Concludiamo il nostro viaggio nella quarta stagione di Black Mirror con la recensione di Black Museum, episodio contenitore che sintetizza, ancora una volta, i difetti di questa stagione e i suoi pregi e contiene, nascosto come un messaggio in una bottiglia, un grido d’aiuto di Charlie Brooker.
Black Mirror, Black Museum: sinossi
In un luogo remoto, negli Stati centrali degli USA, c’è un piccolo museo degli orrori, o meglio, di oggetti legati a macabri crimini o vicende di disperazione, con un angosciante sorpresa finale nascosta dietro l’ultima tenda. In questo museo, una giovane ragazza arriva e il gestore di questa struttura l’accompagna in un raccapricciante tour tra i cimeli, in una speciale visita personale.
Black Mirror, Black Museum: le nostre impressioni
Abbiamo parlato in lungo e in largo di questa quarta stagione di Black Mirror, analizzandone pregi e difetti, partendo dalla bellezza visiva e dalla perfezione tecnica, arrivando all’inconsistenza delle trame e al cattivo retrogusto di vedere qualcosa che non è più bello come un tempo. La sostanza, alla fine, è una: Black Mirror non è più quello che era e il problema principale è l’ottimismo.
Sì, l’ottimismo che ti dice che alla fine l’amore vince, la giustizia vince, la vendetta è servita e la libertà è ritrovata. Un ottimismo inserito a forza nella serie per farla piacere ad un pubblico più ampio, tendenzialmente più americano e tendenzialmente quello che dice che la più bella puntata di Black Mirror è San Junipero. Ma lo show non è mai stato questo, lo show voleva far vedere la deriva tecnologica, rispetto alla situazione esistente e ammonire la gente, facendole capire che se non stiamo attenti finiremo male, come finiscono male le storie che vengono raccontate. Se ci si mette ad aggiungere ovunque un post finale ottimista, la serie non ha più senso, perché ci dice che tutto andrà comunque bene, e allora si perde tutta la diversità che c’era e ci troviamo davanti ad una serie normale, ma ben curata.
E in questo episodio tutto è più chiaro: Black Museum è un episodio carino, con un cast in ottima forma, visivamente eccellente, forse troppo antologico nell’antologia, un po’ troppo narrato come se ci trovassimo di fronte a qualcos’altro, però contiene quel famoso messaggio nella bottiglia di Brooker.
Il messaggio è che le ministorie che vediamo sono quelle che dovrebbe raccontare Black Mirror, uno sviluppo della tecnologia che serve a fare del bene, ad alleviare il dolore, ma che alla fine porta a snaturare l’essenza umana e porta ad una tragedia che non è risolvibile, ad una donna chiusa per sempre in una scimmietta, ad un uomo che invece di salvare vite le uccide, al commercio delle “anime”.
Però, poi arriva il però: tutto questo naufraga nel solito contenitore di “alla fine ce la facciamo”, il cattivo e meschino approfittatore viene punito, il padre sofferente liberato, la donna intrappolata torna libera, c’è speranza per l’umanita, quindi non occorre stare attenti.
Alla fine, nel Black Museum, ogni singolo oggetto rappresenta una storia tragica, e molte di esse sono (e sono state) in realtà dei singoli episodi di Black Mirror. La metafora che ne ricaviamo è che sono molto più interessanti i singoli oggetti che non il museo in sé.
Black Mirror, Black Museum
Valutazione globale - 6.5
6.5
messaggio d'aiuto
Black Mirror, Black Museum: un giudizio in sintesi
Il giudizio, alla fine di questo episodio, è un po’ su Black Museum e un po’ sulla stagione in generale, essendone questo la chiusura (se di chiusura si può parlare in una serie antologica), anche perché l’episodio in sé riassume tutto. Black Mirror guarda al passato e finisce per autocitarsi, come in molti degli oggetti del museo che richiamano quasi tutti gli episodi delle stagioni precedenti, ma sembra voler cambiare rotta e passare da serie-ammonimento a serie-rassicurante.
Ed è questa la traiettoria a cui assistiamo in questo episodio che, come tutti gli altri, è visivamente, tecnicamente e recitativamente di altissima qualità: il Black Mirror che conoscevamo non c’è più, è solo un cimelio da esibire in un museo, mentre l’ottimismo allarga i suoi orizzonti per contrastare la vecchia ansia.
Ecco, se vogliamo cercare la tristezza che solitamente ci resta addosso dopo la visione di Black Mirror, è proprio questa: l’ottimismo.
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Sono d’accordo in linea di massima con tutte le tue recensioni.
Ho notato anche io che questa quarta serie non ti lascia col senso di ansia delle precedenti nelle quali erano tutti perdenti. Dal primo ministro che perde la famiglia, al soldato che torna a casa, a i due del racconto di natale, e così via.
Hai ragione: così sono solo degli episodi belli, fatti bene ma non c’entrano nulla con lo stile dei precedenti.
Comunque hang the dj mi ha commosso e black museum mi ha obbligato più volte a mettere in pausa per riprendere fiato.
Grazie Runa, mi fa piacere il tuo commento; su Hang the DJ hai ragione, lo svolgimento del 3/4 dell’episodio era ottimo, oltre alla bellezza della fotografia e del montaggio, per un ansia esistenziale che mette addosso, che purtroppo il finale annacqua, facendoci capire che è tutta una simulazione. Sarebbe stato perfetto se non avessero dato via di scampo ai protagonisti. Black Museum toglie il fiato soprattutto, secondo me, nelle singole microstorie che sono proprio quello che Black Mirror dovrebbe raccontare
Oddio Hang the DJ forse ha un finale alla black mirror. Ti dico la mia sulla pagina della recensione dedicata. Black Museum è anche splatter (un aspetto che in genere ci veniva risparmiato nella serie) e, sono d’accordo con te, le singole microstorie sono più “grandi” della storia. Un po’ come quelle del racconto di Natale.