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Chiara Mastroianni ne L'hotel degli amori smarriti

L’hotel degli amori smarriti: la recensione del film con Chiara Mastroianni

L’hotel degli amori smarriti: la trama

Richard (Vincent Lacoste) scopre che la moglie Maria (Chiara Mastroianni) lo tradisce dopo vent’anni di matrimonio. La donna lascia l’appartamento e decide di trascorrere la notte nell’albergo di fronte, nella camera 212 da cui gode della vista della sua stessa casa. Nel corso della notte avrà incontri del tutto insoliti: i fantasmi dei suoi amori passati che vogliono metterla a processo per la sua dissolutezza sentimentale. Sarà un’occasione per rivedere e meditare con leggerezza sulla propria vita sentimentale da un punto di vista quanto mai curioso.

L’hotel degli amori smarriti: le nostre impressioni

L'amore degli amori smarriti

Christoph Honoré dirige una commedia sofisticata e metafisica passata nella sezione Un Certain Regard alla scorsa edizione del Festival di Cannes. La Mastroianni per la sua prova aveva ottenuto il premio per la Miglior interpretazione e, è il caso di dirlo, senza di lei il film avrebbe avuto davvero poca ragione di esistere. In un ruolo ideale per dive francesi autoironiche e leggiadre come Catherine Deneuve o Isabelle Huppert, la Mastroianni offre una prova coraggiosa e divertita. Infatti, non ha paura a mettersi a nudo e affrontare un film complesso e pieno di svolte. Honoré, infatti, imposta il film come un viaggio attraverso l’inconscio dei protagonisti, dentro una stanza numerata come l’articolo del Codice civile francese che recita “I coniugi devono riconoscersi reciproci rispetto, fedeltà, sicurezza e assistenza“.

L'hotel degli amori smarriti

La protagonista è, infatti, una professoressa universitaria di procedura penale, del tutto autodeterminata e sessualmente attiva. A ogni stanza è attribuito una colorazione simbolica e, in base a tale scelta, appaiono di conseguenza spettri appartenenti a precisi momenti del passato. Il grande limite della sceneggiatura, tuttavia, è dare decisamente per scontato che lo spettatore aderisca e partecipi al gioco proustiano imbastito dell’autore. Infatti, per quasi tutto il film si ha l’impressione di un’artificiosa esibizione di dialoghi brillanti, senza dei veri acuti. Salvo il fulminante incipit, il film si protrae come un processo alla vulcanica vita sentimentale della protagonista, ricostruita con le testimonianze di personaggi troppo scritti e stereotipati. L’intento di indagare l’obsolescenza della tradizionale vita di coppia arriva in parte, asfissiato da una frastornante esibizione di sofisticazioni verbali.

L'hotel degli amori smarriti

Valutazione globale - 5

5

Honoré aveva a disposizioni ingredienti per un'eccellente soufflé ma ha sfornato una creazione sgonfia e poco soddisfacente.

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L’hotel degli amori smarriti: un giudizio in sintesi

Christoph Honoré firma e dirige un lavoro personalissimo che, purtroppo, rimane molto scritto e riversato sullo scherma. L’ambiziosissimo progetto poteva essere decisamente di più, scendendo a compromessi che portassero a un maggiore investimento sul piano visivo. Il film sarebbe stato maggiormente impreziosito se si fosse fossero sposate le due anime del film, quella visiva e quella verbale. Al “processo” alla protagonista sarebbe occorsa di contrappunto una maggiore sottolineatura dell’uso degli ambienti come recessi della memoria.

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