“Penso che The Leftovers si sia ritagliato uno spazio nello spirito culturale dell’epoca. Il che significa un pubblico più colto, più appassionato e più piccolo.”Così parlò Damon Lindelof creatore della serie HBO che, terminata la seconda stagione, si avvicina alla terza e ultima annata. “E così, non sento la pressione che può sentire un Breaking Bad o Game of Thrones o Lost o un Walking Dead. Parlo di quella pressione che senti quando stai terminando una stagione o la stessa serie.” Naturalmente Lindelof si riferisce anche a come possa venire accolto il finale.
The Leftovers e la critica.
Basata sull’omonimo romanzo del 2011 di Tom Perrotta, che racconta gli effetti sui rimasti della sparizione simultanea del 2% della popolazione mondiale, la seconda stagione dello show è andata ben oltre i confini del libro. La stagione che ha debuttato il 4 ottobre 2015 ed è durata 10 episodi ha raccolto tantissimi elogi. Definita “un racconto ispiratore e imprevedibile” dai giurati dei Peabody Awards, lo spettacolo ha ottenuto il mese scorso questo prestigioso premio. Ma vittorie e nomination sono piovute copiose, dai WGA Award ai Critic’s Choice TV Award, ai Television Critics Association Award e ora attendiamo di vedere cosa succederà agli Emmy.
L’intervista a Lindelof.
Deadline ha intervistato Lindelof con riferimento alla terza stagione di The Leftovers. Eccone qui alcuni stralci
Deadline: Allora, a che punto siete con la terza stagione di The Leftovers in questo momento?
Lindelof: Abbiamo girato i primi due episodi in Texas e ci stiamo preparando a girare il resto della stagione in Australia, a partire da questa settimana. Ecco, questo è dove siamo con il girato. Sul lato scrittura, abbiamo scritto metà stagione e abbiamo abbozzato un paio di episodi della seconda parte. Saremo in produzione fino alla fine di settembre.
Deadline: E cosa hai intenzione di fare quando The Leftovers sarà terminato?
Lindelof: (ride) Questa è una domanda eccellente e non ho nessuna risposta. Un errore che ho fatto in passato, è iniziare a progettare il prossimo lavoro, mentre stavo ancora finendo quello precedente, e ho davvero apprezzato di essere monogamo con The Leftovers. Ha funzionato molto bene per me.
Come ho detto, gireremo lo show fino a settembre e poi ho intenzione di passare ottobre e novembre per la post produzione. E a un certo punto, intorno al Ringraziamento o alle vacanze, finiremo. Ed è allora che inizierò a pensare al futuro. Fino ad allora, tengo i miei occhi sull’obiettivo.
Deadline: La prima stagione, ovviamente, è stata tratta molto fedelmente dal romanzo di Perrotta, con Tom profondamente coinvolto nel corso di tutta la serie come Executive Producer. Ma per la seconda, voi non avevate più un riferimento base e avete condotto The Leftovers su terreni inesplorati. Dopo tutto il plauso che la seconda stagione ha ricevuto, come hai fatto a pianificare la conclusione della serie?
Lindelof: Beh, abbiamo iniziato con la fine. Ci siamo chiesti cosa volessimo come ultima scena, cosa far succedere, cosa vogliamo che quella scena provochi emotivamente. Lo show, come sempre detto, non è mai stato sulla risoluzione del mistero e sul dare delle risposte. Come vogliamo che il pubblico si senta quando sarà tutto finito? Così, quelle conversazioni sono iniziate in modo molto astratto ma sviluppandosi sono diventate molto più concrete e siamo così arrivati a dire: “OK, sappiamo cosa sarà ‘ultima scena, ora, come faremo ad arrivarci?”
Abbiamo deciso quale era la nostra stella polare e quale sarebbe stata la destinazione, e questo è stato un bene per noi. Nella seconda stagione non abbiamo avuto nessuna mappa, ma ne abbiamo elaborato una prima di iniziare a lavorare. Così, la terza stagione, la conclusiva, ci sta dando un certo tipo di energia che è diverso, forse, rispetto alle stagioni precedenti.
Lindelof e il finale di The Leftovers
Deadline: quanto incide Lost per te, come showrunner, anche dopo tutti questi anni? Quanto sulle aspettative degli spettatori sul finale?
Lindelof: Penso che The Leftovers si sia ritagliato uno spazio nello spirito culturale dell’epoca. Il che significa un pubblico più colto, più appassionato e più piccolo. E così, non sento la pressione che può sentire un Breaking Bad o Game of Thrones o Lost o un Walking Dead. Parlo di quella pressione che senti quando stai terminando una stagione o la stessa serie.
La mia sensazione è che, se ti piace The Leftovers, se stai guardando The Leftovers, a questo punto, il mio lavoro è sostanzialmente quello di essere il più autentico e in linea con lo show che ho scritto e non cambiare per il finale. E si spera che il pubblico si ponga delle domande, ma questo è qualcosa che non si può prevedere. E chiedersi se la gente apprezzerà o no è uno spreco di tempo ed energie. Devo solo farlo piacere alle persone che mi circondano.
Deadline: L’ultima scena della serie sarà uno shock o confortevole per i fan?
Lindelof: Sicuramente non uno shock. Per quanto riguarda il comfort, beh, questo è assolutamente relativo.
Deadline: Ora che state lavorando sulla seconda metà della stagione, si può dire che lo show è andato a dove volevate?
Lindelof: Sì, penso di sì. Penso che lo show ha avuto una partenza difficile. Credo che la prima stagione sia stata come una macchina in cui giri la chiave, ma il motore borbotta ma non parte. Finalmente ad un certo punto ingrana, ma solo verso la fine. E da quel momento, guidare è stato incredibile. Detto questo, abbiamo tracciato lo show una stagione alla volta. E quando siamo arrivati alla fine della seconda, si sentiva come se fossimo molto più vicino alla fine di quanto siamo stati all’inizio. E non ha mai voluto essere uno show da molte stagioni e tre lo abbiamo iniziato a sentire come il numero magico.
Lindelof e la HBO
Deadline: La seconda stagione di certo è cresciuta sullo schermo e tra la critica.
Lindelof: Sì, la critica certamente ha iniziato ad apprezzare lo spettacolo nel corso della seconda stagione e questo ha contato molto, credo, per Mike Lombardo, che ha sempre amato lo show. Questo apprezzamento lo ha convinto a darci una stagione in più. Mi ha chiamato l’anno scorso e ha detto solamente “facciamo una terza stagione”. E io ero quello che gli ha detto che volevo che la terza fosse l’ultima. A onore di Michael, in quella stessa chiamata, si pecepiva che ci stesse dando libertà assoluta. Non ci sarebbe nessuna terza stagione senza di lui.
Deadline: Qual è stata l’influenza di Michael nel plasmare lo spettacolo?
Lindelof: Beh, dopo che io e lui abbiamo parlato di una terza stagione, con tutti gli scrittori mi sono chiuso nella writing room per circa 6 settimane. Abbiamo progettato l’intera stagione, a livello di narrazione, e la dinamica dei personaggi. Alla fine di questo abbiamo avuto un epico incontro di due ore in HBO con Mike Lombardo. Credo che fosse, nel complesso, molto sensibile a quello che stavamo per fare. Ma ha fatto un paio di appunti molto importanti. Non nel senso di buttare via cose, ma lui aveva una visione, perché pur non essendo stato in quella stanza per sei settimane, ha individuato alcune aree problematiche e, soprattutto, ha offerto le soluzioni.
Non sto solo dicendo questo per parlare bene del capo, ma credo davvero che la correzione di rotta che ha offerto ha pagato in maniera estremamente significativa per lo spettacolo. E così la mia speranza è che, quando vedrà la terza stagione, possa percepire il contributo che lui ha dato.
Deadline: un contributo che parte fin dall’inizio per la tua collaborazione con HBO.
Lindelof: beh, penso perché fanno le cose in modo diverso, c’è una sorta di un approccio artigianale agli show che fanno a HBO. E ‘uno spazio molto particolare in cui avere conversazioni creative su un piano che non ho mai sperimentato prima. C’è un sacco di fiducia, ma la fiducia è guadagnata venendo messi alla prova e quindi, si spera, cresce attravereso la sfida. Se non fosse per la guida di Mike Lombardo e Michael Ellenberg, che all’epoca era a capo del reparto Drama, e Sue Naegle, lo spettacolo non sarebbe nemmeno esistito. Inoltre, quando qualcosa non funziona, loro sono in grado di non solo di dirti che non funziona, ma anche di proporre delle soluzioni.
Ed è quello che Mike Lombardo ha fatto durante tutto il suo mandato. E poi l’unica ragione per cui vi è una terza stagione è grazie a Mike. Non è un segreto che lo show è, detto in modo politico “una sfida per gli ascolti” o “con una piccola ma appasionata fanbase”. Tutto viene sempre misurato e io non ho i paraocchi. Non abbiamo sicuramente convinto tutti, se capisci cosa intendo. So che The Leftovers non è e mai sarà un blockbuster, e quindi non ho dato mai nulla per scontato.
International Assassin
Deadline: ad oggi, l’episodio “International assassin” sembra aver spazzato via tutti quelli che erano i concetti base di The Leftovers e avere ribaltato tutto, con il personaggio di Justin Theroux che va nel mondo dei morti e si trasforma in Bond e Bourne. Non hai avuto paura di esserti spinto troppo oltre?
Lindelof: beh, non credo che lo avremmo fatto se non fossimo stati sicuri che stava funzionando. Penso che quando ci si avvicina a qualcosa con un livello di completa e totale fiducia, la gente almeno rispetta la fiducia. E ‘un po’ come vedere qualcuno che si schianta nel modo più doloroso possibile, ma quando lo vedevi in cima al trampolino ti sembrava molto sicuro di sé. E così, penso che l’idea di dubitare di te stesso alzi notevolmente le probabilità di fallimento.
Detto questo, quando abbiamo iniziato a vedere i dailies (girati quotidiani n.d.r.) di “International Assassin”, c’è stato un grande entusiasmo nella writing room e abbiamo scritto una sceneggiatura per la quale la HBO è stata davvero ricettiva, nonostante la sua stranezza. Ma quando ho cominciato a ricevere i dailies e Justin è rimasto chiuso in questa specie di scazzottata alla Jason Bourne in una stanza d’albergo, ero come “oh. cosa stiamo facendo? Siamo in grado di farlo?’ Per noi è stato un buttarsi, un seguire un impulso romantico e trovarsi improvvisamente “fidanzati”.
Deadline: e la tua proposta di fidanzamento era per? i blockbuster?
Lindelof: Sicuramente eravamo in ginocchio proponendo qualcosa. Non sono ancora del tutto sicuro di cosa si trattasse. Ma penso di avere aperto gli occhi, anche con l’arrivo di Tom Perrotta e Tom Spezialy sul set della seconda stagione, sul fatto che lo show potesse anche essere divertente. The Leftovers non è mai stata una commedia e soprattutto se si pensa alla prima stagione, lo show non è mai stato divertente. Ma ci sono stati momenti di vera e propria assurdità, come nell’episodio “International Assassin”
Lindelof, Lost e la scrittura
Deadline: c’è ancora molto Lost lì fuori, anche uno show comico (Wrecked) che ne fa la rilettura comica.
Lindelof: non sto vedendo lo show (Wrecked) ma lo sto registrando in DVR. Comunque, penso che chiunque tiene ancora a Lost sia una benedizione in sé e per sé e, ovviamente, è un lavoro di cui io sono incredibilmente orgoglioso senza nessun dubbio. Lost è finito da quasi sei anni e il fatto che esista ancora nella coscienza delle persone, qualsiasi forma assuma, quando c’è così tanto, non solo di televisione in generale, ma anche di grande televisione là fuori, è immensamente lusinghiero. Quindi, io sono solo contento che le persone pensino ancora a Lost.
Deadline: Dopo essere stato il co-showrunner di Lost con Carlton e ora a dirigere The Leftovers, cosa è cambiato nel modo in cui ti approcci alla gestione dello show ora?
Lindelof: Ho davvero la sensazione che gestire uno show sia un po come essere genitori. Più si cerca di rendere il tuo bambino come te, più desideri che il bambino sia interessato a quello che ti interessa, maggiore è la probabilità che lo si stia spingendo lontano. Più invece si da libertà al bambino, più si ascoltano i suoi desideri, si gioca insieme, si guardano insieme i suoi cartoni animati, più ne beneficia il rapporto. E penso che lo stesso valga per la scrittura, almeno per me.
Più collaboro con gli altri e meno tengo tutto strettamente sotto controllo, più ne beneficia il lavoro. Più cerco di impormi e fare sapere al mondo cosa Damon Lindelof vuole dire, più vado verso il disastro. Ogni volta che ci ho provato, non è andata bene. Quindi, sto provando qualcosa di un po ‘nuovo ora e mi sto proprio godendo il risultato.
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