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George Clooney in Catch-22

Catch-22: la recensione dei primi due episodi della serie Sky diretta da George Clooney

Catch 22, trasmessa su Sky Atlantic dal 21 maggio, è una serie televisiva tratta dal romanzo di Joseph Heller Comma 22. La sceneggiatura di Luke Davies e David Michôd, e la regia di George Clooney, Grant Heslov e Ellen Kuras, contano sull’apporto di un cast stellare. Tra gli altri, figurano Christopher Abbott, lo stesso George Clooney, Kyle Chandler e Hugh Laurie.

Catch 22: la sinossi

Sul finire della seconda Guerra Mondiale, all’interno delle basi statunitensi dislocate in Italia, i militari conducono una vita frenetica. Inframmezzata dai bombardamenti delle città ancora in mano ai tedeschi, la quotidianità del bombardiere John Yossarian (Abbott) e dei suoi commilitoni è segnata da momenti di tensione, svago, e da maldestri e grotteschi tentativi di sfuggire al pericolo imminente, sperando in un prossimo ritorno a casa.

Catch 22: le nostre impressioni

George Clooney in Catch-22

Il meccanismo di Catch 22 è astuto e coinvolgente, frutto di una narrazione molto movimentata e vivace che in larga parte spoglia il genere bellico dei suoi connotati più drammatici, cruenti e retorici. Il tono è comico ed a tratti grottesco, il black humor regna incontrastato, e il racconto, quindi, non risulta mai appesantito. Il contesto bellico della Seconda Guerra mondiale è ben presente ma non ingombrante, e serve forse più a ritmare la narrazione (con i soldati ossessionati dal conto alla rovescia per calcolare il numero di missioni rimanenti per il ritorno a casa) che a mettere in risalto quei valori e quelle virtù belliche che hanno sempre attraversato larga parte della cinematografia statunitense. In questo ambito risiede perciò uno dei principali punti di forza di Catch 22, che sovverte uno dei topoi portanti del cinema – così come della serialità – a stelle e strisce. La guerra non è più la vetrina privilegiata per esibire eroismo quotidiano, virtù militari o uno sfrenato e fideistico patriottismo. È piuttosto occasione da dover mancare, orrore dal quale sfuggire in ogni modo, anche in quello più impensabile o, militarmente parlando, vergognoso. La guerra mondiale di Catch 22, in sostanza, non è che l’occasione per un laico (cinematografico) sacrilegio.

Tutti i protagonisti di Catch 22 si presentano come antieroi nel senso più categorico del termine. I più alti in grado oscillano tra l’instabilità psichica, l’irrazionale e cieca obbedienza alle regole, la nevrosi e l’ossessione. Dal canto loro i soldati fuggono, mentono, scatenano – non sempre volontariamente – meccanismi di “ascesa”, ingannano medici e superiori pur di restare in vita al di fuori della guerra, non in seguito ad essa. Proprio questo meccanismo centrifugo è il motore principale di Catch 22, che nella sua inversione radicale del genere bellico trova la sua ragion d’essere e le sue trovate più riuscite. Trovate e gag che sono addebitabili più alla sceneggiatura del duo Davies/Michôd che alla regia. Gli spunti più interessanti corrispondono ai momenti in cui i protagonisti scambiano battute esilaranti, ad una velocità impressionante che sembra prefigurare più di una volta una specie di guerra dialettica che una combattuta a suon di bombe e armi. Catch 22 fa parecchio affidamento ai giochi di parole, così come ai perversi e grotteschi meccanismi scatenati dai regolamenti militari, secondo modalità che – con le dovute differenze di contesto e portata – ricordano quelli messi in scena da Kubrick nel celeberrimo Dottor Stranamore. Anche in questo caso, il gioco è il medesimo: ogni scena è costruita in modo tale da mettere in evidenza tutta l’umanità e le comprensibili debolezze di un gruppo di uomini di fronte alla guerra.

Abbott in Catch-22

Molto del merito va riconosciuto ai protagonisti di Catch 22, che sono affiatati, sempre in parte e nei panni di personaggi che paiono costruiti con finezza quasi sartoriale sui rispettivi interpreti. A fronte di un Abbott che in certe circostanze pare un po’ acerbo ma tutto sommato convincente, nella sua prova di soldato disincantato e spregiudicato, ironico e umanissimo, il resto degli attori è ben (auto)diretto e, a tratti, scintillante. Pensiamo a George Clooney, che riesce sempre a restituire uno schizzato istrionismo con improvvisi cambi di registro e di sguardo, con smorfie talvolta impercettibili eppure eloquenti, degni di alcuni dei suoi più riusciti personaggi frutto della collaborazione con i fratelli Coen (Burn After Reading; Ave, Cesare!). Discorso analogo per Hugh Laurie, certamente altro rispetto all’interpretazione del Dr. House che tanto lustro ha dato alla sua carriera, ma che, da questi primi episodi, rammenta comunque un certo cinismo e menefreghismo. Infine Kyle Chandler, credibilissimo colonnello sull’orlo dell’involontaria farsa e vittima – assai più che carnefice – dello spietato e cinico meccanismo bellico.

Catch-22

Valutazione globale - 6.5

6.5

Coinvolgente descrizione del lato grottesco della guerra.

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Catch 22: giudizio in sintesi

Seguendo una narrazione estremamente movimentata e coinvolgente, le prime due puntate di Catch 22 rivelano un prodotto che si prefigura estremamente gradevole. Spogliando il genere bellico di ogni artificio retorico, e sovvertendo il mitico topos bellico americano che fa del conflitto il campo d’elezione per dimostrare virtù ed eroismo, Catch 22 mette in mostra l’umanità comica, grottesca, cinica e disincantata di un gruppo di militari che, nell’Italia funestata dalle fasi finali della seconda Guerra Mondiale, cerca di sfuggire agli impegni militari. Il tono della narrazione, ben più leggero di prodotti seriali o cinematografici che esaltano le virtù militari, è favorito dalle brillanti interpretazioni di tutto il cast. Considerevole la sceneggiatura, intrisa di scambi di battute dal ritmo vertiginoso e, spesso, esilaranti.

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About Vito Piazza

Tutto inizia con Jurassic Park, e il sogno di un bambino di voler "fare i film", senza sapere nemmeno cosa significasse. Col tempo la passione diventa patologica, colpa prevalentemente di Kubrick, Lynch, Haneke, Von Trier e decine di altri. E con la consapevolezza incrollabile che, come diceva il maestro: "Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato".

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