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American Horror Story

American Horror Story: Roanoke – recensione della sesta stagione

Ryan Murphy aveva capito che in quel modo non si poteva continuare. Fatte salve Murder House (la prima stagione che ha rappresentato la novità) e Asylum (la seconda, fino a questo momento la migliore), da Coven in avanti American Horror Story ha seguito un trend in costante discesa. Era difficile se non impossibile riscontrare elementi horror nelle ultime stagioni andate in onda, in particolare in Hotel dove il glamour e lo splatter (e aggiungerei la noia) la facevano da padrona. Era il momento di invertire la rotta, di inventarsi un qualcosa di nuovo, di non mandare completamente in vacca una serie antologica che con una caratteristica del genere ha il pregio di rinnovarsi anno dopo anno. Ed eccovi servito Roanoke.

Una stagione avvolta nel mistero fin dall’inizio

Già dalle settimane precedenti il debutto si poteva intuire che avremmo assistito ad una stagione diversa dal solito. Nessuna immagine, nessun trailer, nessuna notizia sul cast e sulla trama. Niente di niente. Solo qualche minipromo che, a posteriori, aveva il compito di fuorviarci, di mandarci fuori strada, di non farci fare una minima idea sul tema della sesta stagione. Perché questa stagione un tema vero e proprio non ce l’ha avuto. Murphy ha pensato bene di scompigliare le carte in tavola e di realizzare un qualcosa di spiazzante. “Quello che credete di vedere”, disse l’ideatore della serie alla vigilia del debutto, “non è quello che state vedendo”.

La stagione parte col genere mockumentary

American Horror StoryI primi cinque episodi della serie si presentano come una sorta di mockumentary, un finto documentario intitolato My Roanoke Nightmare. Meglio ancora: una ricostruzione degli eventi. Una giovane coppia appena sposata si trasferisci in una dimora situata nella vecchia colonia di Roanoke. Non dormirà sonni tranquilli perché dovrà presto fare i conti con i coloni che dal passato sono tornati per rivendicare il loro diritto esclusivo ad occupare la terra. Assistiamo così ad una ricostruzione dei fatti mentre i “veri” protagonisti, scampati alla carneficina della Macellaia, davanti alla telecamera ricordano quei tragici e maledetti giorni vissuti a Roanoke. Ma al sesto episodio tutto cambia.

Il genere da mockumentary si trasforma più volte, in modi differenti, prima in una cosa e poi in un altra ancora, pur restando ancorato al “media” della televisione nella televisione e alle diverse forme di “reality tv”.

Una svolta particolarmente gradita per American Horror Story

Ci voleva proprio ad American Horror Story una boccata d’ossigeno come questa. La scelta di sviluppare una stagione atipica si è rivelata particolarmente azzeccata. Roanoke è riuscita principalmente dove le ultime stagioni avevano fallito, ovvero nel proporre un qualcosa con una spiccata identità horror. Tutta la stagione è pervasa da momenti di grande terrore, vuoi per le apparizioni improvvise all’interno della casa o per gli squartamenti della Macellaia durante le notti con la Luna di Sangue.

Le riprese con i cellulari aumentano il livello di tensione

Anche la seconda parte della stagione centra l’obiettivo con un netto cambio di rotta. Le riprese sono fatte gran parte con i cellulari dei protagonisti del reality Return to Roanoke: Three Days in Hell. Certo, resta inspiegabile come questi cellulari siano sempre ben carichi e come durante le torture e gli omicidi il primo pensiero dei protagonisti sia quello avere il dispositivo in mano per riprendere il tutto. Ma sarebbe riduttivo fermarci qui quando le riprese found footage incrementano la percezione della paura.

Cast in gran forma

American Horror StoryAd impreziosire una stagione di per sé già positiva, c’è da sottolineare l’ottima prova di tutto il cast a partire da due fuoriclasse come Sarah Paulson, bravissima nel trasmettere tutta l’angoscia provata quando viene rapita dai Polk, e Kathy Bates, il cui personaggio si immedesima talmente tanto in quello della Macellaia da lei interpretato in My Roanoke Nightmare che, in un momento di delirio, crede di essere veramente lei e…carneficina fu. Scampato il pericolo Lady Gaga qui relegata ad un personaggio secondario (ma per certi versi fondamentale) che appare col gontagocce nell’arco di 10 episodi.

Cosa ci riserverà il futuro?

American Horror Story supera l’esame meritandosi più che una sufficienza. Per l’idea di spacchettare la stagione in cose diverse, non certo per l’originalità di una casa infestata. Per aver rischiato con un modello ibrido che in tv, da che ricordi, non si era mai visto. Per la mossa furba di aver creato molto attesa e curiosità alla vigilia della messa in onda. Cosa si inventeranno adesso Murphy e company per una già confermata settimana stagione?

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About Daniele Marseglia

Ricordo come se fosse oggi la prima volta che misi piede in una sala cinematografica. Era il 1993, film: Jurrasic Park. Da quel momento non ne sono più uscito. Il cinema è la mia droga.

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