano capaci di gesti inumani, inaccettabili, atroci?
Ad essere protagonista assoluta è la spinosa questione di dove dover situare il confine identitario, quel “border” che distingue e separa nettamente natura e cultura, uomini e non uomini, maschi e femmine, animali e umani, vittima e carnefice. Ciò che riesce a perseguire il film di Ali Abbasi è la continua decostruzione di tale confine, sorprendendo le aspettative del pubblico con dei contenuti imprevedibili tenuti insieme da una suspense degna del genere thriller, ma declinata in chiave profondamente queer. A rimanere sospesa infatti non è solo la tensione della platea, ma anche le risposte alle domande che solleva, per dimostrare che è rischioso, oppressivo e violento circoscrivere gli individui all’interno di un confine impermeabile. Sfuggente e imprevedibile, tenero e perturbante, Border è un film che respinge coraggiosamente ma con raffinata attenzione, come un saggio per immagini, qualsiasi punto di riferimento categoriale con cui le persone generalmente costruiscono la propria realtà, portando sotto i riflettori il prisma complesso e potenzialmente inesauribile delle zone liminali, indefinite, ibride, confuse, quelle che tanto energicamente l’uomo rifiuta e rigetta con forza.
Perturbante, ma profondamente interessante e sorprendenteBorder - Creature di confine
valutazione globale - 8
8
Border – Creature di confine: giudizio in sintesi
Il film di Ali Abbasi stupisce con una storia che disturba le aspettative dello spettatore e spinge a condurre una riflessione continua sull’importanza della decostruzione dei confini identitari. Non si tratta però di un film pedante o didattico: la storia di Tina è semplicemente avvincente e misteriosa, raccontata attraverso delle immagini che seguono da vicino i personaggi, come per scrutarli più da vicino o invitarci a fiutare anche noi il loro odore per capirli meglio. Border è un thriller intimo, che scruta nell’identità di personaggi bizzarri e diversi, un film crudo, coraggioso e profondo come pochi se ne vedono, purtroppo, al cinema.
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