Altered Carbon arriva sugli schermi di Netflix a rinverdire anche in televisione la narrazione cyberpunk, con tutti i suoi archetipi e stereotipi, introducendo anche tematiche interessanti, seppur trattate nello stile tipico di questo genere: ermetico e senza filtri.
Altered Carbon, prima stagione: sinossi
Terra, anno 2384: in un mondo che si è “evoluto” grazie all’invenzione delle pile che permettono alle persone di trasportare la propria coscienza da un corpo ad un altro, evitando così la vera morte, la società, assoggettata ad un governo distopico, il Protettorato, vede le divisioni tra ricchi e poveri farsi ancora più profonde, perché se oltre al denaro, i primi, possono permettersi una vita eterna, mentre i secondi no, allora il sistema di classi diventa ancora più iniquo. Questa aberrazione era stata colta da un gruppo di ribelli, gli Spedi, che avevano cercato di rovesciare il tavolo, ma la loro rivoluzione fallisce e “l’ultimo” dei superstiti, Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman), ritorna sulla Terra a 250 anni di distanza, per risolvere un crimine, ma non saranno solo questa l’avventura e i nemici che si troverà costretto ad affrontare.
Altered Carbon, prima stagione: le nostre impressioni
Stupirsi degli stereotipi di Altered Carbon, banalizzando il concetto di “troppo simile a”, dove il “troppo simile a” si riferisce a quell’uno o due film dell’universo cyberpunk che si conoscono, è un esercizio privo di utilità.
La prima cosa che fa questa nuova serie di Netflix è proprio quella di marcare il territorio, inserirsi in uno schema e in un universo narrativo, quello che riduttivamente si può riassumere negli enormi e caotici agglomerati urbani, cupi e abbagliati da infinite luci al neon, che però sono un contesto a cui non si può narrativamente sfuggire, senza ripudiare la tipologia di storia, perché sono luci talmente forti che illuminano a contrasto il buio e l’insensatezza di una società aliena e alienata, sono compenetrate ad ogni momento della vita, così come nel genere cyberpunk il punto nodale è la compenetrazione della macchina con l’uomo, della tecnologia con la natura, tutte cose che rendono le definizioni più fluide e più incerte, su cosa sia ancora umano o cosa sia ormai una macchina.
Ma Altered Carbon non è solo denso di archetipi, stereotipi o citazioni, usa anche un linguaggio tipico del suo stile, ermetico e complesso, fatto di gergo e di parole inventate di derivazione tecnica, lanciate in un dialogo con lo spettatore a cui non si spiegano le cose, si chiede di accettate. Viene richiesto un atto di fede per accettare questo ermetismo che non vuole lasciare una risposta ma vuole che sia lo spettatore a farsi le domande e a costruirsi la sua personale visione, che sia lui in primis ad approfondire le tematiche che reputa più importanti.
E di tematiche questo Altered Carbon ne introduce, tutte derivanti da quest’idea di immortalità, che deriva dalla ricchezza e genera ricchezza, quest’invenzione salvifica per l’uomo e mortifera per l’umanità, la consapevole certezza del cattivo uso di ogni forma di progresso fatto dalla razza umana.
La serie cavalca questo tema, e lo fa in molti modi, tutti trattati brillantemente, dai flashback che riportano alla genesi e ad un momento in cui il mondo poteva essere ancora salvato, scene nelle quali a trionfare sono la natura, le luci naturali, gli spazi, fino al racconto del moderno, in cui l’assenza di limiti pone la gente in una condizione di superare anche i limiti che si autoimpone, a volte per debolezza, altre per noia di una vita eterna. E poi c’è la tematica dell’accettazione, della morte come momento fondamentale e finale della vita, non solo per motivazioni religiose.
In tutto questo si inserisce molto bene anche un racconto hard boiled, cupo e violento, sanguinario e privo di pudori, che si sviluppa molto bene e tiene alte tensione e ritmo, incrociandosi anche con il racconto del passato in cui piano piano andiamo a scoprire la storia. Un incrociarsi di rivelazioni e svolte che si ricongiungono, alla fine con precisione.
L’unica parziale debolezza forse si può ritrovare in un cast che vede nei personaggi principali qualche carenza, da Purefoy a Kinnaman (che avevo visto meglio in The Killing) fino alla Lachman. Si salvano maggiormente i personaggi minori, soprattutto Chris Conner che interpreta un ottimo Poe.
Altered Carbon - prima stagione
Valutazione Globale - 8
8
Immersione cyberpunk con riflessioni intense
Altered Carbon, prima stagione: un giudizio in sintesi
Altered Carbon è un prodotto profondamente di genere, intriso di quel genere, citazionistico, stereotipale e che utilizza un linguaggio e dei dialoghi familiari a chi ha già familiarità con questo stile, ma con delle buone idee, un buono sviluppo e un ritmo narrativo che sa ottimamente gestire l’incrociarsi delle storie con le svolte importanti e che porta ad un finale soddisfacente.
La parte tecnica è molto curata, ad un livello vicino a quello cinematografico (anche se, chiaramente, il cinema è ancora un’altra cosa), così come le scene d’azione e la violenza, che in questo tipo di racconti sono molto presenti, sono ben realizzati e sfruttati nel modo giusto senza abusarne.
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