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Suburbicon: ecco la vera storia che ha ispirato il film di George Clooney

La storia di Levittown

Levittown era una comunità ben organizzata di circa 17.000 casette tutte uguali, che avrebbe dovuto rappresentare il sobborgo ideale per tutti quelli che volevano evitare il caos e i costi troppo alti della città: almeno, questo era quello che aveva progettato William Levitt. Peccato che egli avesse anche altre intenzioni: creare un paradiso dove i bianchi potessero vivere in pace, lontani dalle altre minorità, in particolare dagli afro-americani.

suburbicon“La verità è che William Levitt era un bigotto”, ha affermato Clooney. “E non avrebbe di certo lasciato che le persone di colore si trasferissero nelle sue case. Così è finito in tribunale, dove gli è stato imposto di attuare l’integrazione necessaria. Ma piuttosto di farlo, ha venduto le sua proprietà”. Non è poi così difficile riconoscere nella descrizione di Clooney alcuni tratti comuni a Trump…

Per quanto riguarda i Myers, la figlia Lynda ha spiegato che i suoi genitori non avevano alcuna intenzione di diventare i leader di una lotta per i diritti civili, né la madre Daisy poteva immaginare che sarebbe stata soprannominata la Rosa Parks del nord. Eppure è andata così, perché gli abitanti del posto avevano cominciato ad attaccarli in seguito al loro trasferimento, piazzandosi fuori casa giorno e notte per importunarli. Addirittura una volta lanciarono una pietra contro la loro finestra e un’altra volta diedero fuoco ad una croce alta otto metri.

“Mio papà era un ingegnere elettrico, mentre mia mamma era un’educatrice. Erano due persone davvero intelligenti e altruiste, si preoccupavano sempre degli altri, per questo erano molto apprezzati e rispettati”, ha spiegato Lynda Myers. “Non a Levittown, però. Mia madre avrebbe potuto raccontare diversi aneddoti riguardo a quelli che li hanno molestati per mesi e mesi insultandoli, gettando sigarette contro le pareti di casa e incendiando croci in giardino. Ciononostante mia madre ha raccontato anche degli aiuti che hanno ricevuto, dei vicini che li hanno sostenuti”.

Per fortuna un lieto fine

Fortunatamente, col passare del tempo, Levittown è diventata una cittadina sempre più integrata, tanto che nel 1999 Daisy (scomparsa nel 2011) è tornata sulla scena del conflitto per accettare delle scuse ufficiali: gli abitanti hanno suburbiconanche piantato un albero davanti al municipio chiamandolo Ms. Daisy. “È stato molto commovente”, racconta la figlia Lynda.

Eppure, dati i recenti avvenimenti di Charlottesville e date le posizioni prese in merito dal presidente Trump, la stessa Lynda è convinta che i conflitti razziali non siano un mero ricordo, ma un aspetto purtroppo integrante della realtà attuale. Insomma, il nostro Clooney l’aveva vista lunga… Ricordiamo che Suburbicon uscirà nelle sale italiane il 14 dicembre.

Ricordando che potete leggere la nostra recensione da Venezia 74, per guardare il trailer del film, cliccate qui.

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Fonte: The Hollywood Reporter

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