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The Sisters Brothers

The Sisters Brothers: a Venezia 75 arriva un intenso ed atipico western

Tratto dal romanzo western dello scrittore canadese Patrick DeWitt, The Sisters Brothers del regista francese Jacques Audiard è un film western che vanta una co-produzione tra Francia, Belgio, Romania e Spagna e un cast stellare composto da Joaquin Phoenix, John C. Reilly e Jake Gyllenhaal.

The Sisters Brothers: la sinossi

The Sisters BrothersIl film è ambientato nell’Oregon del 1850. I fratelli Charlie e Eli Sisters (Joaquin Phoenix e John C. Reilly) sono due assassini di professione che vengono ingaggiati dal Commodoro per trovare un uomo ed ucciderlo. Tale incarico li condurrà ad abbandonare la loro terra per un lungo viaggio verso la California, durante il quale dovranno fronteggiare i pericoli del duro e selvaggio west, ma anche fare i conti con se stessi e con il conflittuale rapporto fraterno.

The Sisters Brothers: le nostre impressioni da Venezia 75

The Sisters Brothers è il perfetto esempio di film che è in grado di stupire andando oltre le aspettative del genere western, quel genere tanto americano e cristallizzato in determinati personaggi e situazioni narrative. Non si può certo dire che la struttura di partenza del film non sia western, si tratta pur sempre di cercatori d’oro, di persone ricercate, di cowboy che galoppano nelle sconfinate praterie, di paesaggi mozzafiato e a perdita d’occhio, di saloon e sparatorie. Ma non è che la base dalla quale il film di Jacques Audiard si solleva per raccontare un prisma di tematiche inaspettate, intrecciate tra loro con un’accurata alternanza di toni e con una regia davvero talentuosa.

The Sisters BrothersNon è solo la storia di due assassini su commissione, non è una semplice ricerca di un uomo in quegli orizzonti senza fine. I personaggi si svelano poco a poco in tutta la loro originale complessità. Così come sono disposti ad uccidere senza alcun tipo di problema chiunque si opponga o li minacci, i due fratelli provano un affetto reciproco che viene raccontato nei suoi alti e bassi, dall’arroganza all’altruismo, dall’amarezza alla complicità, dalla violenta brutalità alla tenera premura. Allo stesso modo la coppia speculare costituita da Warm (Riz Ahmed) e Morris (Jake Gyllenhaal) non si configura come il classico binomio di inseguitore e ricercato, ma si sviluppa anch’esso nel dialogo e nella scoperta di una compatibilità umana inaspettatamente empatica, persino a livello socio-politico.

The Sisters Brothers offre un racconto di formazione di adulti maldestri che hanno a che fare con un mondo che cambia, un mondo violento e rapace, ma nel quale c’è spazio per quelle cose che i veri uomini del western classico (normalmente) non considererebbero: i sentimenti, il rapporto sincero che si può spontaneamente provare verso persone, amici, animali, oggetti. E nel raccontare tutto ciò, largo spazio viene lasciato ad episodi squisitamente comici (esilarante è il rapporto dei cowboys con la “tecnologia” domestica in via di sviluppo, a.k.a. lo spazzolino e i sanitari), che ben si conciliano con altri decisamente drammatici. Quello che porta avanti il film è un discorso costruttivo, vario, estremamente interessante su personaggi che il western nel corso degli anni aveva reso fin troppo bidimensionali. Una rinascita del genere? Meglio dire che si sia raggiunto qualcosa di più. E consiglio vivamente di scoprirla.

The Sisters Brothers

valutazione globale - 8

8

Un western agrodolce, inaspettatamente profondo, completo

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The Sisters Brothers: dichiarazioni e curiosità

La conferenza stampa ha in qualche modo rispecchiato l’ecletticità del film, altalenando interventi spiritosi a commenti molto profondi ed interessanti. Erano presenti uno degli attori protagonisti, il poliedrico John C. Reilly, il regista Jacques Audiard, il brillante compositore Alexandre Desplat (ormai uno dei compositori più illustri in circolazione) e il co-sceneggiatore Thomas Bidegain.

The Sisters BrothersInterrogato sulle maggiori “sfide” che gli attori hanno dovuto fronteggiare durante la produzione, Reilly si è soffermato su un aspetto – che spesso non viene presa in considerazione – implicito ad una co-produzione internazionale, vale a dire la comunicazione tra persone che parlavano lingue diverse. Tra le sfide più grandi ha anche ricordato con un sorriso che “Riding horses is always a challenge” o il rimanere fermo con un ragno sulla faccia, ma sicuramente la barriera linguistica non ha impedito la creazione di “ponti” in quella che si prospettava come una minacciosa “Torre di Babele”. Lavorare con persone di nazionalità diverse, ha raccontato, non solo è stato interessante, ha raccontato, ma dava tempo di riflettere sull’importanza del dialogo e sull’efficacia delle parole appena pronunciate.

Il regista Jacques Audiard ha precisato che non si considera un grande conoscitore del genere western, per quanto conosca diversi film soprattutto degli anni ’70, e pertanto le sue ispirazioni non provengono, come molti critici immaginavano, solo dalla filmografia del west (tra i film che lo hanno ispirato ha nominato The Night of the Hunter, ma anche alcuni western come Little Big Man e Missouri Breaks). Ha tenuto inoltre a sottolineare che il suo film sia più un racconto di formazione di “due adulti rimasti all’età di 12 anni”, un racconto della ricerca di una felicità che va al di là del film, animato – per quanto esso tratti della violenza che precede la fondazione di una nazione – da un approccio tuttavia ottimista. Ha anche sottolineato inoltre quanto si tratti di un film che parli d’amore, d’amore fraterno e di tante altre declinazioni di amore e affetto.

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