Home / Recensioni / Gomorra – La serie: la recensione della seconda stagione
Gomorra

Gomorra – La serie: la recensione della seconda stagione

Il Male. Raccontato senza morbosità, senza mezzi termini. Sbattuto in faccia al telespettatore come un pugno allo stomaco. Il Male si racconta. Anzi, si deve raccontare. Chi dice che Gomorra propone un modello sbagliato, che rende eroi i criminali, sbaglia. Forse perché il pubblico medio non era abituato a vedere una serie che mette in scena la nuda e cruda verità di uno spaccato dell’Italia del sud. L’Italia in mano al potere criminale.Genny

Giunta alla sua seconda stagione, Gomorra aveva l’obiettivo di saper confermare quanto di buono aveva fatto vedere nella sua prima annata e che tanto successo ha avuto in vari paesi sparsi per il mondo. Un prodotto 100% italiano parecchie spanne sopra alla media delle fiction del Bel Paese. Merito di una cura minuziosa in fase di regia, con Sergio Sollima alla supervisione e di un cast di attori perfetto nell’interpretare i volti del Male. E merito anche di Roberto Saviano, il cui omonimo libro ha ispirato i soggetti degli episodi.

La seconda stagione si apre e si chiude con una nascita.

Nel primo episodio è la (ri)nascita di Genny Savastano finito in coma per mano di Ciro Di Marzio. Un Genny versione 2.0, all’inizio più defilato del solito perché stanco della faida tra la sua famiglia e il clan dei Di Marzio. Si trasferisce a Roma dove si innamora della figlia di un noto imprenditore. Ma anche lontano da Scampia, Genny non rinuncia agli affari sporchi arrivando a mettersi addirittura contro il padre, nascosto in un appartamento bunker, per il controllo delle principali piazze di spaccio.

Ciro Di Marzio, dopo aver fatto fuori donna Imma, messo ko Genny e con Pietro Savastano in carcere, pensava di avere vita facile. Invece per lui la situazione comincia a precipitare già da subito, arrivando ad uccidere la moglie con le proprie mani. Da quel momento in poi Di Marzio perderà una serie di battaglie lanciate da Don Pietro che lasceranno sul campo una serie interminabile di morti, con l’apice toccato proprio nell’ultimo episodio. Malammore, fido collaboratore di Don Pietro, uccide con freddezza la figlia di Ciro Di Marzio.

Una scena odiosa, dolorosa e raccapricciante che ha scatenato un putiferio di commenti contro la serie in giro per il web.

“Non si può arrivare a così tanto”, “è ignobile”, “indegno”, “smetterò di seguire la serie”.

Chi la pensa così non ha ancora capito che Gomorra, come già ribadito qualche riga più in alto, non ci vuole risparmiare niente. Neanche la fredda uccisione di un’adolescente innocente. La Guerra è così: non fa sconti a nessuno. Quello che conta, per loro, è avere sempre più potere, per conquistare la fiducia delle persone e in questo modo arricchirsi. Non importa come arrivare a questo obiettivo. L’importante è arrivarci, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi modo.

ScianelNella seconda stagione hanno fatto il loro esordio nella serie due nuovi personaggi femminili. Scianel (è già cult sul web la scena dove canta con un vibratore in mano), soprannome di Annalisa, boss di una delle più importanti piazze di spaccio di Napoli. Una donna dal carattere tosto e deciso, che sa farsi rispettare e pretende quanto le spetta; Patrizia, commessa di una boutique dove vanno a vestirsi le donne dei boss. Nipote di Malammore, diventa la serva-spia di Pietro Savastano. Due donne completamente diverse ma entrambe ben caratterizzate, risultando due ottimi personaggi che non ci dispiacerebbe ritrovare nella terza, già annunciata e in fase di scrittura, stagione.

Così come nel primo episodio un Savastano torna alla vita, nell’ultimo un altro arriva al mondo. Il figlio di Gennaro viene alla luce negli istanti esatti in cui Di Marzio compie la sua personale vendetta uccidendo Don Pietro con un colpo alla testa. E Genny chiamerà proprio Pietro il figlio, quasi a testimoniare un passaggio di consegne. Il Male che si trasmette di padre in figlio e che non conosce fine. Almeno fino alla terza stagione.

About Daniele Marseglia

Ricordo come se fosse oggi la prima volta che misi piede in una sala cinematografica. Era il 1993, film: Jurrasic Park. Da quel momento non ne sono più uscito. Il cinema è la mia droga.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *