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Torna a casa, Jimi!: recensione

Torna a casa, Jimi!: recensione della commedia di Marios Piperides

Torna a casa, Jimi! è l’opera prima del regista greco-cipriota Marios Piperides con l’attore protagonista Adam Bousdoukos, protagonista di Soul Kitchen del regista Fatih Akin. Il film ha trionfato al Tribeca Film Festival.

Torna a casa, Jimi!: sinossi

Torna a casa, Jimi!: recensione

Nicosia, capitale dell’isola di Cipro, è attualmente spaccata in due: il lato Nord, dal 1974, è occupato dai turchi, mentre a Sud, nella Repubblica di Cipro, si trovano i greco-ciprioti, che dal 2004 sono diventati cittadini europei. Tra le due zone si trova una zona “cuscinetto” occupata dal’ONU e alcuni territori sotto dominio della Gran Bretagna. In questo contesto, Yiannis, giovane musicista greco-cipriota e squattrinato, pianifica la sua partenza per cambiare radicalmente vita, ma a tre giorni dalla partenza il suo cane Jimi scappa dal lato turco della capitale e riportarlo indietro risulterà essere più complicato del previsto, poiché animali e piante non possono essere trasportati liberamente attraverso il confine.

Torna a casa, Jimi!: le nostre impressioni

Torna a casa, Jimi!: recensione

La commedia di confine realizzata dal regista greco-cipriota Marios Piperides si prefigge lo scopo di raccontare la situazione socio-politica di fondamentale stallo che l’isola di Cipro conosce ormai da troppo tempo, uno status quo che ormai non fa più notizia, ma utilizzando il genere comico che ben si addice a delle situazioni paradossali di questo tipo. La qualità primaria del film nonché il suo punto di forza maggiore stanno proprio nella capacità di tradurre l’assurdità di una non-soluzione politica che si protrae da più di 40 anni in un frame narrativo che genera inevitabilmente episodi di fraintendimenti culturali e politici, scatenati da un incidente piuttosto innocuo. Un cane che scappa: quante volte può succedere a chi ha un cane? Un avvenimento apparentemente comune e sciocco stravolge la vita del protagonista, già piuttosto confusa, e permette di focalizzarsi su un mondo così vicino e così lontano al tempo stesso in cui vige la non integrazione culturale.

Impossibile non pensare all’irriverente commedia Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente di Sylvain Estibal (ridicola traduzione italiana per il titolo originale Le cochon de Gaza) che sfruttava anch’esso l’espediente narrativo dell’animale in una zona di confine per riflettere su un corollario di questioni irrisolte tipiche delle zone di confine. È interessante notare come questo tipo di commedie, sempre estremamente piacevoli, intelligenti e spesso e volentieri incisive, ricorrano spesso a storie di animali per decostruire il concetto di confine. Si tratta di una combinazione particolarmente prolifica e interessante in grado di far ragionare su quanto l’esistenza di confini sia una realtà costruita dagli uomini, per differenziarsi da altri uomini, e che ha un discutibile e criticabile senso solo nella mente degli uomini. Il dibattito sulla vanità opportunistica del confine tra uomini e animali ben si concilia con la decostruzione (seppur comica) dei confini nazionali e viene utilizzato in queste commedie per dimostrare la futilità di questioni e tensioni politiche che hanno come origine e oggetto di contesa proprio le zone liminali, utili a stabilire una distanza tra due supposte diversità.

Torna a casa, Jimi!: recensione

L’animale fa il suo ingresso in scena per demolire una convinzione specificamente umana, per dimostrare quanto i muri siano barriere facilmente attraversabili nei due sensi, ma che gli uomini rendono impossibili da oltrepassare. Se nel film di Estibal il maiale che viene trovato in mare diviene anche simbolo dell’individuo reietto e abietto per due culture vicine e comunque nemiche (quella palestinese e quella israeliana), in balia di persone e stili di vita che non vedono l’ora di sbarazzarsi di lui al punto da “allearsi” nel comune intento, Jimi, il cane protagonista del film di Piperides è fin dall’inizio l’emblema di quell’unione tanto agognata e al contempo sfuggente. Jimi, cane dal nome parlante che rimanda ai valori della cultura hippie di pace, fratellanza e unione che vennero ribaditi a Woodstock, il festival che si concluse proprio con la performance di Hendrix, non conosce barriere, limiti, costrizioni, leggi. Jimi è l’individuo dirompente che riesce a fare da solo quello che gli umani non gli permetterebbero di fare, quello che gli umani non possono fare liberamente. Jimi incarna quella che sarebbe la soluzione più semplice, la libera integrazione e circolazione, la soluzione che tutti, civili e soldati, musicisti e contrabbandieri in fondo vorrebbero e che idealmente inseguono. E nel film di Piperides, così come in quello di Estibal, l’inseguimento diventa inevitabilmente anche fisico, quello che si scontra con il maggior numero di ostacoli, dalle lacunose e evanescenti normative europee ai muri coronati da filo spinato.

L’opera prima di Piperides dà ampio respiro a scene comiche, ci aiuta a ridere di una realtà urgente e complicata, ma ad essa offre anche spazio per mostrarsi agli occhi di un pubblico che non conosce abbastanza la situazione di un’isola così geograficamente vicina. Dietro i rischi che corrono i personaggi del film, dietro la posta in gioco che ognuno avanza nei confronti degli altri, dietro ai risentimenti e alle tensioni che vengono tinti di grottesco dal genere comico, si percepisce il bisogno di un cambiamento che dovrebbe partire proprio da quelle strade tagliate in due da un muro, dalla frontiera, da dei soldati armati. Se da un lato le battute sul divieto di circolazione di animali e piante dalla zona turca a quella greca ci fanno inevitabilmente sorridere, dall’altro la questione che viene tirata in ballo è molto più seria e pericolosa e diventa prorompente in un periodo in cui le frontiere vengono sempre più chiuse e i muri culturali e fisici vengono sempre più rafforzati.

Torna a casa, Jimi!

valutazione globale - 7.5

7.5

Una commedia di confine fresca e acuta

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Torna a casa, Jimi!: giudizio in sintesi

Torna a casa, Jimi!: recensione

Torna a casa, Jimi! di Marios Piperides è una brillante opera prima che racconta l’assurdità della situazione socio-politica dell’isola di Cipro attraverso la lente della comicità. Si tratta di un film intelligente e fresco, che dà spazio visivo e narrativo sia a episodi e battute spassose sia a momenti di riflessione o riprese della capitale Nicosia, in cui si svolge la vicenda. Con una storia che ricorda da vicino Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente di Sylvain Estibal, specialmente per il ricorso all’espediente narrativo dell’animale in una zona di confine, Piperides inquadra con grazia e in modo efficace una situazione assurda e paradossale ai limiti del grottesco. Lo fa con una leggerezza tagliente che sfrutta un incidente comune per veicolare una riflessione di più ampio respiro, un po’ come Ziad Doueiri, in toni decisamente diversi e con magistrale raffinatezza, ha fatto nel suo capolavoro L’insulto. Ci sarebbe bisogno di molti più film di questo tipo. Piacevole, simpatico, un’opera prima matura, da non perdere.

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