«Adoro i primi giorni, quando si comincia ad ideare la stagione, si possono visualizzare tutte le possibilità. Ci stiamo divertendo un sacco ad abbozzare nuove fantastiche idee.»
I personaggi saranno al centro della terza stagione di Stranger Things
I creatori della serie blockbuster targata Netflix hanno rilasciato alla testata Indiwire qualche rivelazione riguardo il futuro dello show, in seguito alla Master Class alla Chapman University dove i fratelli si sono laureati nel 2007. Se c’è qualcosa che contraddistingue in particolar modo la prima stagione dalla successiva è che nella seconda stagione vi è una maggiore esplorazione del mondo. Tuttavia, i fratelli Duff, parlando della terza annata di Stranger Things, hanno fatto allusione ad un maggiore sviluppo dei personaggi piuttosto che dell’ampliamento e dello sviluppo narrativo, che d’altronde è già stato ottenuto nella seconda stagione.
«Quello che mi eccita maggiormente è concedere ai personaggi un percorso che permetta loro di svilupparsi» ha dichiarato Matt Duffer.
La terza stagione è ancora in piena fase di sviluppo: «In questo momento io e Matt stiamo lavorando con alcuni scrittori per capire che direzione prendere» aggiunge Ross Duff. Eppure, i fratelli sono già in grado di affermare che la nuova stagione sarà addirittura più strana delle precedenti, molto più intima e molto più divertente.
Benvenuta ansia adolescenziale
Una delle questioni più pressanti riguardo l’evoluzione di Stanger Things è come i fratelli Duffer riusciranno ad adattare la serie in funzione della crescita del cast. Abbiamo già intravisto scorci di maturità nello show come ad esempio nel bacio (improvvisato) tra il personaggio di Max (Sadie Sink) e di Lucas (Caleb McLaughlin); i Duffer si sono quindi arresi davanti all’inesorabile crescita degli attori, anzi, ne sono addirittura entusiasti. I creatori hanno infatti dichiarato di considerare la crescita naturale degli attori come un cambiamento positivo per lo show. L’adolescenza «è una parte molto drammatica della vita, e il dramma fa bene! Quindi penso sia ottimo forzare lo show ad evolversi» ha aggiunto Matt Duffer. Dopotutto, chi non ama i teen drama?
Eighties Forever e l’immaginario timburtoniano
Uno degli aspetti più importanti di Stager Things è che la temporalità dello show fa costantemente allusione ad uno zeitgeist e ad una cultura popolare anni ’80. Quando Ross Duffer viene interrogato rispetto al mantenimento (o al non mantenimento) di questi riferimenti nella terza stagione, risponde: «Ci sono miriadi di film e registi negli anni ’80 ai quali non abbiamo assolutamente fatto allusione finora». Ebbene, a quali film e a quali registi vorrà fare riferimento la terza serie resta per ora una domanda senza risposta. Secondo i creatori svelare questo mistero potrebbe farci scivolare nel territorio dello spoiler. Così, Ross Duffer non ha voluto commentare, suggerendo che tali riferimenti potrebbero essere cruciali per la trama della prossima stagione.
Ciononostante, durante le prime ore della Master Class i fratelli Duffer hanno menzionato Batman di Tim Burton (1989) come pellicola che li ha introdotti nel mondo della creazione filmica. Forse, possiamo immaginare che vi sia in gioco qualche allusione all’estetica di Burton, il che creerebbe un dialogo d’intertestualità coadiuvato dalla presenza di Winona Ryder, legame diretto tra Beetlejuice – spiritello porcello (1988), Edwars Mani di forbice (1990) e Stranger Things. Invece, i riferimenti più importanti ed evidenti agli anni ’70 e ’80 presenti nello show includono alcuni film di Steven Spielberg, Ridley Scott e George Lucas, così come alcuni romanzi di Stephen King.
Un film di nove ore
«Stiamo ancora cercando di capire come raccontare una storia in otto, quasi nove ore. […] Forse potremmo farlo alla fine di ‘Stanger Things’. Forse per la stagione finale.»
È stato il cinema a creare l’amore dei Duffer per la narrazione; quando sviluppano lo spettacolo, usano un approccio cinematografico pensando allo show come se fosse un film davvero lungo. Innamorati dei film a causa dei diversissimi approcci alla produzione, i Duffer Brothers sono convinti che attualmente i confini tra film e televisione siano diventati notevolmente sfocati.
Pur essendo persuasi del fatto che il bello del cinema è che questo si configura come un’esperienza di singola ed unica visione, i Duffer non dimenticano di tenere da conto i vantaggi della televisione: «Quello che mi piace [del media televisivo] è che possiamo fare dei film pur non essendo costretti ad obbedire alla regole delle due ore. Ci dà questa tela più grande per dipingere. Così si apre ogni sorta di possibilità di narrazione» ha dichiarato Matt Duffer.
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Fonte: Indiewire