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The Night Of: Recensione della miniserie con John Turturro

The Night Of è una serie difficile, perché mette dentro tante cose in una, senza scegliere veramente, e si concede anche delle pause riflessive che effettivamente girano un po’ troppo su se stesse e non danno nulla alla storia.

The Night Of è una serie difficile perché tratta temi intensi, senza fare sconti allo spettatore, è molto cruda, realistica e non traccia un confine netto tra il bene e il male, ci naviga attraverso e si diverte a far passare i suoi personaggi sopra una corda tesa su questo confine.

Però, The Night Of è una serie bella, nonostante qualche pausa e rallentamento di troppo, che vale la pena di vedere, se non vi dispiacciono i ritmi pacati di narrazione e la mancanza di fretta di arrivare da qualche parte.

The Night Of: la parte crime

the night ofLa parte crime della serie ha sostanzialmente un buco in mezzo. Viene affrontata con dovizia all’inizio e nell’ultima parte il processo ha un accelerazione molto piacevole, riuscendo a fornirci quel brivido di suspense che ci lascia col dubbio fino alla fine. Nella parte centrale invece un po’ viene relegata in secondo piano, per trattare maggiormente argomenti diversi e, talvolta, per giri inutili. Però, quando c’è, la serie in toto accelera e prende una connotazione migliore, più ritmata. Si avverte in quei momenti una guida, che trascina anche gli altri temi e che li mette in una luce migliore. Negli episodi in oggetto il ritmo è più serrato e il beneficio maggiore viene dal confronto tra i personaggi che ruotano attorno a Turturro e al protagonista Riz Ahmed, molto bravo e intenso.

Non voleva essere sicuramente il fulcro di questa serie, che invece tenderebbe a privilegiare i temi come quello razziale o della giustizia in sé, però ne esce sicuramente vincente.

The Night Of: i temi più profondi

the-night-of-3Però è anche vero che, se questa serie si discosta da qualsiasi altro telefilm giudiziario, il merito va ai temi che affronta. Nodale è  la descrizione della società americana moderna, piena di diffidenza verso il diverso, specialmente se musulmano, costantemente sotto sorveglianza, con una polizia e un sistema d’accusa che può essere a volte troppo approssimativo, alla costante ricerca della soluzione rapida, che risponde ad una costante paura che permea la società civile. Il tutto viene trattato molto bene, secondo me, perché non è esagerato, ma viene lasciato in sottofondo, come una traccia invisibile, un odore che permea il mondo d’oggi, un qualcosa di non definito ma di percepibile. Si vede negli sguardi, si afferra da frasi a metà, si percepisce dalle pressioni della stampa e delle autorità, si incanala anche nel voler arrivare ad una soluzione anche senza convinzione, peggio, avendo molti dubbi.

Il tema è attuale e, anche per questo, la serie merita una visione, ma nella sua bellezza si nasconde anche la difficoltà di “leggere tra le righe” costantemente, che può diventare anche snervante per lo spettatore meno paziente, tanto quanto invisibile (e quindi fonte di noia) per lo spettatore più distratto.

The Night Of: le parti meno riuscite

the night ofE queste sono soprattutto condensate negli episodi centrali che rischiano di allontanare alcuni spettatori, se non che la brevità della serie (solamente 8 episodi) è un balsamo che aiuta a sopportare il “dolore” per vedere cosa succederà poi. La vita di carcere è dura ed è rappresentata in modo crudo, però è anche abbastanza lineare come racconto e poco interessante, troppo già visto, dopo che si passa il difficile periodo di ambientamento di Nasir nel carcere. Decisamente inutile, se non a definire il personaggio in un qualche modo, tutto il tempo speso dietro alla malattia della pelle dell’avvocato Stone. Certo, lo caratterizza e ne definisce la figura “rotta” che si riesce a mettere in contatto con chi è altrettanto “rotto” come lui, ma ne bastava anche un po’ meno.

Ecco, la storia di persone difettate, di esseri umani che comunque, in qualunque modo, non troveranno mai un posto nella società dove saranno a loro agio, perché questo posto non esiste, sia che tu sia avvocato, poliziotto o studente brillante, se qualcosa in te non va, è molto poetico come concetto, così come lo è il finale, o post finale, della serie.

Una promozione più che piena e un recupero consigliato, anche se da diluire in piccole dosi, per chi vuole approfondire temi delicati, senza paura di annoiarsi.

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About Andrea Sartor

Cresciuto a pane (ok, anche qualche merendina tipo girella o tegolino... you know what I mean... ) e telefilm stupidi degli anni 80 e 90, il mondo gli cambia con Milch, Weiner, Gilligan, Moffat, Sorkin, Simon e Winter. Ha pianto davanti agli uffici dell'HBO. Sogno nel cassetto: pilotare un Viper biposto con Kara Starbuck Thrace e uscire con Number Six (una a caso, naturalmente). Nutre un profondo rispetto per i ragazzi e le ragazze che lavorano duramente per preparare gli impagabili sottotitoli. Grazie ragazzi, siete splendidi

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