James Franco è un habitué della Mostra del Cinema di Venezia, essendo già alla quarta partecipazione con questo suo In Dubious Battle. Franco è un regista che divide, c’è chi lo ama e chi non trova i suoi lavori particolarmente scorrevoli. In quest’occasione il cineasta californiano prova a fare una cosa diversa, con una storia più lineare, più apprezzabile da una platea più larga e con un cast più nutrito, però il risultato non viene centrato.
L’impressione alla fine del film è che sicuramente sia scorrevole, ma che purtroppo venga infarcito di personaggi molto banali e prevedibili e la storia è un continuo “già visto”, sia perché le stesse situazioni sono solamente archetipi narrativi solo grezzamente lavorati, sia perché per tutta la pellicola anche lo spettatore meno smaliziato riesce a prevedere cosa succederà sempre con almeno due o tre scene d’anticipo, se non con delle buone mezzore.
Sarà anche tratto da un libro, ma la banalità è sovrana
Il film parte da una base apparentemente solida, una novella di John Steinbeck, però lo sviluppo è dei più banali: poveri operai/contadini sfruttati da avidi padroni che spinti da uomini disinteressati lottano per avere un futuro migliore da dare ai propri figli. Dramma, amori, tragedia, senso di libertà, voglia di rivalsa: un cocktail già assaporato centinaia di volte e che ormai ha perso, se non il sapore, quantomeno il senso di stupore che si prova per le novità.
Certo, possiamo anche avanzare due obiezioni al nostro costrutto: se si fa un film “storico” sulle lotte operaie i temi sono quelli e, in secondo luogo, non è detto che se di una cosa se n’è già parlato non se ne debba parlare più; però, pur essendo validi questi concetti, per andare ad insistere su temi abusati, bisogna quantomeno provare a proporre una visione “nuova” o personale, una costruzione alternativa o comunque una trama solida e strutturata. Purtroppo per il film di Franco, nessuna di queste condizioni sussiste.
Attori bravi ma personaggi insipidi per In dubious battle
Uno dei problemi principali sono sicuramente i personaggi. Sono troppo prevedibili e sembrano presi a prestito dal manuale base del personaggio standard: duri ma che alla lunga rivelano un cuore, donne apparentemente deboli ma forti nelle avversità, pater familias della comunità povera integri e onesti, capitalisti spietati e menzogneri, persone che hanno lo sguardo torvo dalla prima scena e poi si riveleranno dei traditori. Se poi ci aggiungiamo amori annunciati già al primo fuggevole sguardo, situazioni che capitano ad hoc che più ad hoc non si poteva per far proseguire la trama, soluzioni semplici che però vengono in mente solo ai protagonisti la frittata è fatta. Come dicevamo in apertura, chiunque, guardando il film, capisce già con lauto anticipo cosa succederà e come si svilupperà la trama.
Peccato perché sopratutto il cast era degno di nota e le interpretazioni di James Franco e, in modo minore, di Nat Wolff, sono state apprezzabili. Purtroppo, la smodata centralità di questi personaggi riduce a camei dei contributi potenzialmente notevoli, perché avere Bryan Cranston, Robert Duvall, Ed Harris ne cast e farli apparire per pochi minuti è uno spreco di potenziale enorme. L’unico che ha un minutaggio maggiore è Vincent D’Onofrio, ma anche lui rimane nell’onnipresente ombra di James Franco.
Senza troppo impegno però il film è godibilee
Ha molte pecche In dubious battle, però sicuramente non è un film noioso. Non passerà alla storia del cinema, né avrà avuto nulla da dire in più di quanto già detto, sia a livello narrativo sia a livello tecnico, ma, col cervello in modalità relax, è un film che comunque scorre via abbastanza velocemente, nonostante la lunghezza, e può essere un anonimo passatempo serale. Basta essere consci di cosa ci aspetta.
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