- scheda e trailer
- recensione
DATA USCITA: 18 maggio 2017
GENERE: Drammatico
REGIA: Fabio Grassadonia, Antonio Piazza
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Trama: In un piccolo paese siciliano ai margini di un bosco, Giuseppe, un ragazzino di tredici anni, scompare. Luna, una compagna di classe innamorata di lui, non si rassegna alla sua misteriosa sparizione. Si ribella al clima di omertà e complicità che la circondano e pur di ritrovarlo, discende nel mondo oscuro che lo ha inghiottito e che ha in un lago una misteriosa via d’accesso. Solo il loro indistruttibile amore le permetterà di tornare indietro.
Era il 2013 quando i registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza vinsero con Salvo, il loro esordio dietro la macchina da presa, il Gran Prix della Semaine de la Critique nel corso del Festival di Cannes. Quattro anni dopo al duo è toccato l’onore di aprire la Semaine con il nuovo lavoro, Sicilian Ghost Story. La storia prende a piene mani l’ispirazione da un fatto di cronaca avvenuto realmente nel 1996 in Sicilia quando il giovane Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito mafosio, dopo una prigionia durata 2 anni, venne strangolato e successivamente sciolto nell’acido dai suoi aguzzini.
Sicilian Ghost Story: una fiaba nera dai toni visionari

Piazza e Grassadonia mischiano realtà e immaginazione in una Sicilia tetra e cupa popolata da orchi, mostri, lupi neri in un parallelismo che vede gli animali cattivi delle fiabe paragonati ai mostri umani mafiosi. Detto così sembrerebbe un parallelismo alquanto sciocco e superficiale ma i due sono bravi a trasformare tutto questo in un’affascinante e fiabesca visionarietà, con momenti di puro onirismo perfettamente riusciti. Ci sono, in primo piano, i sogni e gli incubi di Luna, compagna di classe di Giuseppe, innamorata di lui e l’unica a preoccuparsi di cercarlo una volta che il giovane svanisce nel nulla. Gli adulti, invece, rappresentati non solo dai carcerieri di Giuseppe ma anche dai genitori dei due ragazzi, sono, con la loro omertà e la loro apatia, dei personaggi marginali che restano lì sullo sfondo come ci restano anche nelle vite dei propri figli. La loro presenza è ininfluente, quasi nulla mi verrebbe da dire.
Largo spazio all’emotività

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