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The Protector

The Protector: recensione del pilot della serie turca disponibile su Netflix

The protector, serie turca disponibile su Netflix a partire dal 14 dicembre, è diretta da Can Evrenol, Gönenç Uyanık e Umut Aral.

The protector: la trama

The ProtectorDi umili origini, il giovane Hakan (Çağatay Ulusoy) sbarca il lunario gestendo un piccolo bazar col padre adottivo. Nella speranza di creare il proprio impero commerciale, e preoccupato dall’incerto futuro che attende anche molti altri giovani nella contemporanea Istanbul, Hakan si imbatte in una misteriosa maglia di epoca ottomana. Il suo ritrovamento lo catapulterà all’interno di una realtà inimmaginata fino a quel momento, fatta di sparatorie, antichi ordini segreti e torbidi intrighi di potere.

The protector: le nostre impressioni

The ProtectorLa puntata pilota di The protector è ambientata nella contemporanea Turchia. È la capitale, Istanbul, a fare da sfondo alle vicende del protagonista: Hakan, come tutti i giovani della sua generazione, è prigioniero di una vita che vorrebbe cambiare. Trova sostegno economico nel padre adottivo, eppure aspira ad una vita indipendente, alla ricchezza e, più in generale, all’autonomia. Il suo personaggio è emblema di una parte consistente della gioventù contemporanea (sebbene, forse, un po’ ingenuamente reiterata): umile, spesso in affitto, afflitta dal posto di lavoro che manca, eppure ricca di nobili sentimenti e buona volontà, desiderosa – in ultima analisi – di guadagnare l’indipendenza dai “vecchi”, che la scruta con una certa diffidenza.

I personaggi di The protector non sembrano offrire granché di innovativo, e la serie – per la tipologia di classe giovanile che delinea – potrebbe essere girata in una qualsiasi città dell’Europa occidentale. La focalizzazione sul desiderio di auto-affermazione di Hakan, in effetti, è un espediente narrativo che riesce a catturare l’interesse di un pubblico che non ha molte pretese circa la caratterizzazione psicologica dei personaggi. Al fianco del protagonista, infatti, gli altri personaggi sembrano poco più che meri riempitivi. Forieri di stati d’animo e atteggiamenti più che prevedibili, gli amici di Hakan, i malviventi, alcuni pseudo-medici ed irritanti segretarie d’azienda dipingono un quadro sconfortante, nel quale lo spettatore fatica non poco a trovare uno spunto interessante.

La superficialità che regna incontrastata nel campo dell’indagine psicologica, al momento sembra sconfinare anche nello sviluppo complessivo della trama, che mostra pochissimo mordente e fatica non poco a decollare. All’interno della prima puntata di The Protector, oltre all’universale desiderio di emancipazione del piccolo commerciante, c’è davvero pochissimo. Il tentativo di infittire la narrazione con venature a metà strada tra il thriller e l’azione non riesce a destare significativo interesse. Questa lacuna si mostra con la massima evidenza già alla fine del primo del primo episodio.

A giudizio di chi scrive, risulta particolarmente difficile accordare credibilità o verosimiglianza agli accadimenti. In un certo senso, The Protector sembra virare molto presto su un piano radicalmente diverso rispetto a quelle che paiono essere le sue premesse iniziali, dal momento che anche la grossolana narrazione della vita quotidiana di un giovane in cerca di affermazione cede il passo a qualcosa di assolutamente anomalo ed incredibile. Se non siamo propriamente all’interno di un racconto tipico del realismo magico, siamo sicuramente nei suoi pressi.

The ProtectorSebbene le fasi finali della prima puntata di The Protector sembrino suggerire mirabolanti sviluppi narrativi, c’è da registrare una desolante restituzione scenica che imperversa dall’inizio alla fine della puntata. E questo vale in un duplice senso: sia in quello attoriale, che in quello meramente tecnico. Çağatay Ulusoy, nel ruolo di Hakan, è il solo a mostrare sprazzi di una recitazione vagamente convincente. Tutti gli altri interpreti, senza alcuna eccezione, sovraccaricano in maniera grottesca i rispettivi personaggi, col risultato di renderli delle maschere vuote e del tutto irrealistiche.

Come detto, la pessima prova degli attori replica e rispecchia la tecnica cinematografica, largamente insufficiente. Non tanto in senso grammaticale (non ci sono errori manifesti nelle riprese), quanto piuttosto nella sua inefficacia nel sollecitare l’immedesimazione dello spettatore. A nostro giudizio, la scena della sparatoria in pieno centro a Istanbul – la sola nella quale è richiesta una certa perizia registica – rivela tutte le carenze di The Protector. Assolutamente banale, priva di movimento proprio là dove ci si aspetterebbe un picco di azione. E, in ultima analisi, abbastanza superficiale.

The Protector - Pilot

Valutazione globale - 4

4

Superficiale e poco coinvolgente

User Rating: 2.93 ( 2 votes)

The protector: giudizio in sintesi

The ProtectorAmbientata nella contemporanea Istanbul, il pilot di The Protector segue le vicende di un giovane, Hakan, che come molti altri della sua generazione è vittima di una complessiva precarietà. La sua storia sembra riguardare anzitutto all’universale desiderio giovanile di affrancarsi dal sostegno familiare. Sul finire dell’episodio questo patto narrativo all’insegna del realismo viene sciolto, e lo spettatore – come il protagonista – si trova catapultato in un mondo molto prossimo a quello del realismo magico. A questa nuova linea narrativa, però, fa eco una pessima prova attoriale, dove il solo a salvarsi è Çağatay Ulusoy. Anche la restituzione scenica è a tratti imbarazzante: non solo i personaggi risultano sovraccaricati in mondo non naturale, ma anche la scelte registiche sembrano grossolane e superficiali. The Protector, in ultima analisi, è un prodotto che non ha molte pretese, e che si rivolge essenzialmente al mero intrattenimento di un pubblico che non ha molte pretese circa la caratterizzazione psicologica dei personaggi.

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About Vito Piazza

Tutto inizia con Jurassic Park, e il sogno di un bambino di voler "fare i film", senza sapere nemmeno cosa significasse. Col tempo la passione diventa patologica, colpa prevalentemente di Kubrick, Lynch, Haneke, Von Trier e decine di altri. E con la consapevolezza incrollabile che, come diceva il maestro: "Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato".

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