L’estate è un periodo di magra per le sale cinematografiche italiane e per il cinema in Italia. C’è un genere, però, che nella calda stagione trova ampia distribuzione e anche ottimi risultati: l’horror. Dopo il buon risultato di Obbligo o verità, è uscito nelle sale italiane Hereditary – Le radici del male, opera prima di Ari Aster e interpretato da Toni Collette.
Hereditary – Le radici del male: la sinossi
Dopo la morte della matriarca Ellen, una donna dalla vita oscura, che viveva un rapporto conflittuale con la figlia Annie, la famiglia Graham, composta da Annie, il marito Steve e i due figli Peter e Charlie, cerca di elaborare il lutto. Iniziano a verificarsi degli eventi paranormali e tragici, che porterà Annie a scavare nel passato della madre e a fare delle scoperte terrificanti su essa e sul destino che sembrano aver ereditato.
Hereditary – Le radici del male: le nostre impressioni
Il film di Aster è un progetto alquanto particolare. Dal trailer del film si potrebbe pensare alle classiche storie di case infestate da spiriti, fantasmi e, quindi, tornano alla mente gli infiniti filoni che hanno fatto parte della nostra adolescenza. Hereditary – Le radici del male, invece, è un film molto ambizioso, con elementi magari che non hanno funzionato al meglio, ma che sicuramente porta una ventata d’aria nuova al genere.
Riprende quel filone horror intrapreso con due gioiellini come It follows e The witch. Scava nel sociale, non c’è nulla di artificioso, di macchinoso. Il tutto è ricondotto ad una guerra tra l’umano e ciò che lo sovrasta, da entità sovrannaturali a forse le stesse paure che fanno parte dell’Io di ognuno di noi.
Come i film citati, Hereditary – Le radici del male mantiene un ritmo particolare: va lento, disturba, incolla allo schermo, senza mai sbottonarsi troppo, ma immettendo dei brividi veri sotto la pelle dello spettatore e continue reti di punti interrogativi nella sua mente, una rete che lentamente e con efficacia va sciogliendosi.
Funziona il modo in cui nulla è dato al caso o a banali cliché già visti e rivisti in decine di film horror, ma partendo da un dramma familiare si scava nell’orrore dei segreti e della paura. Nonostante la durata sia leggermente eccessiva, il film quasi mai annoia, merito di uno script efficace, di una scrittura mai banale e di un regista che, nonostante sia alle prime esperienze, riesce a infondere le giuste atmosfere, portando lo spettatore dentro il film e dentro casa dei protagonisti. Sembra che Aster abbia appreso tanto da studi e da sue esperienze e abbia realizzato un’opera interessante, studiata nel dettaglio.
Grande forza è data anche da un lavoro di fotografia sapiente, efficace, che imprime al film un forte senso di verità e di terrore, e da uno splendido uso di colonna sonora ed effetti sonori.
Un merito importante va dato al cast, calatosi perfettamente nelle emozioni dei personaggi, dalla freddezza quasi imbalsamata del marito Steve, interpretato da Gabriel Byrne, al senso di inquietudine e paura del giovane Peter, interpretato dal giovane Alex Wolff, già visto nel reboot di Jumanji. Le fuoriclasse, però, sono le due interpreti femminili. Milly Shapiro non sembra alla prima esperienza davanti alla macchina da presa e regala con la sua oscura Charlie un personaggio che entra nella storia del cinema horror moderno. Toni Collette, protagonista assoluta del film, offre forse la prova migliore della sua intera carriera, vestendo la frustrazione, la paura, l’angoscia e il terrore del personaggio di Annie. Non è da escludere una sua nomination per tale ruolo durante la stagione dei premi.
Hereditary - Le radici del male
Valutazione globale - 7
7
Ambizioso, ben realizzato, inquietante, una Toni Collette superba
Hereditary – Le radici del male: giudizio in sintesi
L’opera prima di Ari Aster risulta ambiziosa ma convince. Il regista ha saputo trasporre in un dramma familiare l’orrore, una lotta tra l’uomo e le sue paure e l’ultraterreno imbattibile, con un grande senso di realtà e originalità, senza mai cadere in cliché da classico film horror. La realizzazione tecnica del film è ottima, mentre da applausi sono le performance del cast, in particolare quella dell’esordiente Milly Shapiro, che regala un personaggio cult, e una straordinaria Toni Collette, alla migliore performance della carriera.
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