Quicksand è una serie svedese disponibile su Netflix dal 5 aprile. Basata sull’omonimo libro Sabbie mobili di Malin Giolito, e diretta dal duo Per-Olav Sørensen e Lisa Farzaneh, la prima stagione vedrà come protagonisti Hanna Ardéhn e Felix Sandman.
Quicksand: la sinossi
Maja (Ardéhn) è una giovane studentessa appartenente alla borghesia di Stoccolma. Unica sopravvissuta ad una sparatoria avvenuta all’interno del suo liceo, viene accusata di omicidio e rinchiusa in carcere. Privata di ogni contatto col mondo esterno, la ragazza viene affiancata dall’avvocato di famiglia, che per far luce sull’accaduto comincia a far luce sullo strano rapporto di Maja con il suo fidanzato Sebastian (Sandman), anch’egli rampollo della borghesia svedese dal passato controverso.
Quicksand: le nostre impressioni
L’impatto di Quicksand è di certo coinvolgente, ed ha il pregio di catapultare immediatamente lo spettatore in medias res. Dalle poche, frammentarie immagini offerte nei primissimi minuti, è sostanzialmente impossibile decifrare ciò che sta accadendo sullo schermo, dal momento che il duo di registi Sørensen/Farzaneh utilizza un travelling ben studiato ed un sistematico uso del fuoricampo che depisterebbe il più attento degli osservatori. Il risultato è dunque immediato: il mistero è fitto e gli indizi pochissimi, se non nulli.
Col passare dei minuti, Quicksand si rivela nella sua veste di ricostruzione atipica del caso giudiziario della sparatoria, in cui i punti focali sono assai più l’antefatto e la ricostruzione biografico-sentimentale della protagonista che il crimine in quanto tale. L’avvocato difensore della ragazza, infatti, contravvenendo ad uno stereotipo del genere, non chiede a Maja di confidargli la verità dei fatti. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, egli mira in maniera fin troppo risoluta e “sospetta” – mai gioco di parole fu più appropriato – al rapporto tra i due ragazzi, Maja e Sebastian, lasciando con questo presagire quale potrebbe essere l’asse direttivo della narrazione.
Quicksand, complici gli indizi rivelatori dispensati poco prima delle inquietanti immagini d’apertura che parlano espressamente di uso di droga e di violenze, sembrerebbe al momento propenso a richiamare una certa ambientazione hanekiana: borghesia, famiglie disfunzionali, violenze e un certo grado di noia esistenziale, tutti temi fondanti la poetica del cineasta di Monaco di Baviera. Al momento, stanti i pochi indizi, gli elementi sono ancora insufficienti a delineare con chiarezza lo sviluppo tematico.
Più che sufficiente è invece la resa tecnica di Quicksand. Sørensen e Farzaneh giocano abilmente con le tecniche volte a depistare, ingannare o ostruire la vista dello spettatore. Tra fuoricampo più che significativi e lacune disseminate in ogni dove, la serie sembra giocare più che bene con i classici meccanismi di intreccio della fabula, al momento alquanto arcana. Buona anche la prova dei due protagonisti, Hanna Ardéhn e Felix Sandman, sembra al momento in grado di veicolare l’aria tesa ed equivoca dell’intera puntata.
Ricostruzione psicologica ed ambientazione hanekiana promettenti: da tenere d'occhio Quicksand
valutazione globale - 6
6
Quicksand: giudizio in sintesi
Sin dalle prime inquadrature di Quicksand, è chiaro che i registi
Sørensen e Farzaneh giocano abilmente con tutti i canoni del genere giudiziario giocando la carta del solito intreccio della fabula: le sintomatiche omissioni ed i fuoricampo dispensati con cura contribuiscono a creare sin da subito un clima straniante. Tra le note più positive, al momento, segnaliamo un’ambientazione tematica hanekiana (la borghesia esistenzialmente annoiata e violenta) ed una ricostruzione atipica del caso giudiziario, in cui i punti focali sono assai più l’antefatto e la ricostruzione sentimentale della giovane protagonista. Convincente, sinora, la prova dei due attori protagonisti Hanna Ardéhn e Felix Sandman.
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