Titolo: Porto
Regia: Gabe Klinger
Paese: Portogallo, USA, Francia, Polonia
Cast: Anton Yelchin and Lucie Lucas
Durata: 75′
Il primo quarto d’ora di Porto è ingannevole. Mi sono ritrovato a pensare “ma cosa sto guardando?” con anche qui le onnipresenti telecamere a spalla, pellicola che sgrana, stile mockumentary, tutte cose che non mi convincono, ma poi ho voluto dare fiducia alla pellicola, anche grazie al nome di Jim Jarmusch come produttore e devo ammettere che sono uscito soddisfatto dalla sala.
Porto, una storia ben strutturata
Ben strutturata perché le impressioni iniziali erano solo figlie di una ben precisa scelta registica che, presa nel complesso, man mano che il film continuava, ha avuto sempre più senso. Porto è un film che si basa su una trama tanto semplice quanto banale, ossia una notte di passione tra due estranei che viene vissuta pienamente e che poi lascerà strascichi nella vita di entrambi.
Detta così, Porto potrebbe sembrare un banale film romantico, ma non è tanto la trama, quanto la costruzione ad essere molto apprezzabile. Klinger, il regista, mischia mirabilmente le carte e ribalta più volte gli approcci alla narrazione. Innanzitutto divide il film in tre parti, indicando la prima col nome del protagonista maschio, poi con quello della donna e alla fine con entrambi, tanto da far sembrare che la narrazione prima segua uno, poi l’altra e poi entrambi.
Il fatto è che questa è solo la parziale verità, perché Porto in realtà rovescia il racconto e ci fa vedere prima le conseguenze e poi, piano piano, costruisce il racconto della notte, andando non in ordine temporale ma per aggiunta. Ed è qui la prima finezza, perché nel seguire il film, riviviamo più e più volte la stessa notte, ma, ogni volta spostiamo l’angolo di ripresa o aggiungiamo cose, togliendo il poi, vedendo il prima, e ripulendo tutto fino a concentrarci sul cuore della storia. Ogni volta siamo sempre più consapevoli e più partecipi, ogni volta conosciamo dettagli nuovi e mettiamo le cose al proprio posto.
Pare quasi che l’intenzione di Porto sia proprio quella: ripulire progressivamente una notte di gioia e passione dal prima e dal dopo, andando verso il cuore stesso, alle uniche cose che contano: la gioia e la passione
Porto e le finezze tecniche
E qui ci riallacciamo al discorso d’apertura, perché anche la tecnica viene a supporto di questo costrutto: l’immagine inizialmente sgranata e proiettato con un frame stretto e una telecamera ballonzolante, piano piano, col passare delle sezioni, si stabilizza, l’immagine si fa più nitida e anche lo schermo torna alla grandezza naturale, piena, viva.
Le frasi inizialmente pronunciate da voci fuori campo mentre le immagini che scorrevano erano altre, tornano ad essere udite mentre vediamo anche la persona che le pronuncia, i discorsi tornano ad essere completi. Le stesse bugie e mezze verità che avevamo visto all’inizio vengono ridimensionate e scartate, facendo tornare i personaggi nella bolla di quella magica notte a Porto.
Gli stessi personaggi, a lungo incerti e difettati, tornano, con l’andare del film, ad essere decisi o dolci, puri o sognatori. Tutto si aggiusta in questo viaggio a ritroso e non è un caso che la protagonista citi Proust nel corso di una conversazione.
La chiusura della pellicola è semplice, muta e poetica, il ritorno alla perfezione nel viaggio a ritroso di Klinger.
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Porto
Sceneggiatura
Regia e fotografia
Recitazione
Sorprendente e delicato